TRENTO Le visioni, a seconda dello schieramento politico, cambiano diametralmente. Passando da analisi preoccupate (con candidati pronti a defilarsi pur di non concorrere in zone considerate storicamente difficili) a dichiarazioni che ostentano sicurezza. Eppure nel collegio della Valsugana — sul quale in questi giorni si concentrano molte delle attenzioni dei partiti in vista delle Politiche di marzo — il quadro è molto più complesso di quanto possa far pensare un dibattito polarizzato.
M. Giovannini, "Corriere del Trentino", 20 gennaio 2018
Partiamo da un dato di fatto. Il collegio che abbraccia la vallata orientale, ma che si allunga fino alle valli di Fiemme e Fassa da una parte e di Primiero e Tesino dall’altra, ha praticamente sempre visto prevalere — alle Politiche, sia chiaro — i candidati del centrodestra. Tornando indietro con gli anni, almeno dal 1994. Con un’eccezione importante: nel 2013 a spezzare il dominio di Forza Italia e Lega nord ci ha pensato il candidato democratico Giorgio Tonini, vittorioso su Sergio Divina (poi comunque ripescato come miglior perdente). I numeri dell’ultima tornata aiutano a ricostruire il quadro: a Tonini andarono 26.855 voti, il 43,5% del totale, con Divina «fermo» al 28,5% (17.557 voti). Una sorta di «ribaltone», se si considera che nel 2008 il candidato del centrodestra Giacomo Santini si impose sul tesino Sergio Muraro per quasi tremila preferenze (finì 27.019 a 24.054). Un punto a favore che ora il centrosinistra autonomista vorrebbe trasformare in linea continua. Senza nascondere però timori e preoccupazioni. Con, dall’altra, il centrodestra pronto a rialzare la voce per riconquistare il territorio momentaneamente «smarrito».
Ma cosa rende il collegio valsuganotto così problematico per la coalizione di maggioranza provinciale? Scorrendo i dati delle ultime tornate elettorali, a saltare all’occhio sono soprattutto le percentuali che il centrodestra — in particolare Forza Italia — è riuscito a garantirsi in alcune zone del collegio. Prime fra tutti le valli di Fiemme e Fassa. Due territori legati all’imprenditoria e al turismo, che mostrano una sorta di ambivalenza: in sostanza, quando la partita elettorale è nazionale, guardano con più attenzione al centrodestra. Mentre alle Provinciali — complice anche il posto riservato ai ladini — premiano con maggiore decisione il centrosinistra autonomista.
Le cifre delle ultime Politiche, in ogni caso, sono significative. Nel 2006, con una sfida tra Giacomo Santini e Giuseppe Detomas (con il primo che si impose sul secondo per qualche centinaia di voti: 27.986 a 27.413), spiccano le percentuali ottenute dall’esponente di Forza Italia nelle valli settentrionali del Trentino orientale: 54% a Ziano di Fiemme, 50% a Panchià, 54% a Tesero, 52% a Canazei e a Campitello di Fassa. Al ladino di Pozza andò meglio a Pergine (45,57%) e a Borgo (44,9%), ma questo non lo salvò dalla sconfitta.
Due anni dopo, nel 2008, furono ancora Fiemme e Fassa a far volare il centrodestra, spalleggiate da una parte del Primiero. In questo caso a fronteggiare Giacomo Santini fu scelto Sergio Muraro. E le percentuali mostrano un divario nettissimo: Santini sbancò Mazzin di Fassa (ottenendo addirittura il 65% delle preferenze), ma anche Pozza (sfiorato il 60%), Canazei (58%), Campitello (55%). Bene Muraro nella sua terra, il Tesino, anche se il centrosinistra autonomista non passò a Pergine, con risultati altalenanti in val dei Mocheni.
E arriviamo quindi all’ultima tornata, nel 2013. Quella della svolta. Con il centrosinistra autonomista che, mettendo in campo tutti i suoi «numeri» (da Lorenzo Dellai in val di Fassa a Diego Moltrer in Alta Valsugana e val dei Mocheni), riuscì a ricucire lo strappo, conquistando punti anche nelle due valli a destra. Non una rivoluzione, beninteso: Canazei, Mazzin, Pozza e Soraga rimasero al centrodestra, ma Tonini limitò le distanze, andando sopra a Vigo di Fassa e Campitello.
Da qui si riparte. Con uno scenario, dunque, dove l’incertezza rimane ancora molto alta. Per confermare il risultato del 2013, il centrosinistra autonomista dovrà in sostanza non solo presentare un candidato credibile. Ma — come è successo quattro anni fa — muoversi unito a sostegno dell’intero schieramento. Stesso discorso, in realtà, vale anche per il centrodestra, che sulla Valsugana vuole la rivincita e si presenterà quindi più agguerrito che mai. Manca, a questo punto, solo un elemento. Cruciale: i nomi.