Una democrazia da rifondare

E' da più di un decennio che si auspica in Italia un ritorno della politica dopo un periodo, lungo, troppo lungo, in cui il nostro paese è come ostaggio di uno scontro permanente, di una guerra civile simulata a parole, di discussioni intorno alle vicissitudini personali di un uomo che la maggioranza degli italiani ha voluto per tre volte come Presidente del Consiglio.
P. Cattani, "Trentino", 23 novembre 2010

Il crepuscolo del sistema Berlusconi non mi sembra ancora arrivato, tuttavia penso che la liberazione dall’inaccettabile e pericoloso monopolio informativo berlusconiano sia la condizione necessaria ma non sufficiente per sperare nel ritorno di una politica capace di parlare dei problemi veri.
 Ci vorranno molti anni per raggiungere lo standard comune di una democrazia perché ormai i pozzi sono avvelenati. L’etica e la buona politica non sono patrimonio esclusivo di qualcuno, ma si trovano sia a destra che a sinistra: un’affermazione evidente e condivisibile, se in Italia non fosse al potere una persona-azienda (più la Lega di Bossi) circondata da una “cricca” di accoliti disposti a tutto. Dopo Berlusconi però, anche all’opposizione, si rischia di trovare il vuoto oppure un altro (un’altra) Berlusconi. Bisognerà rimuovere le macerie di un malaffare diffuso accompagnato da una moralità pubblica giunta al suo grado più basso dal dopoguerra in poi. Bisognerà rivedere forme di partecipazione dopo il festival di partiti che cambiano nome ad ogni primavera, di movimenti demagogici, di “popoli” creati a tavolino soltanto per omaggiare il capo.
 Guardando alla società italiana si può dire che essa possiede ancora forze positive in grado di sostenere il paese anche durante questa grave crisi economica. Tra queste forze ci sono sicuramente gli immigrati onesti (cioè quasi tutti) che sono giovani, che sono pronti a fare sacrifici, che pagano le tasse per garantire i nostri servizi e anche le nostre pensioni. Ci sono i cittadini che non sopportano più una classe politica autoreferenziale e che fanno politica dal basso, nelle associazioni, nelle istituzioni locali, nelle proprie scelte quotidiane. C’è chi sogna il futuro, si aggiorna senza sognare un impossibile ritorno degli anni ’70. Esiste un mondo sommerso ma in continua ebollizione che si muove attraverso Internet e nuove tecnologie, che è abituato a spostarsi tra città e culture, che pensa globale e magari non guarda più la televisione generalista. E dato che oggi la politica italiana è basata in gran parte sulla televisione, l’atto di spegnere l’apparecchio e passare al computer o a un libro sarebbe per davvero un atto rivoluzionario.
 Qualcosa si muove perché la situazione è diventata insostenibile. Dopo la pioggia deve per forza arrivare il sereno: una constatazione semplice per essere ottimisti. Ma occorre stare attenti a non intravedere miraggi nelle giravolte di Casini, nello strappo di Fini, nelle infinite discussioni interne al Partito democratico oppure in qualche nuovo soggetto politico a sinistra. Occorre una svolta di natura culturale. Facile a dirsi. Perché in fondo l’Italia è stata sempre così: non si può pretendere ora che tutti diventino cittadini capaci di guardare non solo al proprio tornaconto personale ma anche al benessere della comunità di appartenenza; non si può pretendere subito da coloro che in pubblico si professano cattolicissimi un comportamento coerente anche in privato, non si può chiedere ai giovani di essere sobri e generosi quando in Italia si diventa ricchi e famosi soltanto se si è provocanti o se si imbroglia qualcuno.
 Staremo a vedere. Il Trentino sembra intanto una provincia appartenente a un altro Stato rispetto a questi problemi. Qui da noi la questione fondamentale è l’invasività dell’ente pubblico nella vita dei cittadini e nel contesto economico locale. Oggi non stiamo sicuramente male, ma la bolla di un Land dalle magnifiche sorti a prescindere da qualsiasi riforma può scoppiare da un momento all’altro. Pensare a un dopo Dellai fa tremare le vene ai polsi di non pochi trentini, ma fin d’ora dovremo pensare a un rinnovamento nel personale politico e nelle strutture amministrative. Quanta aria fresca, quante vie nuove ci vorrebbero!
 Il ritorno della politica non può passare esclusivamente sulla nascita di associazioni (ne abbiamo viste nascere e morire in questi anni soprattutto a ridosso delle elezioni!) che discutono di problemi fondamentali, utilizzando troppo spesso linguaggi e modalità appartenenti al passato. L’associazionismo è forte in Trentino e forse poco ascoltato dal potere politico che arriva a festeggiare perché ha votato il 40% alle elezioni delle Comunità di Valle. Il ritorno della politica dovrebbe esplicarsi in una rinnovata vita interna ai partiti che già ci sono, in un nuovo rapporto con “mamma” Provincia. Altrimenti rischiamo di rivedere uno spettacolo già visto man mano che si avvicina la tornata elettorale: movimenti, speranze, auspici che si traducono in minimi concreti cambiamenti. Il circuito è il medesimo, le scuderie e i piloti pure, forse le automobili dovranno subire revisioni e mettere qualche litro in meno di benzina, forse cambierà la griglia di partenza. Un po’ poco per un Trentino che sogna di essere tra le più solidali e competitive regioni europee.