In questa campagna elettorale serve consapevolezza e responsabilità

Consapevolezza e responsabilità. Questo serve in campagna elettorale ma soprattutto dopo a coloro che saranno chiamati a rappresentare il Paese in Parlamento. Consapevolezza innanzitutto vuol dire guardare in faccia la realtà. Queste elezioni si celebrano in un momento in cui l'Italia esce da una lunga fase recessiva che ha cambiato profondamente il sistema produttivo ma anche la composizione sociale delle nostre comunità.
Alessandro Olivi, 26 febbraio 2018

 

Bisogna essere consapevoli appunto che la distribuzione del reddito avviene sempre più a favore di una fascia ristretta di popolazione, mentre si va indebolendo il ceto medio e si creano sacche di nuova povertà.
Ciascuna parte in campagna elettorale utilizza i numeri e le statistiche di cui siamo bombardati un po' come le conviene.
Un esempio è dato proprio dai commenti che sono seguiti alla pubblicazione in questi giorni di alcuni indicatori che misurano il grado di povertà ed il rischio di esclusione sociale. Il problema esiste e come abbiamo fatto in Trentino deve essere affrontato con strumenti espansivi di protezione sociale, di abilitazione ed attivazione al lavoro. Occorre però non scadere nella propaganda illudendo i cittadini che l'intervento pubblico possa di per sé e da solo generare un lavoro a tutti, un reddito a tutti e meno tasse per tutti. Ci sono oggettivi segnali di ripresa anche se l'economia non cresce ancora ad un ritmo sufficientemente robusto da incidere sul benessere delle famiglie e sulla qualità del lavoro.
Se il punto è che bisogna intervenire per ridurre le diseguaglianze ciò significa che va attuato un forte programma di riforme strutturali capaci di rilanciare la crescita attraverso un innalzamento dei livelli di produttività: dal fisco alla pubblica amministrazione, dal welfare alla giustizia. All'Italia servirebbe in questo momento una fase di stabilità politica ma purtroppo questa legge elettorale è il problema e non la soluzione. Senza riforme si torna indietro e a perdere saranno ancora una volta i più deboli.
Ci vuole poi una nuova cultura della responsabilità.
Con gli slogan, con le mirabolanti promesse, non si risolvono i problemi antichi ma si finisce con lasciare tutto fermo. La vera sfida è tra cambiamento e conservazione. Responsabilità vuol dire saper comprendere da dove nasce l'insicurezza e la sfiducia manifestate da ampie fasce di cittadini e sapersi scrollare di dosso ogni velleità di giudizio e di ipocrisia.
Detto ciò le paure, prima che si trasformino in rabbia sociale, non debbono essere usate e capitalizzate per qualche voto in più perché così facendo si innesca la catena di conflitti e un clima da tutti contro tutti.
Un leader politico non suscita pulsioni, ma cerca di tenere unità la Comunità assumendosi la responsabilità di decidere e di fare scelte nell'interesse della collettività e non di pochi.
Ecco se ha ancora un senso «essere di sinistra» (o di centrosinistra) questo vuol dire, come ha scritto recentemente Michele Serra, sentirsi «irrimediabilmente responsabili». Delle cose che si fanno perché la politica deve saper essere credibile, affidabile e concreta. Ma anche delle cose che si dicono (o che si scrivono). La celebre frase di Don Milani «l'operaio conosce 100 parole il padrone 1000 e per questo lui è il padrone», oggi forse assume diversi significati.
Di parole infatti ne girano molte, forse in quantità eccessiva ma hanno perso qualità a prescindere dalla classe sociale di provenienza. Si può dire tutto e il contrario di tutto in un tempo in cui la memoria sbiadisce e non è più un valore. Fascismo e antifascismo? «Roba vecchia» secondo alcuni. E invece è proprio in alcuni gesti e in alcuni discorsi che cresce l'odio per il diverso. La rete, da questo punto di vista, ha aperto varchi alla partecipazione ed è una risorsa. Però l'utilizzo di essa senza filtri finisce col sostituire l'intermediazione ed indebolire la rappresentanza. E coloro che stanno nelle periferie del sociale, in fondo alla gerarchia del lavoro hanno bisogno di essere rappresentati.
Quando il linguaggio si traduce in «parole d'ordine» genera omologazione e quest'ultima non ha mai portato ad un avanzamento della democrazia, semmai il contrario.
Il centrosinistra deve avere chiaro un concetto: è nel disagio di coloro che si sentono esclusi che se viene a mancare una vera proposta di riscatto si annida e cresce la destra più regressiva.
Infine in una fase delicata come quella che stiamo attraversando anche l'informazione ha una grande responsabilità.
Dare voce al pluralismo delle idee e delle posizioni, suscitare il senso critico, ma anche educare chi legge ai valori della consapevolezza e della responsabilità.