L'inchiesta «Perfido» dell'ottobre 2020 ha scosso il Trentino, aprendoci gli occhi su un fenomeno che abbiamo sempre visto come lontano, fuori dalla nostra quotidianità. Insomma, un qualcosa che fino a quel giorno sembrava non riguardarci.
Antonio Zanetel, 1 luglio 2023
Forse però, oltre ad esserci accorti troppo tardi della presenza delle mafie nel nostro Trentino, più andiamo avanti e più ho l'impressione che stiamo tornando a dimenticarlo. Ormai l'operazione l'hanno fatta, il processo sta andando avanti (anche se in pochi sanno effettivamente cosa sta producendo), la stampa e le televisioni ne parlano ormai poco. Forse abbiamo altri problemi più urgenti, penseranno in molti. Questo conferma il fatto che forse «Perfido» ci ha dato una scossa, ma non è stata abbastanza potente da farci capire che noi siamo ormai da decenni un territorio infiltrato e che la 'ndrangheta non si è fermata alle cave di porfido della magnifica Valle di Cembra. Al contrario, ogni giorno che passa essa si muove per trovare nuovi sbocchi e nuove possibilità di fare soldi oppure di riciclarli.
La relazione del primo semestre 2022 della Dia (Direzione Investigativa Antimafia) parla chiaro e sottolinea che: «La ricchezza regionale, attualmente alimentata anche dall'importante piano di investimenti promosso nell'ambito del Pnrr, potrebbe dunque rappresentare un canale "preferenziale" per quelle organizzazioni criminali da sempre pronte a infiltrarsi nei canali dell'economia reale sia tramite considerevoli operazioni di riciclaggio, sia mediante l'inserimento nelle procedure di gara per l'aggiudicazione degli appalti. Tale rischio è suffragato dagli esiti delle operazioni di polizia giudiziaria concluse negli ultimi anni che evidenziano la presenza, ormai consolidata nel territorio, di elementi riconducibili a organizzazioni di tipo mafioso, segnatamente alla 'ndrangheta».
Su temi come questo andare ad imputare colpe o responsabilità politiche sarebbe una mossa dannosa per lo scopo della battaglia, che è quello di salvaguardare il territorio da nuove infiltrazioni ed in generale estirpare il cancro mafioso. Questa battaglia dovrebbe raccogliere l'interesse, ancor prima di quello dei cittadini, di ogni forza e schieramento politico. Politica che ha la responsabilità imprescindibile di unirsi, mettendo in secondo piano le distinzioni ideologiche, per concentrarsi su un'azione comune che può far raggiungere importanti risultati.
Arrivati a questo punto qualcuno potrà obiettare che la politica, in particolare quella provinciale e regionale, non possa fare più di tanto in contesti simili, se non sostenere convintamente e con tutte le risorse necessarie l'attività della magistratura e delle forze dell'ordine. Cosa che è vera solo in parte, perché manca un passaggio fondamentale.I partiti politici e i rappresentanti eletti nelle istituzioni hanno un compito fondamentale che è quello di definire le priorità dell'agenda politica. Qui sta il punto fondamentale. Abbiamo visto in questi anni che la questione mafie è stata trattata troppo poco dalla politica e non è sufficiente dire che la Provincia ha sottoscritto un protocollo d'intesa con la Procura per favorire le indagini sulla presenza mafiosa in Trentino. Questo dato è infatti molto importante, ma quasi solo ed esclusivamente da un punto di vista tecnico e procedurale, mentre alla società serve disperatamente essere a conoscenza di cosa sia la criminalità organizzata di stampo mafioso, di quali siano i settori più esposti al rischio, del loro modus operandi e dei loro obiettivi, di quanto essa sia capace di infiltrarsi e distruggere tutto ciò che tocca. Insomma, è necessario che la politica tutta si incarichi di parlare di mafie per dare gli strumenti ai trentini, funzionali a far sì che la battaglia parta dal basso e non si fermi al palazzo della Procura. L'ideatore del pool Antimafia, Rocco Chinnici, a cui è stata intitolata una targa pochi giorni fa a Primiero San Martino di Castrozza diceva: «Parlare ai giovani, alla gente, raccontare chi sono e come si arricchiscono i mafiosi fa parte dei doveri di un giudice. Senza una nuova coscienza, noi, da soli, non ce la faremo mai».
Mi permetto di aggiungere che questa missione la deve fare propria anche la politica tutta con azioni concrete. Un esempio può essere la proposta presentata in questa legislatura del Consiglio Provinciale e sostenuta da tutto il gruppo consiliare del Pd dell'istituzione di un osservatorio sulla criminalità organizzata, che si occupi di monitorare l'attività di infiltrazione mafiosa, con lo scopo di produrre una relazione annuale accessibile a tutti i cittadini. Un'altra risposta su questo fronte la chiede con forza la comunità di Lona Lases, che dopo le vicende portate alla luce con l'operazione «Perfido» dell'ottobre 2020 si trova commissariata e senza un'amministrazione comunale, con tutte le conseguenze del caso.
Queste dovrebbero essere per noi, classe politica trentina, delle priorità per dare un forte segnale di sicurezza in primis alla popolazione ed in particolare per dire a chi pensa di poter sfruttare il nostro Trentino attraverso attività criminali, che qui non sono al sicuro e che il nostro obiettivo è quello fermarli, costi quel che costi.