Dopo alcuni mesi di "abbassamento della guardia" in molti comportamenti individuali, l'aumento del numero dei contagi ci sta facendo tornare alla realtà: con il Covid, a prescindere da un vaccino più o meno prossimo ed efficace, dovremo conviverci a lungo.Luca Zeni, 22 agosto 2020
Gli effetti socio economici del virus nei mesi scorsi sono comparabili con quelli delle due guerre mondiali, ma ancora non abbiamo quella consapevolezza necessaria per incidere profondamente sulle scelte di una comunità.Nei giorni scorsi due interventi autorevoli - quello di Mario Draghi al meeting di Rimini e quello di Marta Cartabia alla Lectio degasperiana di Castel Tesino - sono stati incardinati sul concetto di "ricostruzione".Proprio lo spirito della ricostruzione dovrebbe animare oggi le scelte politiche, siano esse globali o statali, siano esse locali, soprattutto per una Provincia ad autonomia speciale.
La consapevolezza della portata della sfida dovrebbe animare incessantemente il dibattito pubblico, come al tempo della costituente, per evitare quella tendenza tutta italiana di essere eccezionali e commoventi nell'emergenza, ma poi, estratte le persone dalle macerie, incapaci di programmare la ricostruzione delle città terremotate.
Invece l'estate sta scivolando via, nell'incertezza di cosa accadrà, con lo spirito ciecamente autoconsolatorio dello "speriamo vada tutto bene".Il rischio, paventato da Draghi, è che le risorse senza precedenti messe in campo siano utilizzate, anche dopo la prima fase emergenziale, per interventi di sostegno assistenziale, invece che per investimenti di lungo periodo, in primo luogo sul "capitale umano", sulla formazione e la crescita delle persone.
Draghi ha poi indicato quelle che dovrebbero essere le tre qualità indispensabili a coloro che sono in posizioni di potere: «La conoscenza per cui le decisioni sono basate sui fatti, non soltanto sulle convinzioni; il coraggio che richiedono le decisioni specialmente quando non si conoscono con certezza tutte le loro conseguenze, poiché l'inazione ha essa stessa conseguenze e non esonera dalla responsabilità; l'umiltà di capire che il potere che hanno è stato affidato loro non per un uso arbitrario, ma per raggiungere gli obiettivi che il legislatore ha loro assegnato nell'ambito di un preciso mandato».
Queste indicazioni dovrebbero rappresentare una stella polare anche per chi guida oggi la Provincia di Trento, e che ha scelto invece sino ad ora un'impostazione di sostegno diffuso e poco selettivo, spesso con criteri simbolico-ideologici più che basati su approfondimento e valutazione dell'impatto; una tendenza al rinvio continuo delle scelte, con deroghe e proroghe sistematiche nei diversi settori, dal sociale all'economia, dalla sanità all'istruzione; scarsa trasparenza e propensione al dialogo, con continui strappi nelle decisioni, come nella recente legge di assestamento.Occorre un deciso mutamento nella modalità dell'azione politica provinciale. Serve una celere e profonda fase di condivisione collettiva sul futuro che ci aspetta. Una condivisione sia generale che settoriale.Settoriale significa ristabilire un dialogo costante con le categorie e i corpi intermedi del nostro territorio: nell'economia, per passare dagli aiuti emergenziali ad un reale sostegno a sviluppo ed occupazione; nella scuola, vera priorità immediata, anche adottando scelte originali che la nostra autonomia potrebbe consentire, ad esempio sfruttando il volontariato diffuso per lezioni all'aperto in teatri tenda, finché il tempo lo consentirà, perché sarebbe devastante per le giovani generazioni tornare alla didattica improvvisata della scorsa primavera; nella sanità, per una programmazione sia dell'emergenza che delle attività ordinarie che superi gli slogan elettorali e ricostruisca il dialogo con le professioni sanitarie e le associazioni dei malati e cessi le continue proroghe all'attuazione della riforma sugli anziani; nel turismo, che dopo l'approvazione di una legge che incide soltanto sul sistema di governance, necessita di una vera discussione sulle vocazioni secondarie del nostro territorio e sui possibili nuovi elementi di attrattività. L'elenco potrebbe continuare a lungo, perché il lavoro da fare richiede uno sforzo incessante.
Una condivisione che sappia poi fare una sintesi generale, che indichi la direzione che attende la nostra comunità. Lancio allora un appello al Presidente Fugatti: il rischio di lasciare al termine del Suo mandato un Trentino più povero di come lo ha trovato è reale, e non importa se il motivo sarà legato più alla sfortuna di aver governato nell'epoca del Covid o all'inadeguatezza delle risposte improvvisate della Sua maggioranza.
Avvii allora una fase costituente, per riprendere l'esempio degasperiano che ha ricordato la Presidente Cartabia, convochi subito gli Stati Generali del Trentino, in particolare coinvolgendo le giovani generazioni, che saranno chiamate a restituire il debito che stiamo accumulando oggi: da loro deve levarsi un grido forte, una rivendicazione a scelte lungimiranti e che le coinvolgano e responsabilizzino sin da subito; nel dopoguerra fu soprattutto grazie all'energia vitale dei giovani che l'Italia seppe risollevarsi.
Presidente Fugatti, non abbia paura del confronto, e troverà allora non un'opposizione intransigente ma una comunità pronta a intraprendere una nuova fase del suo cammino.
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Partito Democratico del Trentino