Ripartire: Renzi e lo "sblocca Italia"

Show del premier all’auditorium in un duetto di battute con Mentana. Ha annunciato una raffica di riforme entro giugno: è la sua «rivoluzione pacifica del buonsenso». Da una riforma al mese - tra febbraio e giugno - annunciate nel giorno dell'insediamento al governo, Matteo Renzi è passato ieri a cinque riforme in un mese: tutte da fare entro giugno, ovvero prima del 2 luglio, data in cui l'Italia inizierà il suo semestre europeo. Riforma della pubblica amministrazione, riforma della legge elettorale e della Costituzione in prima lettura (Titolo V e Senato), riforma della giustizia, a cominciare da quella civile poi si andrà avanti con quella penale e amministrativa.
L. Patruno, "L'Adige", 2 giugno 2014

E ancora provvedimenti sulla competitività ed entro luglio lo «sblocca Italia» - per fare ripartire opere ferme da 40 anni - e infine il fisco, anche se su quest'ultimo punto ha ammesso che il governo è un po' in ritardo perché la materia è complicata e servirà altro tempo.
È questa la «rivoluzione pacifica del buonsenso», che il giovane premier e segretario nazionale del Pd, caricato della responsabilità del 40,81% del consenso degli italiani alle elezioni europee, ha promesso ieri a Trento, davanti al popolo entusiasta e fiducioso del Festival dell'Economia in un auditorium straripante. «La gente - ha detto Renzi - ha votato per l'Italia non per me. Se deludiamo anche noi questo sentimento di speranza, non ci perdonerà nessuno».
L'incontro pubblico era previsto alle 10, ma alle 8 e un quarto i biglietti erano già esauriti. Molti erano già in fila alle 6.30 e un biscione di gente in attesa ha dovuto ripiegare su altri eventi della giornata del Festival o accontentarsi di ascoltare Renzi dal maxischermo di piazza Duomo. Il premier è entrato in sala poco prima delle 11, dopo essere atterrato a Bolzano con discreto ritardo sulla tabella di marcia.Soliti jeans, camicia azzurra, giacca blu, che ha subito levato, Renzi è stato accolto da un'ovazione da stadio.
E prima che Enrico Mentana, direttore del Tg La7, potesse cominciare un'intervista, che i due hanno trasformato in una sorta di gag, in cui sembrava facessero a gara a chi riusciva la battuta più efficace nel suscitare la risata, il presidente del consiglio è stato bombardato da una raffica di domande in sequenza da parte del responsabile scientifico del Festival, Tito Boeri, che ha steso il pubblico prima di Renzi, il quale, dopo un po', ha ironizzato: «Avete impegni per domani?».

Ma al di là delle battute, delle risate e del clima da cabaret che si respirava all'auditorium, è emersa dalle parole di Renzi l'urgenza di un cambiamento per l'Italia che non è più rinviabile: una sorta di ultima occasione per fare ripartire il Paese. «Da qui a dieci anni - ha detto Renzi - mi immagino un'Italia  smart , magari dire  cool  fa storcere il naso, allora diciamo che immagino un'Italia bella».Da qui l'elenco delle riforme in programma. «Nel giro di una settimana, - ha detto Renzi - ci sarà l'approvazione in prima lettura della riforma costituzionale, poi la legge elettorale». Sulla legge elettorale ha difeso la necessità del ballottaggio. «L'importante nel ballottaggio - ha detto - è che sai chi vince, perché ci vuole un responsabile. Abbiamo avuto per decenni politici campioni mondiali degli alibi, nel dare la colpa a qualcuno o qualcos'altro per la loro incapacità. Io dico invece che se le riforme non le facciamo è colpa mia, vado a casa io».

Ha poi confermato l'impostazione della riforma del Senato come Camera delle autonomie, anche se ha detto: «La mia idea era diversa. Io avevo dato più importanza ai sindaci, perché penso che in Italia storicamente sono più forti le municipalità che le Regioni, che non sempre hanno una base storica, ma si è trovata una condivisione su un'altra proposta. Per me è importante che il Senato non voti la fiducia e il bilancio e non rappresenti altri «posti» della politica». Poi ha scelto il palco di Trento per annunciare la novità: «Entro luglio farò un provvedimento ad hoc che si chiama sblocca Italia». Si tratta di un decreto che «consentirà di sbloccare interventi fermi da 40 anni». Il capo del governo ha detto che oggi invierà una lettera a tutti i sindaci i quali entro 15 giorni dovranno fornirgli l'elenco di immobili pubblici abbandonati, aree dismesse o investimenti di privati bloccati per problemi burocratici, permessi o visti di una sovrintendenza.

La lettera ai sindaci, ha spiegato Renzi, vuole essere una sorta di  moral suasion  (persuasione morale) perché i primi cittadini saranno chiamati a spiegare quali sono i problemi che tengono bloccati progetti per anni. A palazzo Chigi sarà istituita una cabina di regia con un responsabile per intervenire e «liberare energie e lasciar fare». «Ci sarà un effetto immediato - ha concluso - non solo su occupazione nell'edilizia e dunque sull'economia, ma anche sulla fiducia». Renzi è ripartito verso le 13, promettendo di tornare l'anno prossimo al Festival per raccontare i successi dell'Expo.


"Rispetterà i patti". Con Rossi e Olivi sull'Autonomia

La toccata e fuga di Matteo Renzi a Trento ha consentito ieri solo un fugace colloquio fra il premier e il presidente della Provincia, Ugo Rossi, con il vicepresidente Alessandro Olivi, nel  backstage dell'auditorium, appena terminato l'incontro pubblico.

Si è trattato di pochi minuti nei quali Rossi ha cercato e ottenuto rassicurazioni sulla volontà del governo di chiudere a breve un nuovo patto per disciplinare i rapporti finanziari fra Trento e Roma. Le parole del sottosegretario Delrio e del ministro dell'Econonia, Pier Carlo Padoan, presenti al Festival prima di Renzi, avevano lasciato ben sperare, ma ieri il presidente del consiglio non ha aggiunto molto altro se non confermare la volontà di rispettare gli impegni politici presi. Ha evitato di entrare nel merito lasciando la questione tecnica nelle mani di Padoan e Delrio. E su questa questione non ha voluto neppure rispondere alle domande dei giornalisti.

«Renzi - spiega al termine dell'incontro Rossi - ha detto che i patti politici assunti in sede di costituzione del governo saranno rispettati e conviene con noi sulla necessità di stabilire un criterio affinché il concorso al risanamento dei conti pubblici sia basato su un criterio oggettivo. È d'accordo sul fatto che ci debba essere un criterio che tuteli l'autonomia finanziaria delle Province autonome e insieme lo Stato. Siamo sereni e puntiamo in questo modo a un'autonomia più matura, in un processo di responsabilità che garantisca entrambe le parti. Ciò non significa che da qui alla firma di un accordo non discuteremo cifre e misure. Il ministro dell'economia, Pier Carlo Padoan, con cui abbiamo parlato, ci ha chiesto - ha concluso - una decina di giorni per approfondire le ipotesi tecniche. Il concetto sarà dunque riempito presto di contenuti».Il presidente della Provincia ha commentato anche il decreto «sblocca Italia» annunciato da Renzi per luglio sulle opere pubbliche dei comuni, perché non è affatto chiaro se possa riferirsi anche ai comuni trentini e soprattutto in cosa consisterebbe l'intervento dello Stato per sbloccare le opere. «Aspettiamo di vedere come esce questo provvedimento - dice prudente Rossi - poi capiremo. Detto così pare facile». «È certamente vero - ha proseguito Rossi - che ci sono episodi di immobilismo inutile. Mi permetto però di dire che ci sono molte opere pubbliche ferme per i ricorsi e un'eccessiva litigiosità e farraginosità delle procedure di aggiudicazione, che rallenta i processi e credo si possa fare poco con le e-mail».

Anche il sindaco di Trento, Alessandro Andreatta, ieri era in prima fila all'auditorium per ascoltare Renzi, seduto accanto a Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat, non si sbilancia sulla questione delle opere bloccate. «Aspetto prima la lettera - dice - comunque nel comune di Trento ci sono ancora immobili da recuperare, anche se non è chiaro se si riferisse a immobili dello Stato, immobili pubblici in generale o aree dismesse. Penso comunque al distretto militare, sul quale si può fare un ragionamento, con lo spostamento dei militari che ci sono nella caserma Pizzolato. Noi potremmo recuperare tutta l'area del distretto. Poi c'è ancora aperta la questione della destinazione dell'immobile della Questura di Trento e per quanto riguarda altre partite immobiliari ferme, c'è tutta la questione di cosa realizzare nell'area ex Italcementi, mentre con la Provincia stiamo realizzando lo scambio di un immobile in piazza Garzetti per l'allargamento del Prati con la cessione dell'immobile che oggi ospita le Crispi in via Veneto. Poi non so - conclude Andreatta - se Renzi si riferisce anche alle aree ferme come quelle di Trento nord, dove però sono i privati che devono intervenire».  


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Renzi: così sblocco l’Italia, P. Mantovan, "Trentino", 2 giugno 2014
Matteo Renzi sbuca dalle quinte dell’Auditorium in camicia e jeans, sorridente, quasi un po’ sciallo. Ma poi prende per mano la platea e comincia a correre, correre. La tiene per mano perché ne coglie sempre l’umore (capisce subito, ad esempio, quando è il momento di interrompere Tito Boeri - il patron del Festival, accidenti - che gli snocciola una raffica di domande lunghe lunghe scavalcando la star Mentana); ma Renzi la tiene per mano anche perché quella platea, in larga parte, è già il “suo” popolo, formato da chi, oggi, attende di trovare in lui l’uomo che guida il cambiamento. E Renzi ieri a Trento ha dato conferma che, almeno come comunicatore, quella speranza può tenerla viva. E così non si ferma mai, per un’ora e mezza, è un diluvio, come sempre: a volte gigioneggia con Enrico Mentana, ma poi riprende il filo del discorso e cala le sue carte. Il pubblico del festival, variegato e ricco di presenze esterne ma anche di tantissimi trentini, e di giovani e di studenti, lo ascolta in religioso silenzio e in attesa di poter sfoderare un applauso o lasciarsi andare in una risata.

L’Europa. Il primo pensiero va là, all’Europa uscita dalle urne e all’Europa che vorremmo. E subito Renzi insiste su un concetto: che non farà una battaglia sull’italianità. «Noi vogliamo fare un discorso ambizioso a Strasburgo. C’è la convinzione diffusa che le scelte prese finora, centrate sui parametri di rigore, non ci hanno permesso di uscire dalla crisi. O la politica riprende la casa in Europa con una visione alta di indirizzo oppure nessuna misura economica ci salverà. E allora diremo che l’Italia porta un pacchetto di proposte concrete. Ad esempio sull’energia». E qui Renzi introduce anche la questione dell’immigrazione. «L’Europa ci dice tutto sulla pesca ma se si tratta di salvare un bambino che sta affogando l’Europa si gira dall’altra parte». Applauso, ovviamente, perché Renzi va al sodo e insieme tocca le corde dell’emozione. E avanti così, con i tempi da palco e insieme con l’attenzione ai grandi scenari.

Riforma elettorale. Così quando passa alla politica-politichese il premier utilizza tante immagini. Mentana e Boeri gli fanno presente che il Pd ha vinto “fin troppo” alle europee per riuscire a trovare l’accordo con le altre parti politiche sulla riforma elettorale. «No - dice Renzi - il risultato delle elezioni è un incentivo a fare subito la riforma elettorale e dimostra che si deve andare verso due gruppi, mi piacerebbero due partiti, e il centrosinistra si sta attrezzando così. Il ballottaggio è fantastico: la sera stessa del voto sai chi vince, così poi puoi dargli la colpa se le cose non funzionano. Abbiamo avuto per anni politici campioni mondiali degli alibi. Ora serve che ci sia “il” responsabile».
Nuova scaletta. E oltre alla riforma elettorale, chiaramente, ci sono le “patate” della Pubblica Amministrazione e del fisco. E allora ecco la nuova scaletta (l’altra è andata su per il camino, bruciata dagli eventi e dalle elezioni): entro una settimana Renzi vuol chiudere sulla riforma elettorale, il 13 giugno il decreto produttività ed entro la fine del mese la legge delega e la riforma della giustizia civile. Ambizioso, come sempre. Ma poi mitiga i toni: «Siamo un po’ in ritardo sul fisco, è colpa mia: ho bloccato un pochino la delega. Ci vediamo martedì con Piercarlo (Padoan, il ministro) e i suoi collaboratori per veder alcuni aspetti». Sblocca-Italia. Quindi arriva la “notizia”. «Domani invierò una lettera ai sindaci e chiederò loro di individuare le partite bloccate sul territorio. Farò un provvedimento ad hoc, “Sblocca Italia”, che consentirà di sbloccare una serie di interventi che sono fermi da 20-30-40 anni. Se riusciamo a farlo, avremo non solo effetti positivi sull’occupazione: avremo un’iniezione di fiducia».
Ma nel dialogo con Mentana entrano tantissimi altri temi, i problemi del manifatturiero, le spine dell’Ilva, di Bagnoli, i crolli di Pompei, e Renzi va all’attacco: «Come immagina, lei, Mentana, l’Italia fra dieci anni?». Si mette a fare il conduttore, Renzi, e scherza. «Story telling» E riprende: «Che poi sono meno bravo a comunicare di quello che si dice». Il pubbliconon gli crede e ride. «No, davvero. Io guardo fra dieci anni e dico che vorrei che ci trovassimo in un paese normale e allora, fra dieci anni, io devo aver smesso di fare politica». Arriva un altro scroscio di applausi. Così il premier riesce a mettere in campo l’hashtag, la parola chiave #ItaliaBella e poi l’altra parola d’ordine, lo “Story telling”. Che non è più la “narrazione”. è qualcosa di più. è raccontare un’Italia bella, appunto, essere positivi, saper “vendere” il nostro prodotto e la nostra italianità. Fa leva sull’orgoglio nostrano. E chiede di seguire proprio il suo esempio. Saper comunicare. Innanzitutto. Poi esce, tra applausi, strette di mano, selfie, sorrisi, urla di “Matteo, Matteo”.

Tutti lo chiamano Matteo e cercano la stretta di mano
TRENTO La folla che ha gremito l’Auditorium si alza in piedi appena termina l’intervista. Tutti i fotografi e i bodyguard si lanciano verso il palco, in mezzo ci stanno anche gli spettatori delle prime file: cercano la stretta di mano, lo sguardo, il ciao. Renzi va veloce ma non disdegna qualche saluto, purché fugace. «Ciao» dice a Camilla Lunelli e il presidente del consiglio (ma nessuno lo chiama così: tutti dicono Matteo) si china dal palco per stringerle la mano.
Dietro s’affaccia il questore e poi tutte le altre autorità, tutte distinte e tirate, mentre Renzi sfila e scompare dietro le quinte in camicia e jeans. D’altra parte fa caldo da stare in camicia, specie fuori, e il pubblico si assiepa sul retro dell’Auditorium, sperando di incrociare Renzi ancora.
La massa se ne va verso Corso Tre Novembre, c’è anche Lucia Fronza (presidente del Pd): «Mi è piaciuto molto. Brillante lo sappiamo tutti che lo è. Ma avverto che ha un’anima». Il premier, seppur brillante, ad esser sinceri però non aveva cominciato nel migliore dei modi la mattinata, perché, atteso per le dieci, è arrivato a Trento intorno alle 10 e 40.
Con Sergio Marchionne che invece arriva in sala prima di lui e si siede in prima fila, il Ceo di Fca, il super manager. Lo attende paziente e poi lo ascolta fino all’ultima parola anche se lui, Marchionne, è atteso al teatro Sociale, dove è il protagonista e dove il dibattito, ovviamente, slitta. Un ritardo su scala festivaliera, insomma. Ma Marchionne non si muove. E plaude a Renzi: «Ho sentito quello che speravo di sentire. Renzi mi piace perché è uno che fa». E Renzi le parti più calde del suo “intervento - intervista” le tiene nella parte finale. Una riguarda la Rai, l’altra i tempi della politica (ed è quella che riscalda i cuori, e accende perfino il sorriso - tirato - di chi nella politica c’è stato a lungo e ci si trova ancora). Sulla Rai e sullo sciopero annunciato contro i tagli Renzi va giù durissimo: «È una polemica incredibile. Mi spiace solo che se l'avessero annunciato durante le elezioni prendevo il 42,8% invece che il 40,8». E poi bolla come “umiliante” uno sciopero Rai «quando qui tutte le famiglie, nel Paese reale tirano la cinghia. Facciano lo sciopero e poi confrontiamo i numeri e quanto costano le sedi regionali». L’argomento è popolare, come tutti quelli che tocca Renzi. Ma il più popolare è quello che riguarda direttamente la politica.
Mentana gli fa segno che fra il pubblico c’è Franco Marini, uno che ha sfiorato la presidenza della Repubblica e che mise in campo gli allora giovani Letta e Franceschini. «Ma tra loro c’era anche Pistelli» riprende Renzi, spiegando subito che quella storia la conosce bene. «Di quell’esperienza recupererei proprio la voglia di investire sui giovani. Poi ora, ai politici che arrivano ora, credo sia necessario crescano con due convinzioni: la formazione e un impegno chiaro: che non puoi fare politica per tutta la vita». Altri applausi a scrosci. «E ai miei colleghi ministri dico proprio che siccome siamo stati i teorici della rottamazione non c’è dimostrazione più giusta che dare il buon esempio. Quando hai fatto quelli che devi fare, saluti la curva e vai». E così chiude il suo show. Tra i flash delle centinaia di telefonini e iPad.
Anzi, dietro le quinte dell’Auditorium ci resta un paio di minuti a ribadire a Olivi quello che già aveva detto al presidente Rossi poco prima di entrare al Santa Chiara, ossia che fra un paio di settimane si terrà un incontro a Roma sui denari che le autonomie devono versare, “sempre dentro criteri di compartecipazione e ragionevolezza”. Poi un saluto ai sindaci Andreatta e Miorandi (che già si è appuntato le opere che vuole segnalare allo “sblocca Italia”, ossia l’asilo della Manifattura e il carcere dismesso), agli assessori Gilmozzi e Daldoss, a Gianni Kessler e alla rettrice Daria de Pretis. E un tuffo fra i giovani e i fans che lo aspettano. E poi via.