Un hub per far fare un salto di qualità alla ricerca made in Trentino. Per avere un miglior coordinamento tra operatori ed enti. E, soprattutto, per ottenere ricadute certe sul territorio, più di quanto avviene ora. Il Trentino ci investe il 2% del Pil, se si sommano spesa pubblica e privata in ricerca e sviluppo (R&S), meglio del dato nazionale. Ed è al vertice quanto a capacità di attrarre fondi comunitari. Ma non basta.
D. Sartori, "L'Adige", 15 luglio 2015
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Tanto più se le politiche per la ricerca, l'innovazione e l'alta formazione sono ritenute prioritarie per lo sviluppo territoriale. È l'impostazione del nuovo Programma pluriennale della ricerca (Ppr) per questa legislatura, che l'assessore Sara Ferrari sta presentando in questi giorni alla quinta commissione del Consiglio provinciale e che lunedì porterà in Giunta per l'approvazione.
I limiti del sistema trentino.
A evidenziare i limiti della ricerca in Trentino era stato, lo scorso anno, il rapporto finale di valutazione che aveva messo in evidenza alcune criticità: la necessità di una maggior selezione nella allocazione delle risorse e di un maggior coordinamento tra tutti i soggetti coinvolti («È ancora debole e volontaria una programmazione delle risorse capace di tradursi in un vero impegno di sistema»); la mancanza di una cabina di regia, di una governance , che favorisca i processi aggregativi.
La creazione di un hub.
Lo strumento principe che dovrà in futuro garantire maggior raccordo tra gli enti di ricerca, anche per la caccia ai finanziamenti, e assicurare ricadute del sistema della ricerca sul territorio, l'economia e la società trentini sarà un hub, un centro-consorzio formato da Università di Trento, le due Fondazioni (Kessler e Mach) e Trentino Sviluppo spa, la holding di partecipazioni della Provincia. Sarà in questo hub, la cui governance (come spiega Sara Ferrari a fianco) è ancora da definire, ma che potrebbe essere operativo dal prossimo autunno, che confluirà ciò che resta di Trento Rise, messa in liquidazione.
Aree prioritarie di intervento.
Il Ppr individua sette aree di investimento nella ricerca per questa legislatura: agrifood, sicurezza alimentare e agricoltura; ambiente e clima, energie e fonti rinnovabili; fabbrica intelligente (meccatronica); salute (invecchiamento attivo e in salute, benessere e sport, neuroscienze, tecnologie per gli ambienti di vita); scienze umane e sociali; smart cities & communities (trasporti intelligenti, e-governance); turismo e patrimonio culturale (artistico e naturalistico). Sette aree che si interfacciano in modo trasversale con alcuni domini scientifico-tecnologici: nanotecnologie e nanoscienze, micro-nano elettronica, materiali avanzati, fotonica, biotecnologie e genomica e con il mondo Ict (tecnologie dell'informazione e della comunicazione).
Le risorse a disposizione.
Per il periodo 2015-2018, sono stanziati circa 850 milioni di euro. Per stimolare collaborazioni pubblico-private e le interconnessioni interregionali, nazionali ed europee ci sono 53 milioni (comprensive delle ricerca industriale). Altri 32,6 milioni (sui fondi Fesr infrastrutture di ricerca) sono destinati alle strategie di trasferimento dei risultati della ricerca al contesto produttivo, anche attraverso la costituzione di poli di specializzazione.