Mitezza, un valore della politica

Il Presidente della Repubblica, ricordando a Trento il centenario della nascita di Chiara Lubich, ha indicato la "mitezza" come categoria necessaria della politica.
Non ne ha fatto certo un banale problema di "bon ton", ma di "sostanza" della vita civile e della stessa democrazia. Mi sono tornati alla mente Norberto Bobbio e Mino Martinazzoli.
Franco Ianeselli, 27 gennaio 2020

Il primo ha scritto un testo esemplare: l'Elogio della Mitezza.
Il secondo ha sempre indicato in questa cifra la caratteristica dei cattolici democratici impegnati nella politica.
Mitezza non è arrendevole accondiscendenza ma, al contrario, piena coscienza delle proprie ragioni non disgiunta però dal rispetto delle convinzioni altrui e, soprattutto, dalla considerazione delle istituzioni democratiche come "la casa di tutti", come espressione istituzionale di una Comunità di persone e di corpi sociali che possono trovare il proprio futuro solamente nei valori della condivisione e dell'unità.
Come ha ricordato il Presidente Mattarella, solo chi usa mitezza, in realtà, dimostra la propria vera forza.
La democrazia senza mitezza - e senza spirito di fratellanza, ha aggiunto non a caso Mattarella - non vive e rischia di diventare un campo di battaglia nel quale si scontrano "nemici" e non "avversari"; si combattono eserciti di fanatici e non comunità politiche che lavorano, pur con proposte diverse, per il bene comune.
Intendo ispirare la mia campagna elettorale per il Comune di Trento a questa concezione della politica e della democrazia.
Ho le mie idee, la mia storia, le mie convinzioni, che cercherò di mettere al servizio della coalizione plurale che mi sostiene.
Ma non proporrò nessuna "Santa Alleanza" contro nessuno.
Se la Lega ed i suoi alleati continueranno a dire che intendono "conquistare" la città di Trento, io dirò che invece le città non si conquistano. Si interpretano nella loro anima più profonda (e Chiara Lubich, col suo carisma dell'unità, ci ha indicato l'essenza di una delle anime della nostra città). Le città si servono. Si governano con equilibrio, rispetto e prudenza - non come bottino di guerra - se si ottiene il consenso democratico per farlo.
Questa è la mitezza che serve, ancor più oggi, alla nostra democrazia, alla nostra città e alla nostra Autonomia Speciale. Questa è la "mitezza" che mi fa essere radicalmente diverso da chi urla; demolisce; cavalca le paure; stimola egoismi e chiusure; demonizza avversari; mette la città contro le valli e viceversa; costruisce nemici immaginari contro i quali aizzare l'odio di una Comunità che vive momenti di incertezza e di inquietudine di fronte ai nuovi scenari del nostro tempo.
Quella di Trento è una Comunità che però conserva nella propria anima profonda tutte le risorse umane, spirituali, culturali e sociali per andare oltre le paure e ritrovare il sentiero nella nebbia del cambiamento epocale che ci coinvolge. Ed è a questo fine che ho deciso di dedicare il mio impegno di candidato e - se così vorranno gli elettori - di Sindaco della città. In un Trentino che ogni giorno sembra lacerarsi e spezzettarsi - nella vita pubblica ma anche in quella sociale e civile - Trento può essere un punto di riferimento positivo, di costruzione comune del futuro, di apertura e di unità.