Mattia Civico, "Trentino", 15 dicembre 2010 La relazione con cui il presidente Dellai ha accompagnato la legge finanziaria offre una lettura onesta e schietta della condizione in cui si trova la nostra Comunità. E pone un'importante questione di metodo.
Rifiutando l’immagine dell’”uomo solo al comando” e preferendo quella del “timoniere della nave”, afferma la necessità di un lavoro maggiormente collegiale. Anche il Partito democratico avverte questa urgenza: nei rapporti di maggioranza, ma ancor più nella comunità. Stando alla metafora del viaggio per mare, sarebbe utile mettere la mappa sul tavolo e chiamare l’equipaggio, tutta la comunità, a discutere più frequentemente circa la rotta e il passo da tenere. Non sempre questo avviene. È in atto - per esempio - una vera e propria rivoluzione del modello socio assistenziale e nello specifico del modello di integrazione socio sanitaria e l’impressione è che ciò spesso avvenga senza una vera e profonda discussione, una piena condivisione delle parti interessate e a volte anche senza la necessaria informazione. Condividiamo l’esigenza di rendere il sistema più efficiente e più capace di rispondere ai bisogni del cittadino, ma siamo convinti che quando si tratta di politiche sociali non sia possibile farlo all’insaputa o nonostante il Terzo Settore. Questa non è certamente una richiesta corporativa, ma il suo esatto contrario. C’è una parte della società civile che assume su di sé le questioni generali, i problemi o parte di essi. Fortunatamente nella storia e nella realtà odierna del Trentino essa è molto presente. Rappresenta uno degli elementi che fa diversa la nostra piccola patria, che la fa laboratorio. Sarebbe peccato mortale umiliare queste risorse di intelligenza e di azione efficace ed efficiente. Compito della politica e delle istituzioni è esaltare e dare sbocco organizzato a questa domanda di partecipazione e di co-progettazione di futuro. Essa è il lievito della nostra società è la democrazia deliberante. La nostra Provincia deve rafforzarsi nella consapevolezza che non c’è Autonomia se non vi è progetto comune, di sviluppo comunitario che deve vedere la partecipazione, l’impegno e l’esercizio della responsabilità di ognuno. Non c’è Autonomia se abbandoniamo il principio della mutualità e il metodo cooperativo nella definizione dei servizi e di alcuni comparti. E nello stesso tempo non c’è Autonomia se non diamo una nuova iniezione nella produttività e nella crescita delle imprese. Il governo di questa Comunità deve comunicare con limpida coerenza che il metodo scelto è questo. La gestione di questo passaggio delicato di attuazione della riforma sanitaria, l’attuazione della legge sulle nomine, l’approvazione della norma di attuazione sul Parco dello Stelvio, la modalità con cui è stato sottoscritto l’accordo di Milano, gli innumerevoli ordini del giorno e mozioni approvate e non attuate segnalano l’esigenza di cambiare passo e di praticare con maggiore fedeltà il metodo che proclamiamo. Abbandonando lo schema dell’uomo solo al comando - ma consiglierei anche quello del timoniere della nave - e imboccando la strada della ascesa in cordata, legando quindi la definizione del progetto alla collaborazione di tutti. Vogliamo davvero costruire insieme un Trentino migliore, aperto, capace di assumersi maggiore responsabilità. Con meno sugheri galleggianti, meno persone che dipendono dalla politica e dalle decisioni che questa assume in termini di nomine, assunzioni e designazioni: meno “Mamma Provincia”, ma anche meno paternalismo. Ecco perché crediamo ancora vada fatto un ragionamento serio ed approfondito sulla razionalizzazione delle società partecipate, sulle Agenzie, sulla gestione trasparente di queste realtà, affinché siano solamente e pienamente al servizio della Comunità e mai luoghi di rifugio e di riparazione per piccoli destini personali. L’attenzione ai giovani, sui quali si concentra il peso di questa crisi, è un altro elemento positivo della relazione. I giovani non chiedono alla politica di essere “presi per mano”, ma al contrario di essere lasciati liberi. Liberi di imparare, di cercare, di lavorare, di costruirsi un futuro. Dobbiamo davvero sostenere con maggiore fiducia la libera iniziativa e crescere nella capacità di ascolto delle espressioni anche di dissenso che si levano nei confronti della politica e delle sue proposte. Credo che nell’arco del prossimo anno sarebbe necessario ed utile convocare gli “Stati Generali dell’Autonomia”, per discutere tutti insieme, in Comunità, della nostra Autonomia, per difenderla dagli attacchi esterni di chi la vede solo come un arrogante esercizio di un privilegio e anche dall’interno da chi la confonde con la possibilità di avere “ancora di più nonostante ci sia meno”. Per rinnovare e rigenerare la nostra Autonomia e per esercitarne le prerogative con piena e maggiore responsabilità. Per ribadire che la nostra Provincia è un territorio di frontiera, che unisce e non divide, che è ponte verso l’Europa, capace di unire e alleggerire - con il dialogo - i propri confini. Per fare meglio con meno abbiamo davvero bisogno di tutti. Dei giovani come dei meno giovani, degli immigrati che sono una ricchezza per la nostra comunità, delle imprese e del sistema cooperativo, del mondo del volontariato e del lavoro sociale, di chi sta bene e di chi oggi non ce la fa. Di chi è dentro e di chi è fuori. Delle famiglie, degli operatori della cultura, dell’Università, della ricerca e dei sindacati. Della giunta provinciale, dei dirigenti e collaboratori dell’amministrazione ma anche dei consiglieri e dei presidenti di commissione. Così forse, tra il resto, su questa nave ci sentiremo tutti anche meno soli.
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