"Non siamo galoppini del presidente Dellai"

I partiti non sono i galoppini del governatore: è un rapporto che va ripensato. Nel duro confronto tra i due presidenti, del Consiglio, Giovanni Kessler, e della Provincia, Lorenzo Dellai, il segretario del Pd, Michele Nicoletti, si schiera con il primo. Va ripensato, spiega, il rapporto tra governatore e partiti.
L. Patruno, "l'Adige", 30 novembre 2010

«I partiti non sono i galoppini del presidente, che raccolgono i voti ogni cinque anni e poi vanno in giro a dire quanto sono bravi i nostri amministratori. Va ripensato il rapporto tra il presidente, i partiti e l'assemblea legislativa. Kessler ha sollevato un problema vero».
Michele Nicoletti, segretario del Pd trentino, si schiera con il suo compagno di partito, il presidente del consiglio, Giovanni Kessler, che domenica in un confronto pubblico con il governatore Lorenzo Dellai lo ha accusato di decidere tutto da solo, specie su temi fondamentali come l'accordo di Milano, snobbando i partiti della maggioranza e il consiglio provinciale.
Segretario Nicoletti, cosa pensa del duello tra i due presidenti Dellai e Kessler nell'incontro di domenica ad Arco? I confronti personali non sono interessanti. Invece è interessante il tema che è stato messo a fuoco, ovvero l'assetto del nostro sistema istituzionale dell'autonomia. E penso che dopo la fase tutta centrata sulla governabilità, cominciata all'inizio degli anni ‘90, è ora di procedere a un riequilibrio con un ruolo maggiore per l'assemblea provinciale. Questo è un tema fondamentale.
Lei pensa che serva cambiare le regole, magari la legge elettorale rimettendo in discussione l'elezione diretta del presidente, o il problema nasce da come viene interpretato il ruolo da parte di chi riveste l'incarico, in questo caso Dellai? Le istituzioni vivono di regole e di pratiche. È chiaro che dipende moltissimo da come la carica viene interpretata e dai momenti storici. Penso che una riflessione anche in termini di regole possa essere utile, ma non tale da mettere in discussione l'elezione diretta del presidente della Provincia o dei sindaci. Penso che serva una riflessione sul ruolo dei partiti.
Vuole dire che servono nuove pratiche nel rapporto tra il governatore e i partiti della maggioranza? Certo. Quando una persona si presenta come candidato presidente della Provincia non è che lo fa come privato cittadino, ma sulla base di liste che lo sostengono e devono depositare un programma. Questo rapporto va ripensato, perché è chiaro che in passato la presenza di una personalità significativa come Lorenzo Dellai era una risorsa del centrosinistra, che nessuno metteva in discussione e guai se non ci fosse stato. Ma visto che noi dovremo ragionare sul futuro allora dovranno essere le forze politiche a costruire la coalizione, il programma e come scegliere il candidato e il modo con cui staremo assieme nei cinque anni a venire.
Insomma, voi pensate soprattutto alle regole per chi verrà dopo Dellai? A una prassi diversa da quella che la personalità dell'attuale governatore ha adottato per anni? Certo, parliamo di prassi e non di norme in questo caso. Parlo di prassi rispettose dell'autonomia del presidente e degli assessori che siedono in giunta ma tenendo presente che i partiti non possono essere dei galoppini, dei comitati elettorali che raccolgono i voti e poi vanno in giro sul territorio a spiegare come sono bravi i nostri amministratori.
Questo è ciò che manca oggi con Dellai? Sì, lo abbiamo detto in occasione dell'accordo di Milano che ha modificato lo Statuto. E poi sull'università. Noi abbiamo avuto una riunione della maggioranza mesi fa e il presidente ci aveva assicurato che le scelte fondamentali sarebbero state condivise. Ma questo non è avvenuto. E questo è un problema perché la delega sull'università non è contenuta nel programma elettorale e lui deve costruire il consenso nella sua coalizione.
Il presidente Kessler dice che c'è una «sindrome da vicepresidenza», ovvero di chi sta al fianco del governatore in giunta o in consiglio ben lieto che le responsabilità siano del presidente perché gli basta avere il posto. È così? No, e non penso che Kessler volesse dire questo. I nostri assessori del Pd hanno interpretato sempre con onestà e lealtà il loro ruolo. E ho sempre apprezzato che non abbiano mai voluto dare vita a conflitti aperti all'interno della giunta, che invece abbiamo visto in passato, per garantire la governabilità. Certamente, in futuro si impone la questione del Pd, partito maggiore della coalizione, che lo spinge a non avere una posizione di subalternità. Non siamo lì per la benevole concessione di altri. Noi abbiamo l'ambizione di guidare il governo provinciale. E sia Pacher che Andreatta a Trento e Miorandi a Rovereto hanno dimostrato che possiamo farlo.
Vi state dunque preparando a candidare un esponente del Pd alle elezioni del 2013? Ci siamo preparati una scaletta di impegni: prima l'ascolto della società trentina, poi l'elaborazione e la presentazione nel 2011 della nostra proposta programmatica e l'avvio di un confronto con la coalizione sui contenuti e sul metodo per scegliere il candidato migliore. Le primarie per noi restano ancora un buon metodo.