Alcune riflessioni post voto. A livello nazionale tutti gli analisti principali sono concordi nell'analisi del voto alle regionali. La stabilità del governo ne esce rafforzata, con un Partito democratico che ha tenuto meglio del previsto e diventa ancora di più il riferimento e l'alternativa alla destra populista.
Luca Zeni, 25 settembre 2020
Mentre i 5 Stelle escono malconci da una contesa dove sono risultati ininfluenti. Il tentativo di appropriarsi di un referendum dall'esito scontato, sostenuto (con poco entusiasmo) da tutte le forze politiche, non basta a nascondere il risultato deludente.
La destra delude rispetto alle aspettative (si proclamava un 5-1, è finita 3-3), ma mantiene i suoi equilibri tra Lega e Fratelli d'Italia (che crescono come partito ma non riescono a vincere la Puglia) ed è maggioranza tra le Regioni. Il risultato di Zaia ha messo in ombra Salvini, il quale tuttavia, in un partito molto gerarchico, rimane il capo indiscusso, ed è azzardato darlo per morto, anche se rimango convinto che sul lungo periodo la ripetizione del solito schema urlato ad un certo punto esaurisca la sua spinta. Il risultato deludente dei piccoli partiti conferma la tendenza dell'elettorato alla semplificazione del quadro politico e al riconoscimento di personalità locali radicate.
In Trentino c'era molta attesa per il voto delle elezioni comunali, perché rappresentava un bivio: o avrebbe sancito il radicamento della Lega con un consolidamento dell'azione della giunta provinciale, che avrebbe già ipotecato la propria riconferma, o avrebbe caratterizzato un importante segnale di inversione di tendenza. Possiamo dire che la strada scelta dai cittadini trentini è sicuramente stata la seconda.
La vittoria di Franco Ianeselli al primo turno è quella politicamente più significativa, perché consente alla città capoluogo di diventare riferimento forte della rete dei comuni e interlocutore dialettico con piazza Dante. Il grande merito del nuovo sindaco è stato ricostruire una coalizione unita e seria, con una prospettiva di comunità. Ora dovrà tradurre il tutto in una squadra che dia nuovo slancio alla città e dimostri capacità progettuale e amministrativa.
Ma oltre a Trento, quello che emerge dai risultati elettorali, è un quadro che mostra tanti amministratori che possiamo definire di centrosinistra autonomista - in liste "ufficiali" nei grandi comuni, "di area" in quelli piccoli - e comunque che non si riconoscono nel governo provinciale leghista.
A Rovereto l'accordo Pd-Civici porta Valduga molto vicino al 50% ed al ballottaggio con un buon margine sul candidato della destra. A Pergine la partita è stata anomala, dopo che il candidato della Lega si è ritirato prima di presentare la lista, e la vittoria di Oss Emer è stata schiacciante, capace di assorbire un elettorato trasversale.
Localmente il Pd dovrà riuscire a compiere una rifondazione che attende da troppo tempo, mentre Oss Emer dovrà scegliere se mantenere il suo profilo civico locale o se accompagnare un percorso politico chiaro, come il suo omologo a Rovereto, in chiave provinciale.
Poi la Busa. La vera sorpresa negativa per il centrosinistra è data da Riva del Garda, dove Mosaner viene portato al ballottaggio con una percentuale non rassicurante. Risultato compensato in parte da Arco, dove il sindaco Betta, dato battuto in partenza, va al ballottaggio con un primo posto per molti inaspettato, con avversari molto frammentati ed una Lega deludente rispetto alle aspettative.
A Mori riconferma per il sindaco pd Barozzi e ad Ala per il sindaco autonomista Soini, poi via via gli altri comuni, con Avio che vede la lega in testa al ballottaggio, e vincere Baselga di Pinè al primo turno. Nel complesso però una Lega che fatica, con Cavalese, feudo leghista alle provinciali, che diventa simbolicamente esempio di quanto il lavoro credibile sul territorio vinca rispetto agli slogan. Con Sergio Finato che stravince al primo turno contro il candidato della Lega e contro l'amministrazione uscente. E così in Val di Fassa, con candidati delle liste ladine di destra spesso sconfitti da candidati più moderati e radicati.
Al di là della disanima dei singoli comuni, emerge il prevalere, nei comuni piccoli, di un civismo che non si riconosce in candidati dai "modi leghisti". Questo significa che il Fugattismo non è riuscito a trasformarsi in Zaismo, la Lega trentina è rimasta dai toni salviniani, non è riuscita a compiere quel percorso di serietà istituzionale e amministrativa capace di rassicurare l'anima popolare del Trentino.
Basta questo? Certo che no. È un punto di partenza che certifica il limite della Lega trentina ("Lega Salvini per il Trentino", appunto) e dall'altra la presenza bella e positiva di una vasta rete di persone sul territorio serie e volenterose.
Ora spetta al centrosinistra autonomista acquisire consapevolezza della responsabilità che ha in capo, in modo da ricostruire un progetto di Trentino, con una squadra coesa, consapevole, seria, unita, capace di essere di nuovo in sintonia con l'anima profonda del Trentino. Che non è leghista, ma popolare.