“Meritiamo di più del vostro merito”. Questo slogan lanciato nella protesta dei docenti contro il ddl Bisesti sulla carriera degli insegnanti sintetizza bene la reazione di gran parte del personale della scuola, a differenza del documento (peraltro solo di una parte) dei dirigenti che si concentrava sui dettagli della riforma.Trento, 11 maggio 2023
Il ddl sulla carriera degli insegnanti è un pessimo esempio di come affrontare un problema di questa portata. E non solo perché è un tema controverso e di difficile soluzione, su cui si sono cimentati, infruttuosamente, più governi e più legislature.
L'iniziativa trentina (per la quale sembra ci sia una sorta di via libera da parte del Ministro dell'Istruzione e del Merito, del tipo andate avanti voi che poi vediamo) non è partita da grandi premesse per arrivare in porto.
Primo perché nonostante se ne discuta da tempo non si è mai aperto un vero dibattito che vedesse protagonista il mondo della scuola. E si che l'esperienza dovrebbe indicare come le uniche riforme che hanno visto la luce sono arrivate solo dopo un lungo confronto con il mondo della scuola e con le parti sociali. Fino ad oggi invece si è registrata l'assenza di una discussione nel merito, la valutazione negativa da parte delle organizzazioni sindacali e un clima di generale perplessità se non di vera e propria estraneità.
Secondo perché non è pensabile che un tema così delicato, affrontato esclusivamente dall'assessorato e dal Dipartimento della Conoscenza, arrivi in aula in piena campagna elettorale. E' naturale che il ddl, proposto così maldestramente, provochi una reazione di rigetto.
Terzo, ed è il punto più importante, perché non convince nel merito. E non convince perché di fatto il merito viene rinviato al regolamento attuativo, in quanto la legge non affronta le criticità a partire dalle risorse che non ci sono, agli aspetti contrattuali irrisolti, alle precarietà, ai percorsi concorsuali intrecciati con le carriere, ai temi della mobilità e della equità delle scelte e al confuso intreccio di procedure. Tant'è che si prevedono almeno cinque anni per rendere operativa la proposta.
Tutt'altro che una riforma epocale, più probabilmente si tratterà dell'ennesima brutta figura che questo governo provinciale colleziona nella sua distratta gestione della autonomia. E d'altronde risulta fuori luogo l'ambizione da parte di un assessore decisamente assente, che non ha governato il mondo della scuola trentina, che ne ha indebolito la capacità innovativa, che ha delegato la gestione ad un Dipartimento peraltro privato delle competenze necessarie.
Come ha recentemente concluso un proprio intervento una dirigente scolastica “meglio nessuna carriera che la percezione di carriere improprie”, perché per l'ansia di acquisire consenso distribuendo risorse si rischia di distribuirle male e in modo iniquo: Meglio allora retribuire meglio gli insegnanti, riconoscendo e migliorando le loro competenze e valorizzare la scuola trentina nel suo insieme.
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