La Valdastico appartiene al passato

Sulla Valdastico non c'è nulla di nuovo. È tutto tremendamente vecchio. La stessa Variante al Piano urbanistico provinciale, che si rende necessaria per includere i nuovi sciagurati tracciati, rischia di esaurirsi in una disputa tutta tecnico-procedurale.
Alessandro Olivi, 23 luglio 2021

Oppure nel ripetitivo confronto tra addetti ai lavori, come se nulla fosse cambiato intorno a noi.

Invece le conseguenze dei cambiamenti climatici, la crisi della globalizzazione e non da ultimo l'esperienza della pandemia ci impongono di elaborare un pensiero nuovo su come governare un territorio tanto bello quanto fragile, per renderlo più attrattivo e capace di generare uno sviluppo di qualità e diffuso.

È venuto il tempo di uscire dalle secche della storicizzazione di un dibattito, quello su quest'opera, che è ancorato ai vecchi schemi, compreso il continuo scaricabarile tra chi ha fatto prima e chi dopo, e dare risposta ad una domanda pregiudiziale: ha senso un'infrastruttura così costosa e ambientalmente impattante per il futuro del Trentino, per la sua economia, per la qualità della vita dei suoi abitanti?

E per dare una risposta a questa domanda è necessario ampliare la platea della partecipazione al confronto e partire dalla condivisione delle nuove priorità strategiche che il Piano Next Generation Eu ha previsto per affrontare la sfida della crescita nei prossimi decenni: mobilità sostenibile, transizione digitale, tecnologie verdi per creare nuova occupazione.

In questo contesto, per certi versi rivoluzionario, più che interrogarci sulle varianti e sulle fissità di un progetto di 30 km di una nuova (in realtà vecchia) strada che buca le montagne e sorvola i torrenti, dobbiamo chiederci come ci immaginiamo il Trentino in un nuovo baricentro di relazioni con i territori dell'arco alpino.

Nei mesi scorsi abbiamo tributato il doveroso omaggio della memoria nel trentesimo anniversario della scomparsa di Bruno Kessler, ricordando, fra l'altro, la paternità del Piano urbanistico provinciale, pensato allora come approdo programmatorio per una razionale crescita del Trentino e delle sue periferie. L'intuizione di allora si fondava sulla necessità di far fronte alle impellenti esigenze locali di trasformazione e di innovazione, ma anche sull'urgenza di una strumentazione opportuna per guardare ben oltre la leopardiana siepe dell'orizzonte quotidiano. Ricorrere oggi, ad esempio, all'emergenzialità delle Varianti urbanistiche è quindi probabilmente insufficiente, non tanto sul piano tecnico, quanto piuttosto sullo quello ben più rilevante dei cambiamenti epocali in atto e che esigono, per la loro stessa natura, riflessioni ampie, condivise, prive degli orpelli del passato e dei conflitti sulle procedure; riflessioni insomma adatte ad interpretare ed orientare il futuro, nella consapevolezza che al Trentino del futuro non serve necessariamente un reticolo di strade, bensì una ragnatela di idee.Sono sempre più convinto che il nostro turismo può sprigionare tutto il suo potenziale ancora inespresso di valore se sapremo porre al centro l'ambiente, l'esperienzialità e la ricerca del benessere, un sistema di ospitalità diffuso e qualificato nei servizi, una valorizzazione dei beni comuni anche dei territori oggi meno infrastrutturati. Insieme ad un forte investimento nella formazione degli operatori. Questo vale molto più di un casello autostradale più vicino alle piste da sci.

Così come il tessuto manifatturiero locale ha dentro di sé la forza per competere in ragione dell'eccellenza delle sue produzioni, degli investimenti nell'innovazione tecnologica e nel forte legame con la ricerca applicata. Dobbiamo costruire un ecosistema in cui possano crescere e svilupparsi i nostri talenti imprenditoriali e per fare questo è necessario investire nella sostenibilità del ciclo economico, nelle nuove forme di economia circolare e in una maggiore integrazione tra le imprese e il capitale sociale del territorio in cui opera.

Ci sono nuovi segnali che provengono dalle stesse categorie economiche le quali nel documento proposto in occasione del Bilancio provinciale 2021-2023 hanno esplicitamente richiesto «più mobilità integrata e sostenibile, elettrica e meccanizzata» ed espressamente riconosciuto «il paesaggio, l'ambiente, la natura come elementi intimamente connessi con l'economia reale del territorio».È anche per questo che il Trentino deve scegliere tra un coacervo contraddittorio di progetti di nuove infrastrutture e un modello coerente ed innovativo di mobilità delle persone e delle merci.

Il corridoio del Brennero transnazionale e multimodale è l'asse attorno al quale progettare nuove reti per connettere le aree urbane con la montagna.Un sistema di mobilità regionale e interregionale eco-compatibile coerente con gli obiettivi del Recovery Fund deve rappresentare la vera sfida del futuro per valorizzare le vocazioni delle nostre Terre alte.Fugatti, Kompatscher e Zaia non perdano questa occasione, lascino da parte gli egoismi territoriali e abbiano il coraggio di proporre insieme qualcosa di realmente nuovo pensando alle future generazioni.