"No a un doppio patto di stabilità"

Froner: "La soppressione dell'eco-bonus comporta un danno per 400mila imprese".
"L'Adige", 17 novembre 2010

I deputati trentini Maurizio Fugatti (Lega nord) e Laura Froner (Pd) sono intervenuti entrambi ieri alla Camera durante la discussione generale sulla legge si stabilità per difendere la specialità del Trentino e in particolare per chiedere che venga accolto l'emendamento che punta ad escludere i comuni trentini dal patto di stabilità nazionale, visto che già sono sottoposti a un patto di stabilità con la Provincia. «Il Trentino - ha esordito l'onorevole Fugatti - non può avere un doppio patto di stabilità. Chiediamo al governo che intervenga per abrogare la norma che impone un doppio patto di stabilità ai comuni trentini. Fugatti ha ricordato che le regioni e le Province autonome sono tenute al concorso agli obiettivi di finanza pubblica in base alla spesa complessiva, che comprende anche la finanza locale, la definizione di un ulteriore concorso direttamente anche a carico degli enti locali, determina una sostanziale duplicazione della misura. «Per questi motivi - ha aggiunto Fugatti - chiediamo una revisione di tale norma, come già avvenuto in sede di commissione la scorsa settimana da parte del Governo per i fondi delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome, in cui è stato recepito l'accordo già raggiunto tra tali enti». Laura Froner su questo stesso punto ha dichiarato: «Il fine degli emendamenti proposti è quello di evitare la duplicazione del concorso finanziario alla manovra statale che graverebbe sia sulla Provincia, sia sugli enti locali, per la parte di spesa degli enti locali finanziata dalla Provincia. Inoltre, la prevista disciplina risulterebbe non conforme all'art. 79 dello Statuto di autonomia, che demanda ad una specifica intesa con il Ministero dell'Economia e delle Finanze la definizione dell'obiettivo complessivo della Provincia autonoma di Trento ai fini del patto di stabilità». L'onorevole Froner ha chiesto anche di prorogare la detrazione ai fini Irpef del 55% delle spese per interventi di riqualificazione energetica degli immobili. «La soppressione - ha ricordato - comporterebbe un danno economico per oltre 400.000 imprese, che danno lavoro a 3 milioni di persone». «Per non parlare poi - ha proseguito - degli effetti sulle entrate fiscali, in quanto per beneficiare della detrazione vanno dichiarati gli interventi edili effettuati e pagata l'Iva corrispondente».

IL TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO ALLA CAMERA DI
LAURA FRONER

“Abbiamo bisogno che il paese sia governato e di grande attenzione sul tema dell’economia e dell’occupazione” diceva ieri la presidente di Confindustria. Ed io aggiungo: mai il Governo è stato invece così distante dai bisogni del paese! Nelle tabelle OCSE di rilevamento delle variazioni del PIL dopo la crisi, l’Italia, che durante la crisi aveva perso più PIL di tutti (-6,5%), sembra riprendersi molto più lentamente rispetto agli altri paesi europei (+1,3% in Italia, +4,8% in Germania e +2,5% in Francia). Le esportazioni sono decisamente ripartite anche da noi, ma in parallelo abbiamo avuto anche un boom delle importazioni, che negli altri stati risultano più contenute. Un’altra grande questione è quella del mercato del lavoro. Nel nostro paese, anche se il dato della disoccupazione è tuttora più basso della media europea, possiamo riscontrare - oltre ad un aumento dell’8,5% rispetto al livello prima della crisi - una crescita della disoccupazione non ufficiale, che comprende cassaintegrati e disoccupati scoraggiati che non cercano più lavoro. L’economia italiana deve ritrovare la strada di una crescita più robusta. Se il mercato del lavoro non riparte, la tenuta patrimoniale delle famiglie e delle imprese italiane non basta a far crescere in modo significativo il nostro paese. Le poche risorse pubbliche disponibili dovrebbero essere concentrate nella creazione di veri posti di lavoro, che possano durare nel tempo. Il contesto mondiale è già molto selettivo di suo, compito - purtroppo non assolto - del governo dovrebbe essere quello di operare scelte precise di politica industriale che favoriscano una nostra maggiore presenza nel mercato globale in termini competitivi.   
Dal disegno di legge di stabilità in discussione non emerge alcuna chiara scelta che segni la via della ripresa e dello sviluppo. E’ innegabile che la questione del rientro del debito pubblico sia molto più stringente rispetto al passato. Nella decisione di finanza pubblica, cui si riferisce la legge di stabilità, si prevede un miglioramento a partire dal 2012, ma da un lato non si definiscono politiche di crescita, senza le quali il rapporto debito/PIL continuerà inesorabilmente ed aumentare, e dall’altro si prevedono livelli di crescita troppo lenti per recuperare competitività. Se guardiamo alla situazione economica del nostro Paese riscontriamo con preoccupazione una propensione al risparmio ai minimi storici e un incremento dell'indebitamento delle famiglie. Sul versante della spesa pubblica il ministro Tremonti ha scelto di operare numerosi tagli a voci particolarmente qualificanti quali il finanziamento delle politiche sociali, il Fondo per le non autosufficienze, gli ammortizzatori sociali, la scuola statale e paritaria, gli incentivi per la riqualificazione energetica degli immobili e, più in generale, la drastica riduzione in tutto il comparto della spesa capitale.In seguito alle proteste al suo interno e alle pressanti richieste dentro e fuori il Parlamento, il governo ha risposto con un maxiemendamento presentato negli ultimi giorni che prevede maggiori spese per circa 5,8 miliardi, alcune delle quali di carattere strutturale, che vengono finanziate prevalentemente con entrate una tantum. L’allentamento al patto di stabilità dei Comuni, i trasferimenti alle Regioni per sanità, trasporti locali e politiche sociali, i fondi per l’università, il rifinanziamento per sei mesi delle missioni internazionali, gli ammortizzatori in deroga, i voucher per le imprese che finanziano la ricerca e altri interventi sono spese destinate a continuare nel tempo, ma gran parte dei finanziamenti sono rappresentati da entrate temporanee o aleatorie. 
In riferimento alle discussioni svolte in Commissione Bilancio, mi auguro che il Viceministro Vegas abbia convinto il Governo della necessità di prorogare la detrazione, ai fini IRPEF, del 55% delle spese relative ad interventi di riqualificazione energetica degli immobili. La sua soppressione comporterebbe un danno economico per oltre 400.000 imprese, che danno lavoro a 3 milioni di persone. E’ stato più volte sottolineato che tale disposizione, oltre a recare benefici in termini di risparmio energetico e di riqualificazione edilizia, ha effetti positivi sull’occupazione. Per non parlare poi degli effetti sulle entrate fiscali, in quanto per beneficiare della detrazione vanno dichiarati gli interventi edili effettuati e pagata l’IVA corrispondente. Ci sembra quindi poco sensato che in un periodo di crisi e di scarse disponibilità finanziarie come quello che stiamo attraversando si decida di rinunciare a misure che possono contribuire in modo poco costoso ma rilevante al rilancio di settori come l’artigianato e l’industria; tra l’altro, in evidente contraddizione con gli impegni recentemente assunti dal nostro paese nel Piano Nazionale di Riforma in riferimento agli obiettivi del Programma Europa 2020.
Concludo con alcune considerazioni sulle modifiche introdotte dal Governo in merito alla disciplina del patto di stabilità per le regioni a statuto speciale e le province autonome. Pur valutando positivamente l’accoglimento di un importante emendamento in Commissione, rilevo come rimanga ancora aperto il problema del concorso degli enti locali al patto di stabilità per tutte le regioni a statuto speciale (Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta) nonché per le Province autonome di Trento e Bolzano che hanno la competenza esclusiva in materia di finanza locale. Il fine degli emendamenti proposti è quello di evitare la duplicazione del concorso finanziario alla manovra statale che, senza una loro approvazione, graverebbe sia sulla Regione/Provincia autonoma, sia sugli enti locali per la parte di spesa degli enti locali finanziata dalla Regione/Provincia autonoma stessa.Inoltre, la prevista disciplina risulterebbe non conforme all’art. 79 c.3 dello Statuto, che demanda ad una specifica intesa con il Ministero dell’Economia e delle Finanze la definizione dell’obiettivo complessivo della Provincia autonoma di Trento ai fini del patto di stabilità.
Rientra poi nell’autonoma decisione della Provincia specificare gli obiettivi degli enti locali.Infine, l’art. 79 c.4 dello Statuto prevede che non si applicano nei confronti della Provincia di Trento e degli enti locali del rispettivo territorio le disposizioni statali in materia di patto di stabilità interno e che le stesse siano sostituite da quanto previsto dall’art. 79 dello Statuto.