Nelle situazioni di emergenza c’e bisogno di più e non di meno dialogo, confronto, partecipazione

In vista del Consiglio provinciale convocato per i giorni 3-5 novembre, avevo presentato una interrogazione a risposta immediata, con la quale chiedevo al presidente Fugatti di spiegare su quali basi giuridiche aveva emesso un’ordinanza sull’emergenza Covid-19 che su diversi e significativi punti si discostava dal Decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm).
Giorgio Tonini, 4 novembre 2020

 

Il confronto previsto non si è potuto tenere perché il Consiglio è stato, a mio modo di vedere inopportunamente e ingiustificatamente, sconvocato. Dovrò accontentarmi di una risposta scritta. Nulla di tragico, ovviamente, nell’episodio in sé. Nel frattempo però, il presidente Fugatti ha corretto l’ordinanza, allineandola al Dpcm, poche ore prima che il TAR di Trento la dichiarasse illegittima. È evidente che c’è qualcosa che non va, nel funzionamento delle istituzioni democratiche della nostra autonomia, se il Consiglio provinciale, il “parlamento” del Trentino, è di fatto tagliato fuori da qualunque confronto col “governo” provinciale (la Giunta e il suo presidente), su testi normativi (le ordinanze, per l’appunto), che toccano questioni decisive come quelle con le quali l’emergenza Covid-19 ci costringe a confrontarci: questioni che hanno a che fare con i diritti e le libertà dei cittadini, la loro salute, il loro benessere economico, il funzionamento di servizi essenziali, a cominciare dalla scuola, fino ai rapporti politici tra le nostre istituzioni autonomistiche e quelle della nostra Repubblica.

A livello nazionale, dove pure i problemi politici e istituzionali non mancano di certo, spiace dirlo, le cose vanno in maniera assai diversa e, per una volta, assai migliore. Il giorno nel quale il nostro Consiglio provinciale veniva sconvocato (era il 2 di novembre), il presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, passava l’intera giornata a confrontarsi, prima coi deputati e poi coi senatori, sui contenuti del nuovo Dpcm. Non era la prima volta: dopo i mesi della prima emergenza, che aveva colto tutti di sorpresa, su proposta del Pd, il Parlamento e il Governo si sono dati un metodo, che prevede sempre, per ogni Dpcm, un passaggio parlamentare, preventivo o, in casi eccezionali, successivo all’adozione del provvedimento. Da giugno ad oggi, il Governo ha discusso col Parlamento i Dpcm anti-Covid l’11 giugno, il 14 e il 29 luglio, il 2 settembre, il 6, il 22 e il 29 ottobre e da ultimo, per l’appunto, il 2 novembre. Quasi tutte le sedute citate si sono concluse col voto di risoluzioni impegnative e vincolanti per il Governo. Sui medesimi argomenti, la Conferenza Stato-Regioni è di fatto riunita in permanenza e il confronto tra il Governo centrale e i governatori delle Regioni e delle Province autonome, sulle linee d’azione di contrasto alla pandemia, è continuo, a volte anche assai animato, proprio perché approfondito e tutt’altro che rituale. Su tutti questi passaggi vigila, con la sua autorevole saggezza, il Presidente Mattarella.

A Trento siamo lontani mille miglia da questo stato di cose. Mentre a livello nazionale si è riusciti a trovare un punto di equilibrio, chiamiamolo pure un compromesso, tra le ragioni dell’emergenza, che richiedono risposte rapide e talvolta immediate, e le ragioni della democrazia, che impongono confronto e partecipazione, nella nostra Provincia autonoma siamo ancora nella situazione della scorsa primavera: il presidente Fugatti adotta i suoi provvedimenti, spesso tutt’altro che meramente tecnici, ma chiaramente e palesemente politici, in splendida e totale solitudine, senza alcun confronto, tanto meno preventivo, col Consiglio provinciale e neppure con i sindaci, che pure sono in prima linea nella lotta alla pandemia e ai suoi guasti sanitari, economici e sociali. Non si tratta solo di una brutta sgrammaticatura istituzionale, ma anche di un grave errore politico, al quale è necessario e urgente che il presidente Fugatti ponga immediato rimedio. Perché nelle situazioni di emergenza c’e bisogno di più e non di meno dialogo, confronto, partecipazione. Perché c’è più e non meno bisogno di solidarietà.