Ecco come si sceglie un leader

Carissimi, ho avuto l’onore di partecipare, ieri pomeriggio, al dibattito (al quale era presente anche Luca Zeni), attorno  al libro di Sergio Fabbrini “Addomesticare il Leader” edizioni Marsilio, (libro la cui lettura consiglio vivamente).
Lucia Maestri, 15 maggio 2011

La riflessione, articolata in diversi contributi (Michele Salvati, Massimo Egidi, Lorenzo Dellai,  Sergio Fabbrini ed io) e coordinata dal direttore del quotidiano “Corriere del Trentino” è stata davvero ricca di stimoli e di proposte.  (Non poteva che essere così data la qualità dell’analisi sviscerata dal testo).

Ma, si sa, in questo tempo convulso le parole possono essere usate “ad usum delphini” o per sostenere linee editoriali, o per non si sa quale altra ragione.

Leggendo la stampa di oggi, il mio, appare un intervento di una persona schizofrenica:

l’Adige: (pag.24 “Lorenzo Rimani”: Lucia Maestri anche ieri ha ribadito la sua provocazione: cambiamo la legge elettorale e facciamo restare Dellai. Un ragionamento, ha detto, che deriva dalla constatazione pessimistica che i partiti politici non sono in grado di creare leader e classe dirigente in grado di avere visione”.

Il Trentino:  (pag. 18)“Il candidato dovrà essere del Pd. L’Alleanza? Può cambiare”

Corriere del Trentino (pag.6)  Maestri. Prima del totonomine si pensi alla coalizione”

Nonostante il recente compimento del cinquantesimo anno di età, vi assicuro di essere ancora lucida.

E allora, mi sembra importante, almeno con voi, riportare correttamente lo svolgersi del mio pensiero.

Primo: preciso che le riflessioni derivano dalla lettura precisa e puntuale del libro succitato, e che tale libro, contestualizza e argomenta la natura, la creazione e l’evolversi della figura del leader.

Secondo: ho svolto una puntigliosa analisi sullo stato dei partiti all’oggi, partiti che a mio modesto parere, suffragato per altro da una certa esperienza, hanno abdicato alla loro precipua funzione: quella di formare e selezionare classe dirigente, convinta come sono che:

a) le primarie non siano lo strumento principe per la selezione della classe dirigente: bensì siano una “cessione di sovranità” che se fosse fatta per selezionare davvero il migliore sarebbe una ottima cosa, ma se fatta, come è per lo più avvenuto, per confermare scelte già avvenute dentro l’alveo del partito ,assumono veste diversa. (Prodi, Veltroni) (Tesi per altro sostenuta dallo stesso Fabbrini nel suo libro e che io condivido).

b) nella composizione delle liste non si premia tanto la preparazione o il merito quanto, piuttosto, il richiamo che il candidato può esercitare verso certi mondi….. (inseriamo quello perché può portare tanti voti a prescindere da qualsiasi altra valutazione su merito e preparazione).

Terzo: il libro sostiene che (pag.182) i leader non si programmano ma emergono. Ed anche su questo punto sono d’accordo. Ma emergono “non già perché hanno una laurea o un  dottorato, ma perché hanno qualità particolari che si impongono nella battaglia politica” ……“Si può contrastare la (falsa) personalizzazione televisiva dei leader quanto più si crea un ambiente che sa riconoscere e promuovere gli individui che hanno le vere qualità del leader politico” (Fabbrini)

Queste le premesse.

Date le premesse ho ricordato come nell’estate scorsa, io abbia lanciato dalle pagine dell’Adige la proposta di revisione  della legge elettorale per permettere un altro mandato all’attuale leader della nostra coalizione. La politica è anche tattica e non solo strategia… Ho ottenuto, con quell’intervista, ciò che desideravo. Il diniego del nostro partito (per altro conosciuto) ma, cosa ben più importante il diniego dell’Upt, (Lunelli) con una debole apertura del Patt che, per bocca di Ugo Rossi diceva “ non ne abbiamo mai parlato ma non è da escludere”. “Stanati” gli alleati, e chiarito un panorama che fino ad allora chiaro non era, la strada mi è sembrata più lineare.

E, fatta chiarezza, su tale argomento null’altro rimaneva che rimboccarsi le maniche e ricominciare a tracciare una via, condivisa, prima di tutto programmatica, e una convergenza, successiva sul leader.

Confermo l’insostenibilità di un ulteriore mandato per Dellai.
Ma contemporaneamente sollecito una ampia riflessione su alcuni argomenti ( per altro contenuti nel mio intervento di ieri)

a)      la coalizione, così come è oggi strutturata, è sufficiente per affrontare le sfide future alle quale il Trentino è chiamato?

b)      Può ritenersi tale strutturazione estranea a ciò che sta accadendo in Italia?

c)      Non dobbiamo riflettere un po’ di più sulla necessità di un vero laboratorio politico autonomo per la nostra terra senza pur perdere i riferimenti nazionali?

d)     Non dobbiamo, anticipare queste riflessioni, rispetto ad un toto nomine che ha molto dello stucchevole?

e)      Siamo sicuri che il quadro politico sia immutato da qui a due anni?

 

Per completezza di pensiero, reso anche questo manifesto nell’incontro di ieri, vi dico che condivido la riflessione di Fabbrini ( ripresa intelligentemente da Dellai) “ I leader non si programmano, emergono”.

Ma, la classe politica trentina, è in grado oggi di farli emergere? O non è piuttosto attratta da alchimie che fissano il potenziale leader ( a prescindere dalle sue qualità) a questa o quella appartenenza?

Siamo in grado di premiare il merito?

                                                          

Sul punto non occorre ribadire che non sono ottimista. 

Ma occorre dire, invece, che rimango convinta, che per governare bene un’Autonomia forte, per altro sottoposta ad altrettanti forti attacchi, sia necessario individuare una “figura” forte. Una fortitudine fatta di “visione” (“narrazione” per i Vendoliani), e decisione.

Accanto a tale figura auspico l’irrobustimento della “forma partito” che dovrebbe essere luogo di elaborazione politica, di confronto, per non lasciare gli eletti soli e il leader nei perigliosi marosi di un potere che va controbilanciato.

 

Questo è il mio modesto pensiero. Tanto vi dovevo per chiarezza.

Buon lavoro a tutti.