Arriva una nuova rivoluzione direttamente dall'America? Forse non è il caso di usare toni troppo enfatici, ma sicuramente gli spunti raccolti sulla rivista statunitense The Nation per una riforma radicale del sistema capitalistico avrebbero meritato più attenzione, nel nostro Paese e qui in Trentino.Bruno Dorigatti, "Corriere del Trentino", 3 luglio 2011
Questa ampia consultazione tra studiosi, imprenditori, ricercatori, si è conclusa con l'elaborazione di 16 proposte per riformare un modello economico che, alla luce della crisi che ha investito tutti i paesi sviluppati, ha mostrato i suoi difetti strutturali. 16 idee per rifondare, reinventare, ripensare il capitalismo: un filo le unisce, e passa attraverso le riflessioni sulla democrazia, la giustizia sociale, la sostenibilità ambientale ma toccando, come è ovvio, anche i temi della crescita, dello sviluppo, della libertà economica. L'idea di fondo è che un sistema economico fallisce se non riesce a garantire il benessere di tutti, se approfondisce le disuguaglianze invece di limitarle, se distribuisce le opportunità secondo criteri non meritocratici, se aggredisce l'ambiente naturale e ne ipoteca la riproducibilità. E' abbastanza chiaro, in quest'ottica, che il modello capitalistico come si è sviluppato negli ultimi decenni ha clamorosamente fallito: la bocciatura è netta, su tutti i fronti.E se quindi non occorre un grosso sforzo di immaginazione per sancirne l'esaurimento, molto più difficile è ora immaginare una strada diversa da percorrere: chi ha contribuito alla proposta di The Nation ci ha provato, mettendo sul piatto idee concrete, immediatamente realizzabili, dimostrando che le riforme non possono essere solo oggetto della retorica politica, ma l'obiettivo dell'azione di governo. Aumento delle imprese con finalità sociali diverse dal profitto, controllori indipendenti nei consigli di amministrazione, riduzione dell'appropriazione privata delle scoperte scientifiche e tecnologiche, adeguamento delle retribuzioni dei manager alla salute aziendale, incoraggiamento della pratica dei proprietari-dipendenti: sono solo alcuni dei temi che intellettuali e uomini di impresa hanno messo al servizio del dibattito pubblico. Io credo possano essere utili anche nel nostro Trentino, per affrontare in modo creativo la sfida più grossa che abbiamo di fronte: il superamento definitivo della crisi economica, lasciandoci alle spalle i fattori che hanno storicamente ostacolato lo sviluppo e promuovendo politiche virtuose di crescita. Non ci possiamo certo limitare a queste 16 proposte, è chiaro: ma è il metodo che mi sembra particolarmente valido, ovvero l'idea che si possa contribuire dal basso, con una riflessione ampia e libera da condizionamenti, alla progettazione degli scenari futuri della nostra provincia. Chi si vuole prendere questo onore? Le istituzioni vanno incalzate e continuamente pungolate: per quanto dinamiche, per quanto attente e innovatrici, senza il contributo intellettuale di tutti i soggetti sociali, esse si limiteranno alla gestione dell'esistente. Chi vuole cominciare, in Trentino, anche solo imitando la proposta di The Nation?Non voglio dire, ovviamente, che nella nostra realtà manchino idee e proposte valide. Sono tanti gli spunti di altissimo valore, ad esempio, che sono emersi nel corso della presentazione del volume della Trento School of Management "Quarant'anni di autonomia": contributi di grande qualità, analisi lungimiranti, osservazioni di alto respiro su molti aspetti della costruzione dell'Autonomia. Anche sul fronte delle parti sociali non manca certo progettualità: il sindacato trentino è da tempo impegnato a cercare accordi per la qualificazione del lavoro e la valorizzazione del capitale umano, e anche il discorso di insediamento del nuovo presidente di Confindustria, Paolo Mazzalai, conteneva proposte tutt'altro che scontate sul piano della green economy, dell'occupazione giovanile, del raccordo tra mondo del lavoro e università. Difficile però è dipingere un quadro d'insieme, che superi gli interessi particolari e dia alle singole proposte una loro organicità: chiamiamoli tavoli o come preferiamo, ciò che mi piacerebbe immaginare sono luoghi di confronto che non diventino sommatoria di particolarità e corporativismi, ma arene pubbliche di progettazione e condivisione di idee.
Siamo una piccola provincia, un piccolo territorio alpino incardinato pienamente nelle complessità della politica e dell'economia mondiale. Il campo di gioco non lo decidiamo noi, è dato: e se è vero che l'unica difesa contro il mondo è conoscerlo bene, alla base di ogni processo di internazionalizzazione ci deve essere un sistema culturale solido, nel quale si riesca a superare- come ha ricordato Giovanni Pascuzzi nel suo editoriale di mercoledì- la sterile distinzione tra saperi tecnici e saperi umanistici. E bene ha fatto il presidente della Giunta provinciale a rilanciare la sfida dell'alta formazione e della ricerca, proponendo un equivalente di Trento Rise sul versante umanistico: non è un vezzo di pochi, ma una necessità per un modello di sviluppo innovativo, che guardi lontano. La navigazione in queste acque non è affatto semplice, ed è importante essere in molti a tracciare la rotta.
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