Il ritorno della politica - Nuovo rapporto con la società

Sostenere che viviamo un periodo di “ritorno della politica” è una verità e una provocazione al tempo stesso. E' una verità per certi versi scontata per chiunque ritenga che “non si è uomini se non tra uomini”, e che la Politica sia in primo luogo polis, società, dimensione della nostra stessa esistenza.
Luca Zeni, "Trentino", 1 dicembre 2010

La relazione con l’Altro è un’attrazione irresistibile per ognuno di noi, e questo comporta un interesse diffuso verso la cosa pubblica, in qualunque forma si manifesti: volontariato, associazionismo, comitati, incontri di approfondimento o riunioni di protesta.. Sono tutti segnali che testimoniamo la volontà diffusa di mantenere aperta la porta della speranza, di costruire insieme una comunità viva dove ogni persona possa sentirsi a casa: in sintesi, c’è speranza nella Politica.
 L’affermazione è però anche una provocazione, perché se intendiamo la politica in senso stretto, come rappresentanza nelle istituzioni che governano una società, sicuramente la fiducia dei cittadini nei propri rappresentanti è ai minimi termini. Le cause sono molteplici, ma le principali credo vadano ricercate da un lato nei comportamenti pubblici e privati dei “politici”, dall’altro nella (scarsa) capacità dei partiti di essere luogo di partecipazione vera.
L’aspetto che più incrina il rapporto di fiducia tra cittadini ed eletti è l’idea che si stia recitando una parte; quando so in anticipo cosa diranno i diversi esponenti politici - che si limitano a ripetere i soliti slogan, di solito a commento di commenti di altri - non ho più motivo di ascoltare (il successo di Saviano e di Fazio, o di trasmissioni come Report, al di là dei modi più o meno politicamente corretti di raccontare il reale, è dovuto al fatto che chi ascolta ha la sensazione di poter sentire qualcosa di vero, non “aggiustato” dalla convenienza politica).
 Allo stesso modo il (mancato) rispetto di quella che era chiamata l’etica dei comportamenti incide nel profondo: è difficile credere ai proclami di chi quotidianamente pratica tutt’altre abitudini. Viene meno quell’aspetto di testimonianza fondamentale perché non si dissocino stima e consenso, autorevolezza e potere.
 L’altro profilo concerne il modo dei partiti di rapportarsi alla società. Sentiamo spesso rimpiangere l’impostazione tradizionale dei partiti di massa, che riuscivano a essere ramificati nella società: sicuramente il radicamento territoriale è un requisito necessario perché i partiti abbiano un collegamento di base stabile, ma è ora di riconoscere che, rispetto alla Prima Repubblica, è mutata la società. I partiti non possono avere la posizione rassicurante di chi offre un’ideologia onnicomprensiva, perché è proprio questa che non esiste più! Viviamo il tempo della complessità, dove la verità è dialogica, plurale, sintesi di elementi differenziati.
 Quale allora la strada per riavvicinare istituzioni e partiti ai cittadini?
 Da un lato occorre diversificare la capacità dei partiti di rapportarsi con la società, unendo i sistemi tradizionali delle riunioni e delle sezioni con l’utilizzo di metodi più dinamici e flessibili, sfruttando i canali di informazione che le nuove generazioni (fortunatamente) utilizzano più frequentemente della tv, come internet, i social media ed i social networks. Occorre anche ridurre una frammentazione partitica che produce una politica incapace di una visione di insieme, per farsi portatrice di interessi particolari. Se vogliamo uscire dalla crisi di credibilità che il sistema politico sta vivendo, si devono spiegare ai cittadini le ragioni delle scelte, senza per forza dover cavalcare le singole istanze particolari: credo che alla fine avremmo delle belle sorprese, è ora di finirla di pensare che “la gente” capisce solo le grida dei demagoghi! Emerge un nuovo desiderio di riflessione, di ragionamento, di coinvolgimento attivo e responsabile.
 Dall’altro lato, per cambiare l’opinione negativa sulla politica l’unica strada, anche se lunga, è quella di tornare ad una Politica della serietà, dell’equilibrio, della sobrietà nei linguaggi e negli stili di vita pubblici e privati, e della coerenza nei comportamenti.
 I partiti sono un mezzo per fare il bene di una comunità, non il contrario, e l’adesione a un progetto politico non va vissuta come fede calcistica. Per questo, all’interno di una visione di fondo condivisa, la maggior qualità di un politico dev’essere la libertà intellettuale e la voglia di interrogarsi, di mettere in discussione posizioni acquisite e di confrontarsi in maniera aperta sulle scelte di fondo.
 I cittadini percepiscono la consapevolezza della responsabilità che chi fa politica possiede ad ogni livello, dal consigliere circoscrizionale al Presidente di uno Stato. Una politica, oggi diventata ancella dell’economia, che ha il dovere etico e storico di non rinunciare a pensare, per non cadere nell’inganno che possano essere i “tecnici” ad indicare la via. Ogni scelta presuppone una visione politica: dobbiamo saper interpretare le troppe contraddizioni di questo tempo, per poter decidere con consapevolezza - insieme - dove vogliamo andare e con quali strumenti. Facciamo un bel “salva con nome”, per dirla informaticamente, e ripartiamo insieme. Solo in questo modo la politica tornerà davvero ad essere “Politica”.