Mattia Civico, "Trentino", 28 gennaio 2011
Sono partiti i ragazzi del "Treno della Memoria": 700 giovani viaggiano verso Cracovia per incontrare i luoghi in cui la follia nazista, nell’indifferenza dei più, pianificò ed attuò lo sterminio sistematico di milioni di persone.
Un viaggio lungo, fatto soprattutto di storia e di storie personali, di vite interrotte, di violenza senza limiti. Un viaggio nel tempo che fu, per comprendere anche il tempo che è, oggi.
È importante ricordare: lo si dice ogni anno in questa ricorrenza. Nessuno infatti vuole che la storia si ripeta e il miglior modo per “vaccinarci” è avvicinare le nuove generazioni alla consapevolezza di cosa l’uomo è stato capace e quali furono i processi storici, collettivi, individuali per cui - ad un certo punto - si è tollerato l’intollerabile. Ma la memoria per radicarsi e per tradursi poi in comportamenti coerenti, nell’era della sovraesposizione a troppi stimoli e quindi della desensibilizzazione, ha bisogno di investire tutti i sensi. Non può fermarsi ad un esercizio intellettuale, alla comprensione sul piano della ragione di quanto accaduto.
Il rischio che la ricorrenza del 27 gennaio diventi una delle tante ricorrenze a cui adeguarsi, in cui atteggiarsi, mi pare ci sia tutto. Non possiamo indignarci oggi per ciò che fu, e non accorgerci di ciò che accade e tolleriamo oggi: storie ai margini, persone invisibili, ingiustizie sociali, discriminazioni. Le molte storie violentate di chi si trova in una condizione di fragilità e non trova l’umana comprensione e non accede pienamente alla vita della comunità. Viaggi interrotti, libertà negate. Accade anche oggi e faremmo bene a non minimizzare.
Ecco perché credo che il “Treno della memoria” sia particolarmente importante. Colloca fisicamente 700 giovani a contatto con l’oggetto della memoria e lo fa coinvolgendo tutti i sensi. I partecipanti ascolteranno i racconti, vedranno i luoghi dello sterminio, sentiranno sulla loro pelle il freddo di quei cortili, percepiranno l’odore e il sapore che quei luoghi anche oggi conservano. La memoria per essere coltivata, oggi più che mai, ha bisogno di tutti i sensi. C’è bisogno di collocarsi fisicamente, di mettere il proprio corpo nelle condizioni di rendere concreto e visibile il “da che parte si sta”.
Don Tonino Bello, nei mesi della guerra nella ex Jugoslavia, ebbe ad usare una espressione estremamente efficace; disse: “Beati i piedi dei costruttori di pace”.I ragazzi che sono in viaggio verso Cracovia hanno accolto l’invito ad “alzarsi e camminare”e credo che ci chiedano di fare altrettanto: abbiamo bisogno di abbandonare il divano, posare il telecomando e lasciare che i nostri piedi, i nostri corpi prendano posizione. Di fronte alla storia di ieri e di oggi.