Nel leggere le proposte normative contenute nell'ultimo disegno di legge anticongiunturale, ho capito che il rischio concreto è che la Giunta provinciale si sia convinta di poter uscire dalla crisi con soluzioni semplicistiche.
Alessio Manica, 8 maggio 2020
Di più: con soluzioni ispirate a modelli vecchi e per fortuna superati. Mi spiego. Il disegno di legge si occupa principalmente di misure urgenti per fronteggiare la crisi - contributi, aiuti, sostegni vari - e su queste anche noi gruppi di minoranza abbiamo garantito la massima disponibilità, producendo proposte - come quella che ha portato ad aggiungere 17 milioni di euro per famiglie e lavoratori - e acconsentendo a snellire al massimo l'iter legislativo, così da dare risposte rapide a chi ha subito più forte l'urto di questa emergenza.
Ma nel disegno di legge, e questo è il punto, ci sono anche delle previsioni che con l'emergenza poco o nulla hanno a che fare, anzi. Per esempio, entrando nel concreto, si prevede da un lato per i Comuni la riduzione dei tempi dei procedimenti per il rilascio dei titoli edilizi, ma si riconosce dall'altro ai privati la possibilità di allungare fino a sette anni la valenza degli stessi e i tempi per l'inizio dei lavori, proprio quando invece l'obiettivo dovrebbe essere quello di velocizzare questi processi per far girare il motore dell'economia. Andava in tal senso perseguita l'idea di un patto tra pubblica amministrazione e privati finalizzato allo snellimento dei procedimenti e a velocizzare l'avvio dei lavori. Snellimento che dovrebbe essere perseguito però non a discapito della funzione di controllo a cui sono chiamati i Comuni, cosa che invece presumibilmente avverrà. Si prevede poi - giustamente - per bar e ristoranti la possibilità di aumentare il proprio spazio attraverso plateatici e occupazione di suolo pubblico.
Ma di nuovo, invece di perseguire l'idea di un patto collaborativo tra pubblico e privato, con il primo impegnato alla massima rapidità, si prevede la completa eliminazione di pareri e controlli, se non per problemi legati alla viabilità, con il rischio di una pericolosa deregolamentazione urbanistica e paesaggistica, che è cosa ben diversa dalla semplificazione e anche dall'efficientamento. Ancora, nel disegno di legge si prevedeva - uso il passato perché per fortuna siamo riusciti a far eliminare questa previsione grazie all'emendamento del collega Olivi - la possibilità di aprire medie strutture di vendita fino a 1500 mq di superficie anche nelle zone produttive, senza nemmeno dover rispettare gli standard urbanistici previsti per queste strutture. Con questa norma si rischiava l'anarchia urbanistica (alla faccia di tanti anni di attenta pianificazione e programmazione a tutti i livelli), l'aumento della rendita per i proprietari di aree artigianali (spesso a discapito di chi in quelle strutture lavora e produce) e l'ulteriore impoverimento dei negozi di vicinato dei centri storici, che dovrebbero invece essere oggi supportati ancora di più, in un'ottica di prossimità, di accesso ai servizi primari e di riduzione degli spostamenti.
Ancora più grave e lontana dal Trentino che mi immagino è la proposta normativa che permette di trasformare gli alberghi in strutture extralberghiere, cioè appartamenti, con buona pace - fra le altre cose - anche dei livelli occupazionali. Così in Trentino, il cui modello turistico già paga pegno rispetto all'Alto Adige anche a causa dell'eccessiva presenza di seconde case, si agevolerebbe un'ulteriore contrazione dell'offerta alberghiera, imboccando una strada difficilmente reversibile. Basterebbe leggere il rapporto sullo stato del Paesaggio 2019 per capire che non è questa la strada da imboccare per la ripartenza, visto in molte località turistiche abbiamo già un rapporto tra unità abitative e famiglie residenti che va da 4 a 7, con la punta di 11,9 a Madonna di Campiglio. Giusto garantire strumenti e flessibilità agli imprenditori, ma la politica deve indicare un orizzonte e non solo recepire istanze. L'uscita dall'emergenza deve essere l'occasione per immaginare modelli diversi, da costruire assieme ai territori, magari proprio ponendosi l'obiettivo di rigenerare e mettere a valore il grande patrimonio edilizio di seconde case e case vacanze sparse nella nostra Provincia, così da sostenere nuove forme turistiche adatte al contesto post-Covid19 al contempo valorizzando la produzione di servizi di tipo alberghiero e di servizi e produzioni di prossimità, anche aprendo un importante mercato per il settore edile nella riqualificazione di questi immobili. Le esperienze in tal senso non mancano, ma non mi stupirei se invece qualcuno in Aula proponesse per l'ennesima volta un emendamento per sospendere la "legge Gilmozzi", quella che ha stoppato la costruzione di seconde case nelle valli dolomitiche.
Non è tutto, ma mi fermo qua.
Ancora una volta la sensazione è quella di una Giunta incapace di affrontare e gestire la complessità, intenta a cercare scorciatoie che rischiano però di trasformarsi in pericolosi boomerang. Una situazione complessa non può essere banalizzata: le forze populiste vorrebbero far credere ai cittadini che esistono soluzioni semplici anche per problemi complessi, ma non c'è nulla di più falso. Ancora una volta dico che non si può costruire il futuro del Trentino guardando nello specchietto retrovisore. Non possiamo pensare che per uscire dalla crisi tutto sia accettabile, che ogni valore e pilastro che negli anni la comunità autonoma trentina si è voluta dare siano negoziabili, perché la crisi finirà e non possiamo permetterci di adottare scelte che vanno bene oggi ma ci impoveriranno domani. E non si può nemmeno pensare di uscire dalla crisi con soluzioni corporative, dando risposte frammentate a questa o quella categoria sulla base del potere contrattuale di ognuna o di un principio di affinità politica, perché si rischia di fare un puzzle senza avere tutti i pezzi.
Per governare bisogna guardare lontano, al Trentino che vogliamo costruire, perché il rischio concreto è quello che il Trentino esca da questa crisi ancora più piccolo e più solo. Ma quale sia l'idea di Trentino che ha la Giunta Fugatti e la maggioranza a trazione leghista, ancora non ho avuto modo di capirlo.