L'intervento dell'On. Laura Froner in Aula sul decreto sviluppo

"Signor Presidente, molte cose sono già state dette dai miei colleghi negli interventi che mi hanno preceduto, quindi mi soffermerò solo su alcuni articoli in particolare, però anch'io prima di tutto volevo iniziare con alcune considerazioni di carattere generale."
Roma, 15 giugno 2011

Abbiamo sentito ripetere spesso in questi interventi dei colleghi del Partito Democratico che il provvedimento in esame si fregia della denominazione di decreto sviluppo, ma è ben lontano da perseguire questo obiettivo, appunto per tutti i vari motivi che sono già stati ben esposti.

Siamo di fronte ad uno dei numerosi inadeguati provvedimenti adottati da questo Governo negli ultimi anni in materia economica, che si propone di fare delle riforme «a costo zero», che non dà assolutamente alcuna indicazione chiara che vada nella direzione di stimolare la crescita del Paese.

Sappiamo che il nostro Paese è cresciuto poco nel 2010, sia rispetto agli altri grandi Paesi europei sia rispetto al nostro standard di qualche anno fa e purtroppo la bassa crescita del 2010 non è stata un fenomeno congiunturale. Il PIL del nostro Paese cresce poco, il boom dell'export non crea abbastanza fatturato per le piccole imprese terziste, che oggi sono meno competitive di un tempo. Inoltre, con un mercato del lavoro depresso e dualistico, in cui chi ha il lavoro se lo chiede ben stretto e gli altri hanno grosse difficoltà ad entrare, la dinamica dei consumi diventa sempre più fiacca.
Ecco, quindi, che sarebbe stato importante, per avere un 2011 migliore del 2010, che la crescita fosse diventata un fenomeno più diffuso e non più un fenomeno per pochi, e che il Governo si fosse impegnato in questo senso, facendo in modo di favorire non solo la crescita delle piccole imprese, ma anche l'ingresso dei tanti giovani lavoratori che, purtroppo, sono rimasti fuori dal mercato, in questi ultimi anni in modo particolare.
Ma i dati definitivi sui conti nazionali del primo trimestre 2011 danno, in realtà, un quadro ancora piatto dell'economia italiana. Il PIL - lo abbiamo già sentito - si è fermato a più 0,1 per cento rispetto al quarto trimestre del 2010; e se guardiamo ai dati ufficiali sulle componenti della domanda, abbiamo ancora altri importanti dettagli da prendere in considerazione.

I consumi delle famiglie hanno fatto registrare un più 0,2 per cento, gli investimenti un più 0,1 per cento e la spesa pubblica un più 0,5 per cento.
È pur vero che il nostro Paese è un'economia pienamente inserita nel contesto globale: nel primo trimestre 2011 la domanda interna, che raggruppa i consumi, gli investimenti e la spesa pubblica, pari a circa 400 miliardi di euro, è cresciuta dello 0,3 per cento, mentre la domanda estera di prodotti italiani, l'export, che è pari a 112 miliardi di euro, è cresciuta dell'1,4 per cento rispetto al trimestre precedente. Tuttavia, l'incremento di domanda è stato soddisfatto solo in misura molto parziale con la produzione interna (appunto, quello 0,1 per cento di crescita del PIL).

Ad intercettare il desiderio delle famiglie, della pubblica amministrazione e delle imprese italiane di spendere un po' di più rispetto al trimestre precedente sono state soprattutto le imprese estere. L'import, infatti, è aumentato, in questo periodo, dello 0,7 per cento, mentre l'export è ripartito dopo la crisi; ma il PIL langue, perché la domanda interna non cresce molto e la poca crescita che si vede se ne va all'estero e non si ferma a creare occupazione in Italia.
Si importa e si esporta di più a parità di produzione complessiva, perché il mondo è sempre più globale. Grazie alla tecnologia, i costi di trasporto e di comunicazione sono sempre più bassi e, quindi, rispetto al passato, gli scambi internazionali sono sempre più importanti. In questo modo, i consumatori comprano i beni al prezzo più basso e le imprese vendono i loro prodotti dove sono meglio valorizzati ed apprezzati.
A questo punto, dicevo, cosa ha previsto all'interno di questo cosiddetto decreto sviluppo il nostro Governo? Cosa ha cercato di favorire in termini di misure utili allo sviluppo dell'economia del nostro Paese?

Ci dispiace, purtroppo, ribadire che il provvedimento che stiamo discutendo è assolutamente inadeguato: addirittura, possiamo definirlo non corretto da un punto di vista istituzionale, in quanto raduna una serie di norme eterogenee che intervengono su settori, tra l'altro, molto delicati della nostra legislazione. Questo non sembra spaventare le componenti della maggioranza né il Governo, che non esitano ad alimentare la confusione.
Lo abbiamo visto anche nelle discussioni che ci sono state in Commissione e soprattutto nel modo in cui si è arrivati a questo pacchetto finale che, come evidentemente possiamo dedurre dallo scarso tempo che è stato messo a disposizione delle Commissioni per l'esame, non si è potuto soppesare opportunamente e che porterà sicuramente ancora a dei dubbi interpretativi e a dei dubbi applicativi. Anzi, speriamo che ci sia ancora tempo in qualche caso come quello appena citato dal collega Nannicini, entrando nel merito dell'articolato, per quanto riguarda la possibilità di rivedere quella proposta di soppressione approvata purtroppo per quanto riguarda l'articolo 8 e in particolare il comma 10.
Più in generale le misure previste non possono essere giudicate sufficienti per garantire la crescita e la ripresa economica del nostro Paese; esse costituiscono invece un insieme disorganico di interventi normativi che hanno leso la competenza delle Commissioni di merito che non sono state messe assolutamente nelle condizioni di valutare, con la necessaria attenzione, le modifiche normative alla legislazione di settore. Come ricordavo, esprimo in particolare la nostra contrarietà verso la soppressione del comma 10 dell'articolo 8 che è volta a dare attuazione ad una sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea.

La soppressione del comma 10, come giustamente illustrava il collega Nannicini, darà inevitabilmente luogo ad un notevole contenzioso in quanto destinata a creare ulteriori complicazioni nella vita delle imprese, oltre che a penalizzare, come abbiamo appena sentito, tutte quelle imprese artigiane che da anni operano in questo settore e assieme a loro tutti i lavoratori che sono impiegati in queste imprese che finora non hanno tolto il lavoro ma eventualmente hanno portato un valore aggiunto all'economia non solo dei loro territori ma di tutto il Paese.
Passando ad altri articoli che possano essere ritenuti di interesse, in particolare per il settore delle attività produttive, vorrei soffermarmi sull'articolo 3. In questo caso devo dire che qualcosa di positivo si è fatto, per lo meno cancellando qualcosa che originariamente si trovava all'interno del decreto- legge, in particolare i primi commi, il comma 1, 2 e 3 e che dimostrano ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, il modo confuso con cui vengono affrontati temi che riguardano settori importanti e strategici dello sviluppo del nostro Paese, qual è il turismo. Fa piacere che siano state accolte le nostre proposte di modifica al testo del decreto-legge, che prevedeva la concessione del demanio del litorale inizialmente per novanta e poi per vent'anni, sopprimendo i commi 1, 2 e 3 dell'articolo 3 e rimandando la trattazione di questa delicata materia ad un altro provvedimento, speriamo in modo più accorto e più adeguato. Rimangono le norme sui distretti turistici che, anche in questo caso, hanno visto una opportuna correzione sulla base di un emendamento proposto da noi, affinché il provvedimento non riguardasse solamente le strutture turistico alberghiere.
Un cenno ancora all'articolo 10, in particolare ai commi 11 e 27, rispetto a quanto abbiamo richiesto sulla base dei risultati referendari e cioè che il Governo ritiri le norme sull'Agenzia per i servizi idrici contenute nel decreto sviluppo evidentemente superate; non abbiamo avuto soddisfazione, non riusciamo a capire se si tratta di ottusità o di qualcos'altro, di qualche contrasto ancora tra i vari Ministeri.

Riteniamo che il messaggio della consultazione referendaria sia stato chiaro e richieda una veloce e generale rilegificazione nel campo dei servizi idrici; in particolare per quanto riguarda la proposta di istituire un'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua riteniamo invece che questa previsione sia assolutamente inadeguata e che debba essere istituita una vera Autorità dell'acqua indipendente e federale, in grado di svolgere un ruolo autorevole e autonomo in un settore delicato come quello dell'acqua.
Mi limiterei a queste considerazioni, Presidente, perché mi sembra che tanto sia già stato detto dai colleghi e che tanto vi sia ancora da dire nella giornata di domani negli interventi che seguiranno. È certa una cosa: ancora una volta il Governo ha perso un'opportunità importante, e insieme ad esso la maggioranza, per dare una risposta più concreta e più equilibrata rispetto ad esigenze che diventano sempre più pressanti e che il Governo finge di ascoltare, ma cui non corrisponde, assolutamente, con misure efficaci e che rispettino le risposte che dovrebbero essere date, tanto ai cittadini quanto agli imprenditori nel nostro Paese.
Non mi addentrerò in altre parti del provvedimento, lo lascio fare agli altri colleghi. Penso che, comunque, non sarà l'ultima volta che sentiremo queste parole altisonanti: decreto sviluppo, riforme.

Troppo spesso, ormai, queste sono parole che la maggioranza e il Governo fanno risuonare in quest'Aula e sui mass media, ma cui non danno alcuna corrispondenza in termini concreti o pratici ed effettivi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).