Qualche anno fa, ospite in Trentino per una rassegna, l’inventore delle guide Lonley Planet Tony Wheeler aveva scelto di parlare del turismo partendo da una piccola provocazione. Lui, divenuto simbolo globale del viaggio zaino in spalla e dell’itinerario poco battuto, aveva confidato come dopo qualche giorno di trekking optasse sempre per un po’ di rilassamento in un bell’albergo con la SPA.Alessadro Olivi, "Trentino", 2 novembre 2019
Il suo intento era quello di ironizzare su una concezione del turismo troppo cristallizzata, che tendeva a considerare i viaggiatori – e a cascata i luoghi – come sovrapponibili ad una categoria o ad un’attività. Come se la complessità della società moderna avesse in qualche modo risparmiato il turismo, consentendo ancora di costruire modelli del tutto polarizzati, per i quali in quel luogo ci si reca per sciare, in quel posto ci si va perché c’è il lago, in quella città si soggiorna per fruire di questa o quella offerta culturale.
Quella provocazione di Wheeler mi è tornata alla mente in queste settimane leggendo il dibattito che si è aperto attorno all’annunciata modifica della legge sul turismo. Una riforma organica capace di innovare il sistema istituzionale ed organizzativo della promozione turistica è necessaria, anche per liberare le potenzialità inespresse di un comparto ancora troppo condizionato da frammentazione e particolarismi.
Infatti, come osservato da molti, il turismo in Trentino è cambiato e sta cambiando rapidamente, e non solo nei numeri. Gli esperti del settore, ma anche in prima persona gli attori che lo compongono, conoscono ad esempio la necessità di confrontarsi in modo sempre più maturo con il concetto di limite. Non semplicemente accettando che per un territorio come il nostro sia fondamentale rispettare le risorse naturali, ma facendo il passo ulteriore di considerare la sostenibilità il vero modello del futuro.
Non sto parlando, si badi bene, di una scelta pauperista, o dell’immiserimento di un’offerta, e nemmeno di una sorta di decrescita da lasciare al caso. Parlo di una pianificazione accurata e di prospettiva, della rappresentazione di ciò che vogliamo diventare e dei passaggi che nei prossimi dieci anni sarà necessario compiere per raggiungere il nostro obiettivo.
Parlo, in termini pratici, di uno sforzo dal quale la politica non può sottrarsi: quello di costruire insieme agli attori della comunità un’idea di futuro per il settore turistico. Un disegno che non si limiti a copiare qualche ricetta che ha funzionato altrove, ma che dai casi positivi e dalle buone pratiche prenda spunto, rielaborandoli attraverso le proprie specificità. Capendo fino in fondo che un albergatore di Madonna di Campiglio non avrà mai le stesse necessità di una famiglia che gestisce un agritursimo in una valle decentrata, e che pure entrambi sono tasselli fondamentali nella costruzione del Trentino come area turistica diffusa. Un soggetto nel quale i numeri saranno sempre importanti ma non potranno mai essere tutto, e che potrà esistere e resistere solo se al proprio interno ragiona come sistema, in raccordo con le nostre scuole alberghiere nella formazione di addetti e di personale preparato e motivato, con le aziende produttive, con le scuole paesaggistiche e di architettura, mostrando insomma un lato di sé reale come solo una vera comunità può essere, e non indossando una maschera temporanea e costruita.
Per questo, credo che l’idea, per ora solo annunciata dalla Giunta provinciale, di sviluppare “agenzie territoriali” capaci di una maggiore e migliore sintonia con i territori turistici, possa rappresentare un passo nella direzione giusta. Lo sarà però a due condizioni. Primo, che si comprenda fino in fondo che il Trentino è fatto senz’altro di destinazioni consolidate e rinomate, ma è composto anche da tante zone “normali”, che sono però assolutamente necessarie per restituire ai visitatori il volto reale della nostra comunità. Secondo, che la riforma non si traduca nella creazione di un nuovo livello istituzionale che si aggiunge a quelli esistenti (APT e Trentino Marketing), ma produca semplificazione, sinergie vere e chiarezza dei ruoli.
Insomma, è venuto il momento, e migliaia di ragazzi ce lo ricordano nei loro cortei, di progettare un turismo nuovo in cui il territorio, il paesaggio e i beni comuni rappresentino il vero capitale di ricchezza. Possiamo farlo accontentandoci di riscritture burocratiche e autoreferenziali, oppure scommettendo su un territorio e una comunità che sono plurali e differenziati, e tratteggiando di conseguenza la nostra immagine pubblica. In fondo, senza inventarci nulla, dopo un trekking in quota possiamo davvero trovare una sauna. Perché non raccontarlo nel modo giusto?
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