Disturbi d'apprendimento, ora una legge c'è

Leggere, scrivere, far di conto. Erano questi, una volta, gli obiettivi della scuola, almeno di quella elementare. Oggi la scuola svolge moltissime altre attività e funzioni ma le tre fondamentali competenze rimangono un punto irrinunciabile per formare bambini e ragazzi alla vita adulta.
Mattia Civico, "Trentino", 21 ottobre 2011

Per questo, chi si trova in una situazione di svantaggio  proprio su questi elementi fondamentali per ogni tipo di conoscenza, deve essere per quanto possibile aiutato. Con questo spirito il Consiglio Provinciale, in questa ultima tornata, ha approvato il disegno di legge “Interventi a favore dei soggetti con disturbi specifici di apprendimento (DSA)”, frutto dell’unificazione di quattro distinte proposte (presentate dai consiglieri Civico, Leonardi, Giovanazzi e Lunelli).

In termini assoluti in Trentino gli studenti con certificazione D.S.A. iscritti nell’anno scolastico 2011/2012 tra scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado e formazione professionale sono 1.150. Un dato che certamente non può essere trascurato, in quanto non solo è indice della ampiezza del problema che coinvolge molti ragazzi e i relativi nuclei familiari, ma investe pure l’intero sistema scolastico. Tali disturbi (forse quello più noto è la dislessia) determinano difficoltà nell’apprendimento nell’apprendimento di quelle alcune abilità specifiche che, alla lunga, non permettono una completa autosufficienza nello studio e nella formazione, generando lacune spesso ardue da colmare, insieme a frustrazioni che potrebbero e dovrebbero essere risparmiate. Per capire meglio, vorrei soffermarmi brevemente su queste tre parole:“disturbo”,
“specifico” e “apprendimento”. Innanzitutto ci troviamo di fronte a un disturbo: non una disabilità, non un deficit intellettivo, una menomazione, un danno fisiologico. Un disturbo che può essere compensato e quindi superato. Questa prima considerazione è dirimente, perché porta con sé alcune conseguenze anche sul piano amministrativo e di organizzazione della didattica. Il sostegno di cui necessita un bambino con DSA si affida alle competenze dell’insegnante titolare, su strategie didattiche e strumenti che possono integrare la distanza generata da tale difficoltà.

È un disturbo “specifico”, perché interessa uno specifico dominio di abilità in maniera significativa, ma circoscritta, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale. In questo senso il criterio principale necessario per stabilire la diagnosi di DSA è quello della discrepanza tra abilità nel dominio specifico interessato e l’intelligenza in generale.

Infine la terza parola: “di Apprendimento”. Cioè di quella abilità che consiste nell’acquisizione o nella modifica di nuova o già esistente conoscenza, comportamenti, competenze, valori o preferenze e può riguardare la sintesi di diversi tipi di informazione. L’apprendimento è la porta principale per la conoscenza, per la cultura, per la generale visione della realtà: per tutte quelle cose che fanno dell’esperienza un patrimonio duraturo nel tempo e che permette di confrontare il mondo interiore con quello esteriore. Come legislatori e amministratori abbiamo il dovere di offrire tutti gli strumenti possibili affinché a nessuno sia preclusa la possibilità di imparare e ad ognuno sia data la possibilità di coltivare i talenti valorizzando le proprie risorse. Una maggiore sensibilità sulle problematiche legate ai disturbi specifici di apprendimento, finalizzata anche alla individuazione più attenta delle potenzialità dei giovani studenti, appare dunque come una necessità ineludibile.

È però doveroso affrontare questo tema con equilibrio e determinazione. Prima sosteniamo l’apprendimento di questi bambini, prima li mettiamo in un contatto pieno e soddisfacente con il sapere, con la possibilità di imparare, di rapportarsi alla scuola e ai propri compagni in maniera aperta, positiva e non conflittuale: non c’è nessun
motivo perché un bambino debba sentirsi meno adeguato, meno capace, meno dotato di un altro solo in quanto portatore di DSA. Il riconoscimento precoce dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento è infatti un elemento fondamentale per evitare che si prolunghi inutilmente il tempo dell’incomprensione, dell’insoddisfazione e della percezione di una limitata capacità per invece vivere con serenità e piacere, al pari dei propri coetanei, il tempo della scuola. Tale riconoscimento richiede una formazione specifica per gli insegnanti e gli operatori sociosanitari, affiancata ad una conoscenza diffusa, in particolare presso i genitori degli alunni e degli studenti.

E su questo punto è bene essere molto chiari perché, quando si parla di diagnosi, c’è qualcuno che strumentalmente agita lo spettro della medicalizzazione: promuovere la diagnosi precoce di DSA porterebbe alla somministrazione di psicofarmaci ai bambini (“non vogliamo che la scuola diventi una succursale delle case farmaceutiche…”, scrivono) . Ma questa è ovviamente una evidente e macoscropica falsità: basti dire che non esistono psicofarmaci che curano la dislessia o la discalculia…non ci sono gocce da prendere per chi ha disturbi nell’apprendimento.

Come ha ben compreso il Consiglio Provinciale approvando il disegno di legge, la diagnosi precoce comporta semplicemente la possibilità di dare strumenti agli insegnanti  per cogliere i primi segnali ed effettuare gli opportuni interventi. I DSA possono essere affrontati mettendo in atto aiuti specifici, tecniche di riabilitazione e di compenso, con modifiche personalizzate della didattica come ad esempio la concessione di tempi più lunghi per lo svolgimento dei compiti, l’uso della calcolatrice o del computer.

Con questo intervento normativo ci si impegna dunque a promuovere iniziative formative per i docenti, gli operatori dei servizi e i genitori e interventi specifici per far emergere e riconoscere il più precocemente possibile i casi che richiedono interventi mirati.

Probabilmente sembrano piccole cose ma per quanti sono coinvolti possono davvero cambiare la vita. E forse la buona politica riparte da qui, dai veri bisogni che interessano i cittadini e non da grandi proclami che alla fine si traducono in una incapacità di cogliere le difficoltà e di agire di conseguenza.