Costi della politica? Quando e’ inefficace e distante

La manovra finanziaria ha riproposto il tema dei costi della politica: l’immagine di un parlamento non di eletti ma di nominati (questo di fatto produce la attuale legge elettorale) che chiede sacrifici ma non e’ disponibile a dare il buon esempio e’ oggettivamente fastidiosa e irritante. La percezione poi che la principale occupazione di troppi parlamentari sia orientata a salvare i “perseguitati” dalla giustizia aggiunge ulteriore disgusto.
Mattia Civico, "Trentino", 21 luglio 2011

Il direttore Alberto Faustini propone dunque di dare un segnale a livello locale.

Concordo sulla necessità di sintonizzare il “Palazzo” con il Paese reale e quindi con le difficoltà che ci sono in questo tempo di crisi. Ora più che mai ognuno deve fare la propria parte. Spendendo di meno, ma anche impegnandosi per esprimere una politica migliore. La politica oggi costa troppo anche in ragione del fatto che i suoi costi non sempre sono legati all’incremento di democrazia e di qualità della vita per i cittadini. 

A partire dal vitalizio: la garanzia di una rendita a vita destinata a chi ha fatto politica. Cosa produce questo costo in termini di “bene  comune”? Nulla! E’ un privilegio che pesa sui bilanci delle amministrazioni pubbliche in maniera considerevole e pesa soprattutto in ragione del fatto che appare profondamente ingiusto ed immotivato.

In Trentino Alto Adige, nella scorsa legislatura, i vitalizi sono stati aboliti. È bene ribadirlo perché spesso nel dibattito pubblico si fa riferimento all’esempio virtuoso dell’Emilia Romagna (che però li abolirà dalla prossima legislatura) e non si cita quella che ad oggi è di fatto l’unica Regione ad aver già operato concretamente questo taglio. Su questo fronte possiamo ben dire di aver dato un segnale importante.

Inoltre sono state adottate altre due misure che penso siano virtuose. Innanzitutto lo svincolo delle indennità di consigliere regionale da quelle di deputato, eliminando quindi il meccanismo degli aumenti automatici. E in secondo luogo, ad inizio legislatura in corso, è stato deliberato il blocco dell’aumento ISTAT fino al raggiungimento del 7,5%.

Queste tre misure complessivamente portano alla nostra Regione un risparmio di circa 16 milioni di euro ad ogni legislatura. Non e’ poco, pero’ non e’ sufficiente. 

E’ del tutto evidente che il taglio dei costi della politica non si può fermare alla limitazione  delle indennità degli amministratori pubblici. I costi della politica possono essere anche altri: penso alle molteplici nomine ed incarichi in società partecipate e controllate, alle molte consulenze. In questo campo, lo abbiamo ribadito anche in sede di discussione della legge finanziaria scorsa, andrebbero razionalizzati gli enti e le società partecipate, riformulando le missioni e valutando anche in questo caso l’efficacia stessa di tali organismi. 

Inoltre vanno garantite modalità di selezione della classe dirigente che mettano al centro sempre trasparenza e competenza.  In questa direzione si muove la legge sulle nomine approvata lo scorso anno su proposta del PD: il meccanismo va certamente ancora sperimentato ed affinato, ma credo sia necessario proseguire su questa strada, adottando modalità orientate ad individuare le migliori competenze, aprendo a tutti la possibilità di segnalare la propria disponibilità, come avviene nelle amministrazioni europee più virtuose.

Ma, sono convinto, il costo più alto che i cittadini pagano è quello della inefficienza e inefficacia dell’azione politica.

Dovremmo davvero avviare una riflessione su cosa oggi è in grado di produrre la politica in termini di benessere delle nostre comunità. E quindi riattivare un meccanismo di controllo e valutazione dell’azione degli amministratori.

Dobbiamo soprattutto rendere più trasparente e quindi valutabile l’azione dei singoli amministratori, mettendo nelle condizioni i cittadini di giudicare l’efficacia dell’impegno della classe politica. È dovere di ogni eletto rendere conto puntualmente circa la propria attività: presenze ed assenze nelle assemblee elettive, numero e qualità degli atti politici prodotti, impatto della propria azione in termini di benessere per la propria comunità.

Non è semplice individuare gli indicatori concreti per quella che in molti considerano una attività intelletuale, ma credo che lo sforzo vada fatto. E’ in gioco la credibilità stessa della politica. Dobbiamo chiedere a chiunque fa politica (e il Pd lo dovrebbe fare innanzitutto a partire dai propri amministratori ) ciò che l’anno scorso con sintesi efficace Bersani chiedeva a Berlusconi: “Fammi il riassunto!”

Il riassunto, la sintesi, il concentrato di ciò che facciamo. Concretamente. Al di là delle molte parole, delle opinioni espresse, degli auspici, chi fa politica oggi deve poter avere risposte convincenti a questa domanda: cosa ha prodotto il tuo impegno? 

Il costo più alto infatti si produce quando viene disatteso il senso più profondo del mandato politico, quando si rinuncia ad esercitare pienamente, concretamente e con impegno la propria funzione di controllo, di stimolo e di promozione di condizioni più eque per tutti. Quando cioè viene tradito lo spirito dell’articolo 54 della Costituzione: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore….”

Questo costo è quello a mio avviso più inaccettabile e produce i danni più profondi e permanenti: induce il cittadino a considerare la politica una attività inutile e distante dalla vita reale, invece che un servizio per il bene comune a cui tutti siamo chiamati.