Il senatore del Pd rilancia il ritorno all'originaria vocazione maggioritiaria.
L. Patruno, "L'Adige", 27 febbraio 2011
Il senatore Giorgio Tonini è sempre stato al fianco di Walter Veltroni ed è inutile dire che vorrebbe ritrovare quella stagione di grande entusiasmo e quelle parole d'ordine del discorso del Lingotto con cui nel 2007 il primo segretario diede vita al Partito democratico.
Da allora sembra passato un secolo e oggi la realtà è che i parlamentari fuggono dal partito.
Senatore Tonini, Claudio Molinari è solo l'ultimo dei parlamentari del Pd che hanno abbandonato la nave. Cosa sta accadendo? Sono 21 su oltre 300 i parlamentari che hanno lasciato il gruppo. È stata un'uscita goccia a goccia che manifesta un disagio, che in parte è figlio di un elemento politico che andrebbe affrontato con più decisione.
Qual è il problema? La linea politica del Pd, che è cambiata con la segreteria Bersani. Ovvero è passata l'idea che per vincere le elezioni il Pd deve allearsi con un forte partito di centro, che è essenziale per diventare maggioranza. Quell'obiettivo di conquistare elettori moderati, che all'origine era una delle ragioni della costruzione del Pd e per questo metteva insieme chi veniva da una storia di sinistra e chi di centro per fare una sintesi che sprigionasse energie, è stato affidato ad altri, come Casini o addirittura Fini. Questo cambiamento ha messo in fibrillazione la parte più moderata del partito.
Quindi la scelta di andarsene è comprensibile? L'uscita resta un errore, perché vuol dire dare come irreversibile questo dato che per me non è. Infatti, questa strategia ha prevalso perché è sembrata più realistica rispetto alla vocazione maggioritaria. L'accordo con Casini sembrava una cosa concreta, realistica e rapida. In realtà questi tre anni ci dimostrano che non è così.
Pensa che non si arriverà a un accordo Casini-Pd? Casini ha un'altra idea in testa. Lui non vuole dare vita a un nuovo centrosinistra, facendo il nuovo Prodi. Lui vuole fare un nuovo centrodestra superato il berlusconismo. Che il terzo polo si allei con noi come vorrebbero Bersani, D'Alema, Enrico Letta mi sembra un'ipotesi tutt'altro che concreta.
Quindi cosa dovrebbe fare il Pd per riconquistare i moderati? Dobbiamo lavorare perché il bipolarismo liberato da Berlusconi veda la competizione tra una grande forza moderata e una grande forza riformista. Solo così possiamo diventare un Paese moderno. Non sarà da una nuova stagione di frammentazione che potrà venire qualcosa di buono.
Il Pd che idea diversa è in grado di proporre al Paese? Noi ci troviamo in un passaggio storico di estrema importanza sia rispetto all'Europa che al Mediterraneo. L'Italia è oggi in Europa un Paese al traino che va solo a chiedere sconti ai paesi forti sul costo del nostro risanamento. L'altro elemento riguarda quanto sta accadendo nel Mediterraneo.
Cosa dovrebbe fare l'Italia? Il governo italiano non ha capito cosa stava succedendo nonostante ci troviamo a un tiro di schioppo dal Nordafrica. L'Italia ha rischiato l'isolamento internazionale per la difesa di Gheddafi e sa solo piagnucolare con l'Europa per la gestione della presunta emergenza dell'immigrazione invece di fare noi da ponte fra Africa ed Europa.
Ma lei non teme il fondamentalismo? Agitare i fantasmi del fondamentalismo e dello scontro di civiltà incoraggia questi esiti negativi. Invece io penso che sia apertissima una strada diversa: ovvero l'ingresso del mondo arabo nella modernità e nella democrazia. L'Italia può essere protagonista del dialogo e averne anche un tornaconto economico perché il Mezzogiorno si ritroverebbe in un'area strategica.