Dirigente della Provincia fin da 1986, gli ultimi anni passati alla direzione del Dipartimento Affari istituzionali e legislativi — «il sancta sanctorum dell’autonomia», come lo definisce lui — Fabio Scalet è stato eletto alla presidenza della Commissione dei 12 all’unanimità.D. Baldo, "Corriere del Trentino", 12 luglio 2019
In questi anni sono passati dalla sua scrivania tutti gli accordi con lo Stato, le norme di attuazione, le attribuzioni di competenza.
«L’Autonomia non è data una volta per tutte, ma è un continuo esercizio, un lavoro costante che va fatto giorno per giorno. Ho la sensazione che purtroppo tutto questo venga dato troppo spesso per scontato. Negli anni si è perso l’afflato iniziale, ci si crede un po’ meno nell’autonomia, la gente è tiepida».
Forse qui, perché in Veneto, in Lombardia e in Emilia Romagna ci credono tantissimo. Per l’autonomia hanno fatto anche un referendum, la vogliono anche loro.
«Sono più convinti di noi. in Veneto sventola ovunque la bandiera con il Leone di San Marco. È una richiesta popolare quella dell’autonomia, è una questione sentita nel profondo. Dovremmo prendere esempio».
E cosa pensa della loro richiesta?
«Il fatto che attorno a noi si muovano altre autonomie è positivo, così non saremo visti soltanto come i privilegiati e il dialogo può aumentare. E poi noi l’autonoma sono decenni che la amministriamo, possiamo essere d’esempio, questo è certo».
E secondo lei l’abbiamo amministrata bene la nostra autonomia?
«Dal 1972, dopo la riforma del Secondo Statuto, sono state varate più 160 norme di attuazione. La Sicilia, una Regione autonoma come la nostra, ne ha varate una quarantina. Noi, Trento e Bolzano, l’autonomia l’abbiamo esercitata per davvero. Siamo stati attivi e i risultati si vedono».
Ci siamo fatti carico di molte competenze. Ormai tutta la spesa pubblica, e di conseguenza i servizi al cittadino, sono a carico del bilancio delle due Province.
«La Sanità pesa sui nostri bilanci per più di un miliardo, oltre il 25% del totale. E non è una partita di giro con lo Stato, ce la paghiamo noi, non peschiamo sul Fondo sanitario nazionale come le altre Regioni. E la scuola, per fare un altro esempio, vale più di 500 milioni. Ma ci sono tante altre competenze che finanziamo noi direttamente».
Ma i soldi ci sono per far fronte a tutto questo? Dall’accordo di Milano, passando per il Patto di Garanzia, il contributo al risanamento dei conti dello Stato è stato notevole.
«L’accordo firmato nel 2009, con l’allora ministro Calderoli, concorreva al risanamento con un miliardo. Poi con Monti si arrivò ai prelievi unilaterali dalle risorse dell’Autonomia. Azioni illegittime, ma c’è da dire che in quel momento lo Stato italiano stava davvero affondando. Ci furono 12 ricorsi alla Corte Costituzionale e il tutto si concluse con il Patto di Garanzia del 2014, con un nuovo concorso nel risanamento dei conti dello Stato».
Tutto questo per dire?
«Che l’introito teorico dei 9/10 sui gettiti fiscali nazionali, sancito dallo Statuto, di fatto arriva a meno dei 7/10. Noi quindi dobbiamo sostenere la sanità, la scuola, le strade statali, il catasto, la motorizzazione, le opere idrauliche e tante altre funzioni nazionali con meno soldi».
Le entrate le decide Roma, ma le uscite sono tutte a carico di Trento e di Bolzano. Non avrebbe senso accordarsi con lo Stato per un’autonomia anche nell’imposizione fiscale?
«Sarebbe una rivoluzione dell’attuale sistema tributario, che non vedo percorribile. Più che di questo, mi preoccuperei di portare a casa una clausola di neutralità per difenderci dagli effetti delle politiche fiscali del governo».
La flat-tax preoccupa anche lei?
«Rischiamo il bagno di sangue. Se attueranno la flat-tax come era stato proposto inizialmente si arriverebbe a un minor introito di 200 milioni all’anno. Ma anche nella formulazione più leggera, quella che prevede un minor gettito di 70-80 milioni, l’impatto sul bilancio sarebbe notevole».
Presidente, quali sono i dossier rimasti aperti che ora dovrà gestire la nuova Commissione?
«Il tema dei grandi carnivori: su questo ci vedremo già in agosto per iniziare la discussione. Ora la competenza è ministeriale ma si cercherà di arrivare a una mediazione con il governo: la gestione ai governatori con il parere vincolante, che per lo Stato è una garanzia, dell’Ispra».
La competenza sul commercio e sugli orari di apertura degli esercizi?
«Si sta ragionando a proposito di una revisione della legge sulle liberalizzazioni, in Parlamento sono stati depositate alcune proposte. L’avanzamento della discussione, nella Commissione, si è bloccato per questo motivo».
In passato si è ventilata la possibilità di una competenza specifica anche sull’amministrazione penitenziaria, per la parte del personale e delle strutture.
«Alcune competenze le abbiamo già, sul reinserimento lavorativo dei carcerati, sulla parte sanitaria. Ma altre competenze aggiuntive, non so: con che soldi le paghiamo? Se passa la flat-tax, la vedo dura ad assumere altre funzioni dello Stato».
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