Festa dell'Europa, l'intervento di Bruno Dorigatti: "Cari giovani, non mi rassegno"

Nel dare inizio a questa seduta straordinaria del Consiglio provinciale, che si pone nel quadro delle iniziative per ricordare la nascita dell'UE, vorrei in primo luogo dare il benvenuto in quest'aula ai componenti del Consiglio dei Giovani, organismo istituto con legge nel 2009, in rappresentanza del mondo giovanile del Trentino.
Bruno Dorigatti, 10 maggio 2012

Signori consiglieri/e,

quella di oggi è una giornata del tutto speciale per l'Assemblea legislativa trentina. Per la prima volta alcuni giovani, in rappresentanza di un organo previsto dal nostro ordinamento, siedono accanto ai consiglieri provinciali.
E ciò avviene in una circostanza del tutto particolare e dall'alto valore simbolico: la festa dell'Europa.

Una ricorrenza che ci chiama tutti ad una riflessione comune sul significato e sul valore di questa istituzione soprattutto oggi - a distanza di 62 anni dalla storica dichiarazione di Schumann con la quale ebbe inizio il cammino comune - in cui il tema dell'Europa è sempre presente e dominante nel dibattito politico, nell'informazione, nell'attenzione dei cittadini e delle famiglie.

Crisi, recessione, debito sovrano, spread, default sono i termini nuovi di un dibattito che rappresenta oggi un'Europa fragile, ostaggio di interessi finanziari e di singoli stati e che ci indica un futuro denso di nubi.


Proprio in questa situazione, forse mai come in passato, si è diffusa la percezione dei vincoli e dei destini che legano le società e le persone di tutto il continente.

Ed è questo il senso della riunione di oggi, promossa d'intesa con la Commissione per i rapporti con l'Europa, (al cui presidente e componenti va il mio più sincero ringraziamento) per discutere, assieme ai colleghi del Consiglio provinciale dei giovani, una mozione che impegna l'esecutivo a sostenere la partecipazione attiva e consapevole dei cittadini, in particolare dei giovani, alla realtà europea.

Dopo più di mezzo secolo di unità europea e di continui progressi, ci troviamo ora a fare i conti con politiche di bilancio restrittive, che penalizzano soprattutto le nuove generazioni, gli anziani, i lavoratori con la brusca contrazione delle prospettive di crescita, con il rischio della non sostenibilità di equilibri economici e sociali consolidati, con la crescente preoccupazione di vasti strati della popolazione.

Se sino a poco tempo fa si guardava all'Europa con speranza oggi, non neghiamolo, si guarda all'Europa con timore.
Si è diffusa, non solo nel nostro Paese, la diffidenza verso un sistema economico che sembra non reggere alle sfide dei mercati e della globalizzazione, si è esteso il fenomeno di reazioni popolari di aperto rigetto dei vincoli di corresponsabilità e solidarietà imposti dall'unione.

Timori e diffidenze che vedono nel mercato del lavoro il settore di maggiore sofferenza.
Senza un forte impiego, senza il giusto riconoscimento dei meriti e della capacità, si spegne ogni speranza, si rompono i sogni, si diventa ostaggio dello sconforto.


Cari giovani,

Non mi rassegno!
Non rassegnatevi di fronte a chi dice che questa è "una generazione ormai persa sul piano occupazionale"!
Così come non dobbiamo rassegnarci a dare per inevitabili le conseguenze di una situazione economica che crea solo precari e cassaintegrati, che confonde produttività con libertà di licenziare.

Abbiamo il diritto di indignarci di fronte a chi considera ineluttabile la penalizzazione di lavoratori, delle famiglie, degli anziani e il conseguente allargarsi di nuove sacche di povertà impensabili sino a qualche tempo fa.

Oggi più che mai è il tempo delle responsabilità, della partecipazione, di cogliere l'occasione impostaci da impreviste drammatiche evoluzioni del contesto politico per riflettere sul percorso compiuto da quell'audace progetto, annunciato il 9 maggio 1950, e sul nostro futuro.

Se noi oggi siamo chiamati ad un esame, anche critico, del sistema Europa esso non può avvenire senza il coinvolgimento di tutti. Nessuno escluso.
I giovani, in primo luogo, chiamati a subire, più degli altri, le contraddizioni di un processo comunitario in crisi, ma anche depositari di quel futuro sul quale il nostro continente si sta oggi interrogando, cercando risposte chiare e convincenti

E ciò vale a maggior ragione per la nostra realtà locale abituata da sempre, non foss'altro che per ragioni geografiche, a convivere con genti e culture diverse e a maturare per questa via una solida tradizione di cooperazione, di accoglienza e solidarismo in dimensione europea.

Anche da queste ragioni trae origine il nostro particolare sistema autonomistico, del quale celebriamo quest'anno il 40 anniversario della sua revisione, maturata con il secondo pacchetto.

Ed è proprio questa autonomia che ci offre una straordinaria opportunità per misurarci a tutto campo con gli interrogativi e le sfide del mondo contemporaneo.
Un fattore in più, da giocare sul terreno della innovazione, della fantasia e della partecipazione.

Ma è soprattutto sul versante delle istituzioni che devono trovare risposta le aspirazioni e le speranze delle nuove generazioni, riconoscendo il giusto ruolo che loro compete nella nostra società: la certezza di un futuro, la dignità di un lavoro, il riconoscimento del merito, la creazione di nuove opportunità, la giustizia sociale.

Penso al grosso potenziale che ci viene oggi offerto dal GECT in materie come lavoro, energia, ambiente, sanità e integrazione dei giovani. Si tratta di produrre progetti, seguendo il metodo della concertazione e quindi mettendo al tavolo le parti sociali, per lavorare assieme attraverso lo strumento della partecipazione attiva.

Penso ancora alla creazione di "una rete di collegamento permanente fra le associazioni che si occupano di Europa sul territorio": per favorire la diffusione delle idee e facilitare la comunicazione, oltre che rappresentare un utile punto di riferimento per chi volesse avvicinarsi ai temi europei.

Certo tutto è cambiato rispetto a quel lontano 1950, punto di partenza. Ma ci sorreggono nuove motivazioni e la consapevolezza e l'orgoglio di quel progetto di integrazione europea sostenuto con tenacia da un figlio illustre di questa terra: Alcide Degasperi.

Soprattutto i giovani devono avere la consapevolezza che il futuro è in questa dimensione, non in altre, tantomeno in una chiusura dei nostri territori in sé stessi o in un impossibile ritorno al passato.

Tocca a noi ora, e in particolare a voi proseguire questo cammino per costruire un'Europa che sia reale espressione dei popoli che la compongono: più vicina alle esigenze dei cittadini e meno condizionata dai grandi gruppi finanziari, più attenta alle aspettative dei giovani e meno influenzata dalle banche.

Un'Europa fondata sul lavoro, sulla cooperazione e sull'accoglienza, che sappia valorizzare le diversità: elemento imprescindibile di apertura e di progresso.

Noi dobbiamo cogliere quel vento nuovo che sta soffiando, poiché riaccende speranze e riprende i grandi temi cari ai padri dell'europeismo: quelli di un Europa della politica e della condivisione, che punta al superamento degli egoismi nazionali per far crescere un Europa dei popoli.

Cari giovani, consentitemi di concludere con un invito: investite sull'Europa, e in particolar modo su quell'impegno di socialità e di solidarietà che è sempre stato il carattere distintivo della visione europea.

Questa è la sfida che ci attende e noi non possiamo perderla.