DEBORA SERRACCHIANI ALLA FESTA DEMOCRATICA SULLA NEVE

Folgaria, 15 gennaio 2011
L’incontro con Debora Serracchiani, che in origine doveva trattare di tematiche inerenti ambiente, mobilità, e sviluppo sostenibile nelle regioni alpine, ha preso fin dall’inizio una piega diversa, ma non del  tutto inaspettata: l’argomento che ha infiammato la discussione politica di questi giorni, il referendum alla Fiat e il futuro delle relazioni sindacali nel nostro Paese, si è imposto alla riflessione dei partecipanti al dibattito.

“Con  l’uscita di Berlusconi, che pochi giorni fa valutava  assolutamente normale e giustificabile che, in caso di vittoria del no, la Fiat se ne andasse dall’Italia – ha esordito la Serracchiani – abbiamo veramente toccato il fondo”. “Non spetta a nessun partito – ha proseguito – scegliersi un sindacato, al contrario deve creare le condizioni per cui un lavoratore possa scegliere serenamente e liberamente il sindacato da cui farsi rappresentare”.

Faustini, direttore del “Trentino” e moderatore della discussione, si è poi rivolto all’altra ospite del dibattito, la veneta Lara Puppato, consigliere regionale e capogruppo Pd, chiedendole provocatoriamente conto del silenzio, quasi dell’indifferenza con cui il Nord Est sembra avere guardato alla vicenda Fiat. “Il Veneto è la regione che si è’ automitizzata’, che ha creato di sé stessa un’immagine di produttività ed efficienza che non corrisponde alla realtà: pensate che è l’unica regione d’Italia che è ancora priva di un bilancio, anche provvisorio, cosa che non accadeva dal 1978 – dice la Puppato – ed è in balia della Lega che ha fatto promesse che non è in grado di mantenere, ed ora i nodi vengono al pettine”. In una recente intervista televisiva, ricorda la consigliera veneta, Gasparri ha spiegato agli italiani la vicenda Fiat dicendo che è la conflittualità all’interno delle nostre aziende la causa della fuga del capitale all’estero: ma proprio il caso del Veneto insegna che ben altre sono le ragioni, come la mancanza di infrastrutture, anche telematiche, e soprattutto l’esasperante lentezza della giustizia (sotto Berlusconi si è passati da 8 anni a 12 come lunghezza media di un processo amministrativo e civile).

Per Alberto Pacher  nella vicenda Fiat, che per molti ha significato una scelta drammatica e lacerante, il governo e la politica sono stati i veri assenti: si sono limitati a una tifoseria da stadio rimanendo sempre a bordo campo e questo vuoto è stato giocoforza riempito da altro e da altri; il Nord Est, e con questo il Trentino, non guardano con indifferenza a Torino, quanto piuttosto con timore, perché ora sono consapevoli che le regole del gioco sono improvvisamente mutate e che grandi cambiamenti per il Paese ora possono avvenire anche fuori dal contesto della politica, che invece dovrebbe innescare, indirizzare e governare i cambiamenti . “Quando leggo del nostro capo del governo mi vengono in mente personaggi da Alvaro Vitali – ha aggiunto Pacher suscitando le risate del pubblico  - ma questa è un’amara constatazione di quanto il nostro Paese abbia un bisogno vitale di politica, di quella con la P maiuscola”.

Antonio Frena, segretario del Pd dell’ Alto Adige, ha tratteggiato un ritratto della situazione politica altoatesina, dove spesso il Pd è accusato di avallare il comportamento ondivago dell’Svp in parlamento. L’Svp è un partito che bada a tutelare i propri interessi a prescindere da chi sia al governo ma non farà mai il passo storico e ideologico di stringere un patto con la destra e con i reduci del fascismo. L’Alto Adige, sostiene Frena, non è più l’isola felice di un tempo, ma non bisogna lasciarsi confondere da falsi problemi come l’immigrazione.

A Debora Serracchiani Faustini ha chiesto cosa avrebbe fatto il Pd se fosse stato al governo,come avrebbe affrontato questa situazione: “ In primo luogo avrebbe fatto le regole, perché questo è il ruolo di chi governa. Nel nostro Paese le regole sindacali più recenti risalgono al 1993 e ormai sono superate. La situazione non funziona da tanto tempo e, vista la crisi economica, il Governo doveva prevedere la comparsa di conflitti sociali: invece di occuparsi di scudo fiscale, intercettazioni, processo breve un governo serio avrebbe dovuto in primo luogo discutere con tutte le forze in campo di nuove regole per le relazioni sindacali e industriali e cercare incentivi efficaci per scoraggiare la delocalizzazione. Il Pd, continua la Serracchiani, non è stato esente da errori: la questione Fiat avrebbe dovuto essere discussa tre settimane fa in direzione nazionale e da quella riunione sarebbe dovuta uscire una sintesi tra tutte le posizioni e le proposte delle varie ‘teste’ del partito, ma così non è stato. Basta con i dirigenti che parlano al proprio elettorato! Anche se per un partito complesso e composito come il Pd è un’operazione difficile, deve sforzarsi di presentare all’esterno un’unica proposta, convincente e condivisa, con la quale parlare a tutto l’elettorato, non soltanto quello del Pd”. L’obiettivo del Pd deve essere quello di far capire anche ‘agli altri’ che la permanenza di Berlusconi al governo non è un problema soltanto per noi di sinistra, ma anche per chi gli ha dato mandato di governare.  “Penso che il governo Berlusconi, ha concluso la Serracchiani, non cadrà a breve e se cadrà non sarà per una questione politica, perché Berlusconi è quanto di più distante ci sia dalla politica, ma per una questione personale, magari un problema giudiziario. Ma dobbiamo stare attenti, perché il suo scopo è rimanere al governo a tutti i costi ancora per un anno e poi mirare alla presidenza della Repubblica; ecco perché è importante che il Pd presenti al Paese una proposta condivisibile da una più ampia maggioranza possibile, un programma che non sia solo elettorale ma anche e soprattutto di riforme”.

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Nel marzo del 2009 aveva “sconvolto” il Pd con un intervento all’assemblea nazionale dei circoli di partito ed era stata salutata subito come la scossa giusta per la politica della sinistra italiana. Preparata, intelligente, “moderna”, con le idee chiare, donna: aveva sparigliato le carte di un mondo politico grigio e incapace di trovare il passo di un’epoca che stava cambiando.
Oggi Debora Serracchiani, avvocato, nata a Roma nel 1970 ma residente da molti anni a Udine, è rappresentante al Parlamento europeo e membro della commissione trasporti e turismo. Resta una voce autorevole del Pd, spesso critica ma non per cercare visibilità.
Ieri è arrivata a Folgaria per un dibattito sulla mobilità nelle regioni alpine, momento di confronto nella prima giornata della festa sulla neve del Pd.  
Difficile sposare le necessità moderne di mobilità nelle regioni alpine con la tutela del paesaggio. Quali sono le ricette suggerite dall’Europa?
Sto seguendo direttamente la revisione della legislazione europea sulle ferrovie che disegnerà scenari più chiari degli attuali.  
Tutti in carrozza?
Treno, intermodalità e metro leggero. L’Europa investe l’83 per cento del capitale destinato alle infrastrutture proprio sulle rotaie. Le regioni alpine devono attrezzarsi con punti di interscambio.
Tav e Tac sono dunque ineluttabili?
Di sicuro servono per integrare l’Europa. Non possiamo farne a meno. 
A proposito di mobilità: la vertenza Fiat. Vendola dice che ora bisogna tornare alle battaglie per i diritti dei lavoratori.
Non spetta alla politica scegliere il sindacato, e nemmeno andare a votare al posto dei lavoratori. Il Pd è convinto che quell’accordo non sia buono, però non si poteva dire di no. Alla politica ora spetta il compito di creare nuove normative per governare questa situazione.  
E il Pd è in grado di dare indicazioni. Appare così spaccato e incapace di governare se stesso, figurarsi l'Italia.
Il Pd è coeso. L’ho visto personalmente all’ultimo direttivo nazionale. Però purtroppo all’esterno fa più rumore l’esigua minoranza. Bersani ha tracciato una buona linea politica. Serve più maturazione e l’abbandono dei personalismi.  
Non è meglio azzerare e ricominciare?
Non ho mai creduto nel “a casa tutti”.  
E un pensierino a prendere il posto di Bersani l'ha mai fatto?
Mi creda, è una faticaccia terribile. No, non ci penso. 
Lei è friulana, sa cosa significa la pressione dei comuni veneti che chiedono l'annessione.
Serve un federalismo solidale che aiuti i comuni confinanti. Il problema è che il federalismo ha bisogno di soldi. E quelli non ci sono. Di più: è in atto un tentativo di accentramento, che lascia i Comuni soli e senza soldi. Noi al “federalismo unitario” crediamo, ma con queste condizioni è di improbabile realizzazione. (r.t.)