Scrivo queste righe nelle ore in cui il Presidente Monti si trova davanti al Parlamento per ottenere la fiducia per il proprio Governo. Anche se nei giorni scorsi le dichiarazioni delle principali forze politiche del Paese hanno delineato una maggioranza ampia a sostegno del nuovo Governo, mi pare che nel Paese si respiri un clima di attesa, direi quasi di sospensione.
Alberto Pacher, "L'Adige", 19 novembre 2011
Ho la sensazione che in larga parte della politica nazionale e nella pubblica opinione vi sia la sensazione, se non la consapevolezza, che questo passaggio - oltre a essere di vitale importanza per la tenuta delle chances del nostro Paese di fare fronte alla crisi economica e agli attacchi della speculazione finanziaria - possa rappresentare un vero passaggio di fase.
Certo, la caduta del governo Berlusconi e, ancor più, la crisi del «modello» Berlusconi, rappresentano di per sé la fine di una fase politica che ha contribuito allo spaesamento, alla frammentazione, ed alla crisi di senso civile e politica. Il modello politico, civile e culturale che si è diffuso in questi anni, e che Berlusconi ha interpretato in maniera impareggiabile, è stato la sintesi e la rappresentazione a tinte forti delle parti peggiori di noi, del nostro costume, delle nostre fragilità. E dunque, la fine di un lungo periodo con queste caratteristiche può davvero rappresentare l'inizio di un cammino, che sarà lungo e faticoso, in cui il nostro Paese, noi tutti, potremo ricostruire un sistema di valori e di comportamenti in cui si specchino le parti migliori di noi, che sono tante. L'incarico a Monti rappresenta - al di la delle alte qualità tecniche e dell'elevato livello di credibilità del presidente e del suo Esecutivo - un elemento di attenuazione e di sollievo nei confronti di una situazione politica diventata ormai insostenibile.
Mi verrebbe da dire, una specie di farmaco antinfiammatorio, destinato - ne sono certo - a decongestionare il Paese e, speriamolo, il pensiero politico. Monti è la persona che più di ogni altro ha le capacità per svolgere questo ruolo, e la composizione del nuovo Governo ne è la prima dimostrazione. Dunque è stata la scelta migliore, la più adeguata per questo tormentato Paese, non a caso voluta e realizzata con determinazione dal nostro Presidente Napolitano a cui credo noi tutti dobbiamo profonda gratitudine. Tra l'altro mi sembra che la scelta di un governo composto solo da tecnici sia assolutamente emblematica della particolarità della situazione italiana. Penso che sia una stupidaggine la tesi, cara a qualche forza politica, secondo cui questa scelta rappresenterebbe una sospensione della democrazia. Tutto ciò che sta nell'alveo della Costituzione sta nell'alveo della democrazia, di cui la nostra Carta è espressione e garanzia.
Certo è, però, che questa scelta è espressione di una profonda patologia della politica italiana la quale si è trovata nella condizione di dover prendere atto della propria incapacità ad affrontare - diciamo così, con le proprie forze - questa situazione di crisi economica, finanziaria e, appunto, politica. Non è successo così in Grecia, non accadrà in Inghilterra ne in Spagna né, con ogni probabilità, in alcun altro paese europeo. Una anomalia, appunto, così come anomala è stata la politica italiana in questa Seconda Repubblica. Ebbene io credo che questo apra davanti alla politica nazionale scenari e sfide assai impegnative. I prossimi mesi saranno decisivi per ridurre quella frattura in cui è precipitata la credibilità della nostra politica nazionale. Gli italiani avranno per alcuni mesi la possibilità di avere un Governo i cui componenti sono seri, competenti, onesti, credibili. Che non si mandano a quel paese l'uno con l'altro, misurati nei comportamenti e, ne sono certo, nella vita privata.
Un Presidente del Consiglio ed un Governo cui, finalmente, guardare con fiducia e magari anche con orgoglio; cosa questa che in altri paesi europei è, talvolta, normale. E allora alla fine di questi mesi molti italiani, ne sono certo, si chiederanno «ma siamo proprio sicuri di dover tornare a quelli di prima, alla politica sbracata in cui si grida per non fare sentire il silenzio del vuoto di idee e di valori?». Starà alla politica nazionale dover dare a questa domanda la sola risposta possibile in un Paese civile, cioè quella di una profonda assunzione di responsabilità della politica e di una sua capacità di autorigenerarsi. Ma forse i prossimi mesi potranno anche innescare un processo di cambiamento nella fisionomia degli attuali assetti politici.
Credo vi sia una qualche probabilità che l'esperienza del Governo Monti possa anche innescare un riassetto politico profondo, di cui forse abbiamo già visto qualche segnale. Il confuso abbandono della Lega di quel ruolo di responsabilità nazionale che aveva dovuto assumere - pur con mille contraddizioni - essendo parte del Governo, e il suo rintanarsi nei terreni e nei feticci ormai esausti delle origini rappresenta certamente l'inizio della parte discendente della sua parabola politica. Credo che lo stesso Pdl arriverà profondamente diverso alle elezioni del 2013, probabilmente priva di quella componente più ruspante che ne ha innervato la struttura e l'immagine in questi anni. Per molti dei suoi protagonisti sarà molto difficile pensare se stessi in un contesto diverso e, per cosiddire, normale. Credo assisteremo al formarsi di un polo di opposizione di destra composto dalla Lega e dagli irriducibili della cultura politica «a la Berlusconi».
È probabile che le misure di politica economica che il Governo Monti dovrà assumere, inevitabilmente difficili e poco popolari, inneschino la formazione di un altro polo di opposizione di sinistra a cui potranno fare riferimento anche esponenti ed elettori dell'attuale centrosinistra. Insomma, la stagione dell'impegno nazionale - secondo la definizione di Monti - potrà portare con se anche l'innesco di un ridisegno della geografia politica del Paese capace di porre al voto degli italiani una proposta politica organizzata in maniera differente rispetto a oggi, magari attorno a un bipolarismo equilibrato così come ipotizzato negli scenari politici da cui ha tratto origine l'idea e la proposta politica del Pd. D'altra parte questa fase porterà tutte le forze politiche responsabili a dover fare i conti con la necessità di adeguare il proprio pensiero politico e la propria fisionomia a un quadro sociale, culturale ed economico soggetto a trasformazioni sempre più rapide e profonde e difficilmente contenibili in un pensiero unico.
Pensate, alcuni tra i 10 lavori più richiesti a livello globale nel 2011, nel 2004 non esistevano neppure. Insomma, per la politica si apre una grande sfida a cui non sarà possibile rispondere con gli schemi di pensiero e organizzativi usati sino a ora. Se questa sfida verrà affrontata con coraggio potrà riportare la politica a quel ruolo di responsabilità e di credibilità oggi sepolto sotto le macerie di una stagione terribile. L'Italia ha bisogno di una buona politica per diventare una Italia migliore.