La celebrazione di questo 25 aprile, data essenziale della storia del nostro Paese, ricorre in un tempo attraversato da una preoccupante temperie, alimentata dai venti minacciosi di una crisi della politica e della mancanza di autorevolezza a livello globale sia sul versante economico che su quello delle relazioni internazionali, che dovrebbero essere, invece, volte a stabilire unità e cooperazione tra i popoli.
Bruno Dorigatti, "Trentino", 24 aprile 2018
Venti che ci spingono a guardare verso un passato, che avremmo voluto non vedere mai più. Oltre alla crisi della nostra democrazia rappresentativa, rispecchiata nell'emergere crescente di populismi, abbiamo di fronte altre gravi minacce, tra cui il susseguirsi di conflitti armati e delle sofferenze conseguenti della popolazione dei rifugiati. La tensione in Medio Oriente, in particolare in Siria, ha messo in evidenza la frammentazione politica e la difficoltà dei governi ad assumere un ruolo attivo per fermare l'estendersi delle guerre. Non sono, però, pessimista riguardo al futuro dell'umanità, perché se apprendiamo la lezione che la storia ci insegna, sapremo cogliere l'allarme per tempo, dato che una situazione internazionale così conflittuale rischia di mettere in pericolo anche la nostra pace, garantita fino ad oggi. Sono passati 73 anni da quel 25 aprile del 1945, ma il valore della Resistenza è ancora di grande attualità.
A maggior ragione il ricordo della sua storia non può sbiadirsi. Non dobbiamo permettere di allontanare dalla nostra memoria la capacità straordinaria che ha l'Uomo quando rivolge i propri sforzi verso gli obiettivi del bene comune, della libertà e della pace. Attraversiamo una difficile fase della storia del nostro Paese caratterizzata da un grande spaesamento, in cui il venir meno dei punti di riferimento della vita democratica lasciano spazio al rancore contro le istituzioni e la politica. Occorre rispondere con forza a tutti coloro che puntano a rimuovere i valori della Resistenza, a cui hanno dato il loro contributo con la vita, tra i molti, anche i nostri Giannantonio Manci, Angelo Bettini e Mario Pasi. Preoccupa il fatto che negli ultimi dieci anni il numero delle democrazie sia diminuito rispetto al passato: oggi soltanto il 40 per cento della popolazione del mondo vive in regimi sicuramente democratici, mentre alcuni leader dispotici riscuotono un forte apprezzamento fra i loro concittadini. Di fronte alle difficoltà si fa strada il mito dell'uomo forte come risolutore della crisi.
E' necessario che la memoria dei valori della democrazia passi di generazione in generazione, perché la democrazia senza memoria oggi rischia di trasformarsi in popolocrazia, ovvero in crisi della democrazia rappresentativa. Nei giorni nostri sembra prendere spazio l'idea che l'importante sia vincere, non governare. Le conseguenze possono essere gravi, perché i cittadini potrebbero trasformarsi da protagonisti indispensabili della vita della democrazia, in tifosi da stadio, o al polo opposto, in disinteressati passanti. Per avviare una fase diversa è necessario che la politica ritorni nella società, con visione di futuro, fiducia e coraggio di dire i no necessari; si occupi della formazione delle classi dirigenti; costruisca comunità politiche; difenda il primato della ragione. Questo anniversario ci chiama non semplicemente a ricordare, ma ad agire attivamente nella nostra società per realizzare quegli ideali che hanno contraddistinto il movimento resistenziale e dare concretezza a quei diritti previsti dalla nostra Costituzione, in cui viene sancita anche la nostra speciale Autonomia, nata dalla lotta della Resistenza, che non sono stati del tutto realizzati: dal diritto al lavoro, al superamento degli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà e l'uguaglianza dei cittadini e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Noi siamo oggi chiamati a proseguire nell'affermazione di questi diritti nella politica e nella vita di tutti i giorni.
Buon 25 aprile!