A distanza di qualche settimana e con la mente più sgombra, vorrei tornare sul voto con cui, durante la seduta dello scorso 15 novembre, il Consiglio regionale ha approvato una mozione contro l’introduzione a livello nazionale del cosiddetto ius soli, e contemporaneamente respinto una mozione — promossa da Pd e Verdi — che ne chiedeva invece il sostegno all’introduzione.
Alessio Manica, "Corriere del Trentino", 14 dicembre 2017
A determinare l’esito delle due votazioni il voto favorevole prima e contrario poi dell’Svp e il voto di astensione del Patt su entrambe le proposte che hanno reso vano il voto congiunto di Pd, Upt, Verdi e Ual, contrari alla prima e favorevoli invece alla seconda mozione.
L’esito della votazione e le posizioni — trasversali alla maggioranza — espresse in Aula devono essere uno spunto alla riflessione. Di fronte a una questione molto concreta e attuale come il riconoscimento del diritto di cittadinanza a chi è nato e cresciuto in Italia, hanno prevalso calcoli di opportunità elettorale e di posizionamento in vista delle prossime votazioni. In ballo però ci sono vite e destini umani, c’è il futuro di molte persone e anche quello del nostro Paese. Perché il mondo in cui viviamo e in cui vivremo è un mondo di spostamenti, di migrazioni, di comunità complesse e mutevoli. Un mondo di diversi. Non possiamo scegliere, così è e così sarà. Ciò che possiamo scegliere, invece, è tra la paura e l’accoglienza, tra l’odio e l’integrazione, tra il rifiuto che provoca insicurezza e la costruzione di una società aperta e multiculturale. Come possiamo pensare di integrare queste persone nelle nostre comunità — e al nostro sistema di valori — se continuiamo a negare anche a chi è nato in Italia e ha studiato nelle nostre scuole il diritto di farne parte da cittadino e non da straniero? Possiamo continuare a far prevalere quegli atteggiamenti che sembrano proteggerci, costruendo muri, schierando eserciti o alzando barriere giuridiche e relazionali. Oppure possiamo cercare di sviluppare un modello che partendo dall’inclusione sappia dare a noi la sicurezza che cerchiamo e agli altri la dignità che meritano.
La politica può dare due risposte: mostrare un futuro come luogo delle paure o costruirne uno come luogo della speranza. Io non ho dubbi su quale deve essere la strada da prendere: la paura genera paura, l’odio genera odio, paura e odio generano insicurezza. Solo un percorso di integrazione può scongiurare questa deriva e il diffondersi di fenomeni violenti. Nell’Aula della Regione ho visto prevalere il sentimento di chi fomenta e genera paura per averne un vantaggio elettorale; ho visto prevalere l’idea di una piccola patria chiusa su stessa invece che quella di una Regione Autonoma aperta al mondo, agli altri e al futuro. Non è il modo di porsi nei confronti dei fenomeni giganteschi ed ineludibili che siamo chiamati ad affrontare, soprattutto di quelli che, come questo, incidono in maniera così dirompente sulla vita delle persone e chiamano in causa i valori più profondi del nostro essere comunità.
Essere di sinistra, e anche di centrosinistra, per me significa agire per cercare ostinatamente di costruire un futuro di uguaglianza e speranza per tutti. A fomentare odio e paure, a proporre ricette populiste e xenofobe, ci pensano già molti — troppi — soggetti politici, a cui di certo non serve anche l’aiuto di chi fa parte della coalizione di centrosinistra autonomista e che ha lavorato in questi anni per costruire un territorio che ha fatto della coesione e dell’inclusione sociale uno dei suoi più solidi pilastri.