L'inedito documento americano, nel quale viene ammessa la responsabilità dei piloti dell'aereo militare che nel 1998 tranciò il cavo della funivia del Cermis, apre il dibattito politico sul trattato che regola i rapporti di natura militare fra Italia e Usa. Olivieri: "«A termine delle indagini la Commissione affermò la necessità di una richiesta da parte dell'Italia ai Paesi Nato di modificare il patto di Londra. Poi non si fece nulla, perché come noto gli italiani hanno un atteggiamento sufficientemente subordinato agli Stati Uniti».A. Bergamo, "L'Adige", 15 luglio 2011
In particolare, l'assessore provinciale Mauro Gilmozzi - sindaco di Cavalese all'epoca della tragedia - chiede di rivedere la convenzione di Londra del 1951, secondo la quale i militari Nato rispondono alla giurisdizione del Paese d'origine e non di quello ospitante, nel caso in cui vengano commessi atti di valenza penale in territorio straniero. «Non mi risulta che in questi tredici anni sia stata attuata qualche modifica a questo trattato internazionale, nonostante nel frattempo siano cambiati radicalmente gli scenari politici mondiali» commenta Gilmozzi, secondo il quale «C'è la necessità di introdurre maggiori tutele per i cittadini che convivono con basi militari in casa». Dello stesso parere l'ex deputato Luigi Olivieri , vicepresidente della Commissione di inchiesta che nel 1999 venne ricevuta al Pentagono per quattro giorni. Lì ebbe modo di incontrare i responsabili del corpo dei Marines, che ci misero a conoscenza di una loro Commissione disciplinare interna: «Chiedemmo che gli atti di approfondimento ci venissero consegnati», ma fra questi mancava la relazione finale che è stata pubblicata l'altro giorno dal quotidiano La Stampa , nel quale viene accertata la responsabilità del pilota Richard Ashby e del navigatore Joseph Schweitzer, che vennero però assolti dall'accusa di omicidio colposo dal tribunale della North Carolina. «A termine delle indagini, un anno e mezzo dopo l'incidente, la Commissione affermò la necessità di una richiesta da parte dell'Italia ai Paesi Nato di modificare il patto di Londra. Poi non si fece nulla, perché come noto gli italiani hanno un atteggiamento sufficientemente subordinato agli Stati Uniti». Dopo la pubblicazione del documento, l'auspicio è che si torni a discutere di questa possibilità: «Sarebbe più che doveroso - conclude Olivieri - Da parte dei parlamentari, soprattutto da quelli trentini, mi aspetto un'azione di responsabilità e un'iniziativa legislativa al fine di impegnare il governo ad affrontare il problema, anche in memoria delle 20 vittime». Anche Marco Boato fu membro della Commissione parlamentare: «Il governo americano preferì bilanciare l'impunità dei due responsabili con risarcimenti molto ricchi alle vittime. È scandaloso che la verità della parte americana emerga a 13 anni dalla tragedia». L'esponente dei Verdi ricorda la difficile mediazione per svolgere il processo contro i responsabili dell'incidente in Italia: «Non ci fu nulla da fare», ed invita a non farsi troppe illusioni sulla possibilità di modificare l'accordo di Londra. «Un cambiamento della norma internazionale sarebbe davvero giusto, ma mantenerla fa comodo a tutti gli Stati Nato. Ricordo ad esempio che anche il nostro Paese si appellò a quel patto in occasione della strage di Ramstein, in Germania, nel 1988». Carlo Andreotti , che nel 1998 era presidente della Provincia, giudica «oggettivamente impossibile la modifica della convenzione stipulata nel secondo dopoguerra fra i membri della Nato».
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