Il “fondo Olivi” potrebbe presto trasformarsi in una misura strutturale puntando con decisione sull’occupazione come “fattore di produttività”. E’ questo uno degli elementi centrali della riforma degli incentivi voluta dall’assessore provinciale all’industria Alessandro Olivi e che vedrà la luce nei primi mesi del 2011. P. Depentori, "Trentino", 5 dicembre 2010
«E’ il momento di passare ai fatti», dice l’assessore. Su una cosa Olivi è chiaro: «Attenzione, non sarà una pura riedizione del “fondo Olivi” che è stata una misura fondamentale in momento di crisi, ma che non può certo continuare con queste caratteristiche. Sarà un provvedimento nuovo, e che metterà l’occupazione al centro del ragionamento». Insomma, dopo lo tsunami economico che ha colpito con estrema violenza anche la nostra economia, è tempo di costruire nuove fondamenta ancor più solide che nel passato, quando per anni le formule degli incentivi provinciali assomigliavano ad una porta semi-spalancata in cui potevano entrare quasi tutti, indistintamente. Che le due fasi del “fondo Olivi” si siano rivelate efficaci lo dicono i numeri: 103 sono state le aziende finanziate, per un contributo complessivo che ha sfiorato i venti milioni di euro. La seconda fase, che aveva aperto alle aziende del commercio all’ingrosso e alle realtà extra provinciali (ma con attività industriali in Trentino) si sta chiudendo in questi giorni con la liquidazione dei contributi a 27 aziende, ognuna delle quali poteva avere un tetto massimo di mezzo milione di euro. Nella prima fase, tra giugno ed ottobre dell’anno scorso, le aziende che avevano usufruito del contributo erano state 76, impegnandosi a consolidare l’occupazione di 8.690 dipendenti, per un periodo nella maggioranza dei casi di 2 anni, vedendosi assegnare un contributo complessivo di quasi 16 milioni di euro. La “fase uno” non era bastata. La crisi economica si era allungata più del previsto, con effetti potenzialmente drastici anche sulla nostra economia. Il risultato? L’aumento del ricorso alla cassa integrazione guadagni e del numero degli iscritti nelle liste di mobilità. Con la “fase due”, come detto, sono state stabilizzate ventisette aziende, con un impegno finanziario di 3,1 milioni di euro e un totale di 1.608 lavoratori. «Se in Trentino - spiega Olivi - il tasso di disoccupazione si mantiene su livelli prossimi a quelli ritenuti frizionali, largamente inferiori rispetto alla maggioranza delle altre regioni italiane ed europee, il merito va attribuito anche al contributo di questo specifico strumento. Di fronte all’imperversare della precarizzazione del rapporto di lavoro o peggio della sua perdita, si è costruito un argine a salvaguardia del mantenimento di conoscenze e professionalità, maturate con la pluriennale esperienza lavorativa nelle aziende, che rappresentano un patrimonio intangibile delle imprese, presupposto fondamentale per la ripartenza delle stesse e, più in generale, dell’economia trentina. Uno degli elementi che hanno caratterizzato il Fondo, anche sotto il profilo dell’innovazione sociale, è stata la previsione dell’obbligo dell’accordo sindacale: un modo per favorire il confronto e l’assunzione di responsabilità tra le parti sociali». Un’esperienza che potrebbe ora diventare decisiva nella riforma degli incentivi ormai alle porte. Olivi ne è convinto: «Se mettiamo l’occupazione al centro del ragionamento, assieme ad una maggiore attenzione alla ricerca e sviluppo, l’economia trentina si rafforzerà sempre di più». LEGGI ANCHE: L'assessore Olivi invita gli operatori trentini e unire le forze per non farsi colonizzare, F. Gottardi, "L'Adige", 5 dicembre 2010 Gli operatori trentini uniscano le forze. E' l'appello dell'assessore provinciale al commercio, Alessandro Olivi, che dopo l'approvazione della nuova legge di settore, l'estate scorsa, è adesso impegnato in un giro di orizzonte con gli addetti ai lavori per spiegare e raccogliere idee in vista dell'emanazione dei regolamenti di attuazione, sulla base dei quali i Comuni saranno poi chiamati a fare le loro scelte puntuali su orari, aperture e collocazioni. Secondo l'assessore mettendosi assieme i commercianti di Trento potranno tenere il campo sia nel settore della grande distribuzione che nel presidio del centro storico. Assessore Olivi, Trento sta crescendo come città turistica e punta a crescere ancora quando il nuovo Muse di Renzo Piano sarà inaugurato. Il settore commerciale è pronto ad affrontare la sfida? Trento è una realtà in cui per numeri, centralità, funzioni, ma anche per i passi che sta facendo verso un'idea di città dell'ospitalità, la partita del commercio deve diventare centrale. Occorre che la città si apra rendendo possibile l'integrazione del commercio tradizionale con strutture più grandi che possano collocarsi dentro il perimetro del centro storico con una procedura incentivata, unico caso in cui, con la nuova legge, si prescinde da una programmazione provinciale. Ricordiamo cosa è cambiato. Dentro il centro storico il Comune con la sola leve della pianificazione urbanistica comunale può individuare un sito, sostanzialmente un immobile, dove poter dare destinazione commerciale indipendentemente dal fatto di avere o meno a disposizione il contingente necessario come fuori dal centro. Naturalmente ci sarà, nell'ottica della regia e del coordinamento, la necessità di un nulla osta provinciale, ma c'è un maggiore protagonismo del Comune e spero anche degli operatori commerciali nell'immaginare degli spazi, mettersi assieme, fare una politica di consorzi e di rete. Può essere che possa nascere una sorta di moderno outlet, magari organizzato per settori, anche sulla spinta di operatori che pur mantenendo la loro soggettività imprenditoriale possono mettersi assieme. E' un tema nuovo e non facile, ma è un'idea diversa di commercio. Altro tema è quello delle aperture domenicali e festive. A Trento sembra più interessato il Comune, anche in una prospettiva turistica, che non gli operatori. Ho notato. Ma questi sono percorsi nuovi e credo che ormai viviamo in una situazione in cui la flessibilità dell'offerta sia elemento sempre più importante. C'è peraltro una norma, quella che prevede la possibilità di diversificare per singole aree la politica delle aperture, che può sostanzialmente mettere il centro storico nelle condizioni di essere competitivo. I proprietari di ex Sloi e Carbochimica pensano a un grande centro commerciale nel futuro del quartiere. Qui la decisione spetterà alla Provincia, cosa ne pensa? E' prematuro affrontare il caso specifico. In generale sulle grandi aree commerciali dovremo ascoltare le proposte e trovare le intese coi territori. Credo però che non necessariamente debba essere individuata prima l'area. Credo che si debba partire dal progetto imprenditoriale piuttosto che dallo spazio libero a disposizione. Anche in questo caso lancio un appello agli operatori commerciali trentini: vogliamo non subire una sorta di colonizzazione da parte dei grandi gruppi? Allora partiamo da una cooperazione tra i diversi attori del sistema trentino: la Cooperazione ma anche i commercianti e le loro organizzazioni collettive. Un progetto simile c'è già in via Maccani sull'area ex sede del Sait. Ne ho sentito parlare ma preferisco tenermi distante, altrimenti casca il palco. Non mi riferivo a quello. Mi interessa il progetto imprenditoriale. Mi piacerebbe che gli operatori e i protagonisti dell'imprenditoria pensassero ad una realizzazione di qualità, un po' oltre i centri commerciali esistenti che mi paiono un po' decadenti da questo punto di vista. Vorrei potermi confrontare sul modello e poi eventualmente trovare il posto per realizzarlo.
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