Rudari, il ritorno del "gattone" alla politica che conta

P. Mantovan, "Trentino", 23 febbraio 2011
È ritornato. Andrea Rudari, da ieri consigliere provinciale del Pd in sostituzione di Gianni Kessler, ha ancora quel bel faccione sorridente, quell’espressione che ti fa sentire al sicuro, che gli dai del democristiano anche se non lo conosci.

Ma lo conoscono in tanti, in realtà, per quel breve periodo (nonostante la già lunga carriera politica) in cui era divenuto mister “rudatorie”, l’assessore ai lavori pubblici di Trento che sembrava un maniaco delle rotonde stradali.
 Eppure, guarda lì, ad anni di distanza, è stato un anticipatore: ora le rotatorie le fanno ovunque perché hanno capito che il traffico si sgolfa. Mica scemo, Rudari Andrea, classe 1965, “polentone” dell’Arcivescovile, laureato in giurisprudenza, poliziotto per due anni e poi impiegato all’Associazione Albergatori. Quando alle rotatorie ci pensò lui, gli automobilisti erano incazzati neri, non capivano le precedenze, si inchiodavano, si tamponavano e lo maledicevano. Lui, avanti, dritto, col suo faccione sorridente. Il sorriso, qualche volta, sembrava una maschera, specie quella volta, nel 2004, in cui la città di Trento andò in tilt per alcuni centimetri di neve. In consiglio comunale lo «processarono», ci fu la richiesta di dimissioni, ma la maggioranza lo difese anche se era indifendibile: quella giornata di marzo la ricordano ancora in tanti, con i mezzi sgombraneve che erano finiti a “chi l’ha visto”.
 E ora c’era chi si chiedeva chi avesse visto proprio lui, il Rudari Andrea. Ma lui, da bravo gattone, è rimasto nel giro alla grande: presidente delle Farmacie Comunali, nientemeno, una di quelle poltrone che ti puoi ritrovare se resti nel giro. E, quanto all’arte di restare nel giro, Andrea Rudari è sempre stato un campione. Fin da piccolo. Quando cominciavano a muovere i primi passi quelli della sua età, lui c’era. A Cognola era diventato consigliere circoscrizionale a vent’anni.
Allora il suo nume tutelare era Tarcisio Grandi, ed era un buon nume.
 Intanto, dentro la balena democristiana, lui faceva comunella con Alessandro Dalla Torre e Piergiorgio Sester, e insieme rappresentavano quell’area giovane, seriosa e di ex poliziotti, che si contrapponeva a quelli apparentemente più rampanti (e per un periodo paninari) come Marcello Carli e Nicola Giuliano. Nel 1990, a venticinque anni, Rudari fa già il suo primo exploit: finisce nella cordata elettorale della sinistra Dc che punta a Palazzo Thun.
E’ il quarto uomo del poker delle preferenze che cambierà il Comune: Lorenzo Dellai, Silvano Grisenti, Paolo Renna e lui, gattone Rudari. In consiglio comunale non è che stravedano per lui: i colleghi dicono che mette la giacca e la borsa sul suo scranno e poi va in giro a chiacchierare. Ma devono essere chiacchiere costruttive, perché fa carriera. Con una piccola caduta nel 1994, per la verità, quando a un convegno di area sostiene con il suo gruppo di amici, che la ri-candidatura a sindaco di Dellai non passerà perché non è graditissimo ai giovani. Mai profeta più sventurato. E difatti Dellai non lo chiama in giunta. Quando il sindaco diventa Pacher, però, ecco Rudari rialzarsi: sarà l’assessore alle “rudatorie” e, nella legislatura successiva, alle ciclabili. Nel frattempo tanta vita di partito (che a quel punto si chiama Margherita), vicinanza “politica” bilanciata fra Dellai e Grisenti, e pochi interventi. Rudari è uno che se ne sta in seconda fila, commenta a bassa voce, ascolta tutti, ma non interviene. Non che sia una persona schiva, tutt’altro: è uomo cordiale, di grande simpatia. Ma gli interventi pubblici preferisce non farli.
Mentre fa l’assessore in Comune tutti lo definiscono “l’uomo” di Grisenti. La realtà è che Rudari ne eredita l’assessorato comunale, mentre l’altro si fa incoronare super-assessore provinciale alla macchina territoriale. Mettetevi nei suoi panni: si può far finta di niente?
 Rudari continua la marcia, in Comune diventa un assessore sempre più competente e capace di tenere il rapporto con i tecnici, e poi quando arrivano le provinciali del 2008, fa un salto: va nel Pd.
Un salto relativo, però. Lui ci va assieme a Giorgio Casagranda, alla Dalmaso, al giovane Luca Zeni: sono i margheritini “strabici”, quelli che guardano un po’ a sinistra. E lui si riprende un valanga di voti. A Trento e basta però. Così, dopo che altri entrano al posto degli assessori, lui rimane il primo dei non eletti. Ma la presidenza delle Farmacie Comunali è sua (ora ha presentato le dimissioni che saranno ratificate lunedì 28), così come era stata sua una poltrona di consigliere dell’A22. Nel giro ci è sempre rimasto. E adesso è pure consigliere provinciale. Un Rudari al posto di un Kessler: mica male per Dellai.