Nardelli è il promotore dell’ordine del giorno contro il decreto Ronchi. "Trentino", 8 febbraio 2011
Michele Nardelli (Pd) è il primo firmatario dell’ordine del giorno per la creazione di una società di gestione del servizio idrico “interamente controllata dagli enti pubblici che attualmente partecipano a Dolomiti Energia”. Nardelli, il Trentino ha competenza primaria sull’acqua e punta a una gestione completamente pubblica. In che modo? Quando, nel dicembre 2009, venne votato il decreto Ronchi, presentammo una mozione in consiglio provinciale nella quale si diceva che l’acqua è un bene comune non assoggettabile alle logiche di mercato. Questo documento è stato trasformato in un ordine del giorno assunto durante il dibattito sulla finanziaria 2010. Qual è la situazione ora? Abbiamo 193 Comuni che esercitano una gestione diretta in economia o con società in-house, cioè totalmente controllate da essi. Altri 17 hanno affidato la gestione a Dolomiti Energia e ci sono altri 7 gestori territoriali, che sono società o proprietà dei Comuni, di consorzi di Comuni o di aziende speciali. Dolomiti Energia è a maggioranza pubblica: Trento, Rovereto e Tecnofin hanno il 47,8%, Trento da sola il 5,8, Rovereto il 4,3, gli altri Comuni il 2,8%, il Bim il 2%. Qual è stata la spinta che vi ha mosso ad intervenire? Abbiamo fatto questo ragionamento: ferma restando la via maestra del referendum per l’abolizione del decreto Ronchi, contemporaneamente possiamo avvalerci delle prerogative autonomistiche previste dagli articoli 8 e 9 dello Statuto che affidano alle due province “l’assunzione diretta di servizi pubblici e la loro gestione a mezzo di aziende speciali”. Partendo da qui abbiamo fatto due operazioni: la prima è stata di avere proposto nella legge finanziaria, all’articolo 22, la facoltà da parte dei Comuni con gestione diretta o in-house di continuarla; inoltre, siccome la scadenza della gestione avveniva il 31/12/2010, abbiamo prorogato i termini di un anno, affinché i Comuni che stanno dentro Dolomiti Energia decidessero o di rimanervi o di attivarsi attraverso una società diversa. Come si dà vita a questa società pubblica? Questo è possibile perché esiste, nell’atto costitutivo di Dolomiti Energia, una clausola di scorporo che può essere attivata entro il 31 marzo 2011. Tutto il know-how del ramo acqua confluirebbe in questa nuova società. Abbiamo anche approvato un ordine del giorno in cui si impegna la giunta a sostenere la formazione di un soggetto interamente pubblico per la gestione dell’acqua. Ai Comuni non resta altro che scegliere quindi... Ci sono altri due piccoli particolari. Primo, in Dolomiti Energia è entrata, all’epoca, Trentino Servizi, che era proprietaria degli impianti. Bisogna quindi rientrare in possesso dell’acquedotto. Secondo, i numeri non devono ingannare: i 17 Comuni che affidano la gestione a Dolomiti Enmergia rappresentano quasi 200 utenze, perché sono quelli più importanti. E’ evidente che ai privati fanno più gola queste utenze: quelle di fondovalle. Il federalismo può essere la chiave di volta per tutelare l’acqua in tutta Italia? Credo che un vero federalismo potrebbe esserlo. Purtroppo quello che ci viene propinato no. Le garanzie di cui gode il trentino dovrebbero essere quelle di tutti. Un milione e 400 mila firme raccolte. Eppure l’acqua ha poca presa sui media. C’è il rischio che gli italiani in giugno vadano al mare invece che a votare? Alla raccolta firme ho visto una partecipazione molto forte: questo è un segnale. E poi l’acqua è un tema che tocca le corde profonde del cittadino: siamo fatti di acqua, l’acqua è la vita e ha un valore simbolico eccezionale. (l.m.)
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Partito Democratico del Trentino