Penso che sarebbe cosa buona e giusta se, nel confronto politico della nostra comunità autonoma, entrassero le parole, come sempre asciutte e incisive, dedicate pochi giorni fa Bologna dal presidente del consiglio Mario Draghi alla memoria del grande statista trentino Beniamino Andreatta.Giorgio Tonini, 29 settembre 2021
Poche parole che ci aiutano a mettere a fuoco progetto e metodo, cosa dobbiamo fare per il Trentino e come dobbiamo farlo: due dimensioni, il cosa e il come, che si compenetrano profondamente. Non si possono infatti fare cose buone con modi cattivi. «Il tratto più rilevante di Andreatta uomo di Stato - dice Mario Draghi - resta il suo rigore morale». E la moralità della politica di Andreatta si è espressa nel prendere decisioni necessarie anche quando impopolari. «Le cose vanno fatte perché si devono fare, non per avere un risultato immediato» diceva. E credeva in una politica capace di «dire molti no e pochi sì, per evitare che tutto sia travolto nella irresponsabilità». La politica di allora non lo ascoltò, ricorda Draghi, «anzi lo emarginò e i risultati di quella scelta scellerata sono davanti a noi». Difficile per noi dimenticare come anche il suo Trentino gli voltò le spalle, alle elezioni politiche del 1992.
Ma la sfida della responsabilità è sempre attuale e lo è oggi più che mai. «In questi mesi - dice Draghi - ho spesso ricordato come le ingenti risorse del programma Next Generation EU debbano richiamarci al senso di responsabilità. Non solo verso l'Europa, ma verso noi stessi e le nuove generazioni». E in cosa si traduce questo senso di responsabilità? Draghi ha le idee molto chiare: «Abbiamo il dovere di spendere in maniera efficiente e onesta. E di avviare un percorso di riforme per rendere l'economia italiana più giusta e più competitiva, capace di riprendere un sentiero di crescita».
Il problema e il progetto per l'Italia sono in queste tre righe: spendere le ingenti risorse europee, in maniera efficiente ed onesta; ma non basta, bisogna accompagnare le risorse con le riforme strutturali, finalizzate a rendere il nostro sistema economico e sociale più giusto e competitivo e a creare quindi le condizioni per una crescita che renda sostenibile il debito che stiamo accumulando. L'agenda Draghi, in così evidente ed esplicita sintonia con l'insegnamento di Andreatta, non può non riguardare anche il Trentino. Non solo anche noi «abbiamo il dovere di spendere in maniera efficiente e onesta» le ingenti risorse che anche a noi arrivano, direttamente o indirettamente, dal debito europeo. Soprattutto, anche noi abbiamo il dovere «di avviare un percorso di riforme» che rendano il nostro sistema trentino, sia sul piano economico che su quello sociale e perfino politico-istituzionale, più giusto e più competitivo.
Non mi permetto di dubitare dell'onestà della spesa decisa dall'attuale Giunta provinciale. Decisamente più controversa è la valutazione circa la sua efficienza. Ma quel che è incontrovertibile, perché non solo ammesso, ma addirittura rivendicato dal presidente Fugatti, è che alla mobilitazione delle risorse non si è finora accompagnato, né si prevede che si accompagnerà, quel "percorso di riforme" del quale il Trentino non ha meno necessità del resto d'Italia. È più che sufficiente, questa constatazione obiettiva, per concludere che il Trentino a guida leghista sta usando l'autonomia non per fare di più e meglio, ma per fare meno e peggio dello Stato. Per essere più precisi, sta usando le risorse dell'autonomia per comprare consenso immediato, anziché per creare le condizioni di consenso attorno ad un impegnativo programma di riforme strutturali. Una scelta non meno "scellerata" di quella che portò la politica della prima stagione della Repubblica a ignorare, quando non a irridere, i moniti di Andreatta.
Costruire il consenso attorno ad una politica responsabile e lungimirante: è questa la sfida che sta dinanzi a chi voglia imprimere una svolta positiva al governo del Trentino. Una sfida difficile, ci dice implicitamente Draghi ricordando l'emarginazione di Andreatta, che visse sulla sua pelle la solitudine dei riformisti, condannati ad una condizione di minoranza nei grandi partiti di allora, o alla debolezza dei partiti minori. Ma una sfida che si può vincere, purché insieme, attraverso la convergenza di tutte le forze riformatrici: non solo politiche, ma anche sociali, professionali, intellettuali.
Delineare un preciso e dettagliato "percorso di riforme" per il Trentino: è attorno a questo itinerario programmatico e politico, che si può e si deve realizzare una vasta convergenza di forze democratiche e riformiste, autonomiste e civiche, popolari e ambientaliste. Non uno schieramento contro qualcosa o qualcuno, ma un'alleanza per fare della nostra autonomia speciale la leva per una nuova stagione di progresso del Trentino.
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