«La mobilità è la mutazione genetica delle imprese nella globalizzazione»

È «un’economia in viaggio» quella tratteggiata ieri durante il dibattito sull’attrattività dei territori tra l’editorialista del Corriere della Sera Dario Di Vico, l’ex ministra dello Sviluppo Economico, nonché vicepresidente esecutiva di Ducati Energia Federica Guidi, il presidente dell’Agenzia del Lavoro Riccardo Salomone e il vicepresidente della Provincia Alessandro Olivi.
M. Dei Cas, "Corriere del Trentino", 28 ottobre 2017

 

«La mobilità è parte della mutazione genetica che le imprese di oggi devono affrontare per sopravvivere alla globalizzazione» spiega Guidi. All’ex ministra però la parola «delocalizzazione» non piace. «Chiamiamola piuttosto multi-localizzazione — dice — o capacità di convertire produzioni a basso valore aggiunto in eccellenze innovative. È evidente che il costo del lavoro è più basso in Vietnam che in Italia, ma anche che qui c’è un tessuto di subfornitura che là manca».

Distretti e specializzazioni dunque sono la chiave per «costruire ecosistemi territoriali virtuosi, in cui la piccola dimensione non è un limite» conviene Olivi. «Ma senza ripetizioni e autoreferenzialità» ammonisce Di Vico, secondo cui i territori del Nord Italia tenderebbero a «voler primeggiare in tutto, piuttosto che mettersi in rete e condividere le proprie eccellenze, costruendo così lungo l’asse dell’autostrada A4 un modello macroregionale competitivo in Europa e nel mondo».

Non è d’accordo Salomone, secondo cui tale ipotesi «acuisce le disuguaglianze tra centro e periferie, perché sono le amministrazioni locali quelle più vicine ai problemi concreti dei territori e dunque le più titolate a risolverli, trovando politiche che medino tra i bisogni delle imprese e la necessità di rilanciare l’occupazione».

«Sicuramente — continua Salomone — la capacità del governo locale di ridurre i tempi decisionali e gestionali attrae nuove imprese sul territorio e dunque genera nuova occupazione».

«Esatto — concorda la Guidi — questa, e non la presenza di ingenti contributi pubblici, è stata la ragione per cui, già nel 2006, abbiamo aperto un centro di ricerca in Trentino, presso il Polo della Meccatronica a Rovereto». «I finanziamenti sono importanti — sostiene — ma la condivisione con l’amministrazione territoriale di una mission di medio periodo e la comune volontà di inserire un’impresa all’interno di un ecosistema produttivo più ampio che si relazioni con il mondo della ricerca, della formazione e dell’università sono fondamentali per orientare la scelta dei gruppi industriali di espandersi in un luogo piuttosto che in un altro».

«Qui ci siamo sentiti supportati — spiega Guidi — e il fatto che in dieci anni di presenza a Rovereto abbiamo brevettato ben otto sistemi di segnalamento ferroviario e sicurezza aeronautica ne è la prova». «Un po’ sarà anche merito dell’autonomia» si mormora in sala, ma l’ex ministra smentisce: «Ci siamo insediati in Trentino dopo soli sei mesi dall’inizio dei negoziati. In un’altra regione a statuto speciale abbiamo trattato per due anni senza mai venirne a capo, pertanto non si tratta di dare più o meno poteri al governo locale, ma di capire se ha la lungimiranza per canalizzarli in obiettivi di sviluppo chiari e specifici: il Trentino ce l’ha, l’altra regione di cui non voglio fare il nome no».