Sette consiglieri provinciali hanno partecipato ieri al sopralluogo effettuato dalla Quarta Commissione, guidata da Giuseppe Detomas (Ual), al campo profughi per la prima accoglienza di Marco di Rovereto.
La Voce del Trentino, 23 marzo 2018
Dalla visita è emerso che il problema dei richiedenti asilo non riguarda tanto le condizioni di vita in questa struttura, ma la loro eccessiva permanenza nel campo e l’incertezza delle prospettive di lavoro, accresciuta dai tempi di attesa troppo lunghi per ottenere la risposta da cui dipende il loro futuro.
Alla visita, nata dall’esigenza condivisa dalla Commissione di verificare lo stato del campo e le condizioni di soggiorno dei profughi dopo le loro proteste a inizio gennaio, hanno partecipato oltre a Detomas (Ual) anche i consiglieri Violetta Plotegher (Pd), Pietro De Godenz (Upt), Graziano Lozzer (Patt), Massimo Fasanelli (Gruppo misto), Mattia Civico (Pd), Alessio Manica (Pd), l’assessore provinciale Luca Zeni, il dirigente del dipartimento solidarietà sociale della Provincia Silvio Fedrigotti, Tiziano Chizzola in qualità di responsabile della Croce Rossa Italiana del Trentino cui la Pat ha affidato la gestione della struttura, il sindaco di Rovereto Francesco Valduga e l’assessore alle politiche sociali del Comune Mauro Previdi.
“Abbiamo trovato un campo ben organizzato, sufficientemente pulito e ordinato, dove il disagio dei profughi ospitati non è tanto legato ai limiti di una condizione residenziale certo non ottimale, visto che la struttura dovrebbe servire solo alla prima accoglienza e a fronteggiare quindi un’emergenza temporanea, quanto alla difficoltà di rimanere qui 18 mesi in attesa della risposta alla loro domanda di asilo. Risposta che non dipende dalla Provincia ma dalla Commissione territoriale incaricata dallo Stato di vagliare le richieste e decidere sul diritto di immaginare un futuro fuori dai Paesi d’origine”. Questo in sintesi il bilancio del sopralluogo effettuato dalla Quarta Commissione del Consiglio provinciale alla struttura di prima accoglienza nel campo della Protezione civile di Marco di Rovereto, tracciato dal presidente dell’organismo Giuseppe Detomas.
A fornire ai consiglieri alcune informazioni di base sul centro di prima accoglienza di Marco sono stati il dirigente Fedrigotti e il responsabile della Cri Chizzola.
Gli inizi di questo campo risalgono al marzo 2014 per fronteggiare l’emergenza libica con l’arrivo dei primi profughi ospitati in 4 container.
Di mese in mese gli arrivi sono poi aumentati per cui sono stati allestite altre 10 casette provvisorie con 8-10 posti letto ciascuna, rivelatesi però insufficienti nel 2015. Così nel 2016 è stata occupata anche la parte alta dell’attuale superficie utilizzata dalla Protezione civile per le proprie esercitazioni.
Nel luglio 2017 il numero di profughi ospitati è salito a 240.
Nel frattempo a Trento e in altri centri del territorio sono stati messi a disposizione appartamenti e per questo sono diminuiti sensibilmente i richiedenti asilo a Marco, che oggi sono 167.
A proposito delle ragioni delle tre manifestazioni di protesta collettiva dei profughi, Fedrigotti ha sottolineato che per il problema residenziale era meno grave di quello del tempo di attesa per poter conoscere il loro futuro. “Più dei profughi siamo noi a ritenere che per loro il problema sia innanzitutto abitativo – ha segnalato il dirigente – perché per queste persone il vero nodo da sciogliere riguarda la definizione della loro situazione giuridica e l’esigenza anche questa molto forte di svolgere un’attività lavorativa con cui prepararsi a vivere quando usciranno di qui”.
Dal canto suo l’assessore Zeni ha evidenziato che la Provincia è stata insieme a quella di Bolzano l’unica realtà locale in Italia a chiedere allo Stato di gestire direttamente l’accoglienza dei profughi. “Siamo riusciti a sistemare in appartamento 1.000 degli oltre 1.600 richiedenti asilo – ha spiegato –, ma non abbiamo ancora raggiunto l’obiettivo di una loro distribuzione capillare sul territorio provinciale, importante per ridurre la tensione sociale. La sfida ora – ha concluso Zeni – è costituita soprattutto dalla terza fase, quella della cosiddetta post-accoglienza, perché i profughi iniziano a ricevere le prime risposte alla loro domanda di asilo e nasce quindi il bisogno di un lavoro, vera chiave di volta dell’integrazione”.