Dopo aver esordito con tutto l’entusiasmo di un’annunciata, anche se non inevitabile, vittoria elettorale, resa tale anche da una certa resistenza al cambiamento di coloro che non hanno voluto comprendere le dinamiche del consenso in un sistema fortemente maggioritario, l’attuale maggioranza provinciale sta mostrando due elementi che paiono caratterizzarla storicamente.
Bruno Dorigatti, "Corriere del Trentino", 7 giugno 2019
Da un lato un palese immobilismo decisionale e un continuo rinvio nel tempo, secondo collaudate logiche del vecchio potere democristiano; dall’altro limiti oggettivi nel cogliere la portata della responsabilità del governo di un territorio complesso come il nostro.
Non si tratta però solo di ragioni di natura squisitamente politica — e per le quali comunque il giudizio finale e unico spetta all’elettore — ma anche di questioni legate alla concezione delle istituzioni dell’autonomia speciale, al loro ruolo e al loro utilizzo, questioni che stanno facendo risaltare un’evidente difficoltà a scindere posizioni personali e ruoli istituzionali, in una crescente confusione che destabilizza, alla fine, le istituzioni stesse.
Assistere, ad esempio, al costante affidarsi al piano interpretativo nazionale rinunciando all’esercizio di ogni competenza e possibilità autonomistica, magari attraverso un più razionale coinvolgimento delle profonde esperienze e culture giuridiche presenti nelle sedi locali dell’Avvocatura dello Stato, che meglio d’altri conoscono la realtà trentina, suscita più di una perplessità, al pari di altri atteggiamenti forse eccessivamente disinvolti e che dicono chiaramente quale sia il grado di rispetto istituzionale di questa maggioranza. Altri esempi? Le forzature su dimissioni non dovute dalla «governance» di società partecipate o per le decisioni, prive di ogni minimo stile istituzionale, nel cambio improvviso dei propri collaboratori e l’elenco potrebbe allungarsi ancora.
Senza dubbio la maggioranza è legittimata nella sua azione complessiva e nei suoi comportamenti dal voto democraticamente espresso, ma ciò non significa che sia anche concesso oltrepassare quella cultura del rispetto delle istituzioni, che ha una sua grammatica appropriata.
Si tratta certamente di scelte consapevoli e spesso anche perseguite con caparbietà, almeno da ciò che si evince dalla quotidiana lettura della stampa locale, ma non per questo tali scelte sono anche automaticamente corrette e condivisibili e anzi, proprio il continuo frangere regole scritte e non, genera il progressivo venir meno di quella autorevolezza che è invece requisito primo ed essenziale per mantenere la centralità delle istituzioni e del loro profilo, al di là di pur significativi cambi delle compagini di governo.
Quando cioè, nell’autonomia delle sue funzioni, la rappresentanza del potere legislativo dell’autonomia decide di partecipare ripetutamente a una qualsiasi manifestazione pubblica a sostegno del potere esecutivo — del quale, va ricordato, dovrebbe essere attento e sensibile controllore anziché «amico di parte» — allora, non solo si appanna il prestigio di quell’Ufficio, ma viene meno il carattere di assoluta terzietà che deve sempre contraddistinguere il ruolo istituzionale da quello di personale adesione agli schieramenti politici.
Certo, ciò non significa per nulla abdicare alle proprie idee e appartenenze, ma piuttosto limitare le stesse alla sfera privata, nella responsabile consapevolezza di un ruolo che rappresenta tutta l’Assemblea legislativa e quindi tutta la comunità trentina. Ecco, ciò che latita nell’attuale maggioranza è proprio questa capacità di assumere responsabilità istituzionali e di rispettarne i confini, una responsabilità che non può essere rifiutata in nome di un diverso approccio alla politica, ma che deve anzi essere perseguita ogni giorno con senso storico e con grande parsimonia di partigianeria, proprio per non ferire ulteriormente quella dignità delle istituzioni che sta sopra la transitorietà della politica stessa.