Il cambiamento è necessario

Le ultime elezioni europee hanno visto il trionfo della Lega, ma sono state accompagnate anche dalle elezioni amministrative che hanno visto risultati contraddittori. Le ultime elezioni europee hanno visto il trionfo della Lega, ma sono state accompagnate anche dalle elezioni amministrative che hanno visto risultati contraddittori con l’affermazione di alcuni candidati del centrosinistra.
Roberto Pinter, "Corriere del Trentino", 25 giugno 2019 

 

Un risultato che fa pensare che delle buone proposte di governo locale possono rappresentare il segnale di una possibile resistenza al dominio della destra, e che permette di affrontare le amministrative del 2020 con una dose di minore rassegnazione. In parte è vero, anche se non suona tanto bene il fatto che quando si tratta di scegliere chi governa l’Europa o il Paese si preferisce scegliere la destra e il suo richiamo identitario, mentre quando si parla di amministrazioni locali l’elettore può anche scegliere ciò che rimane del centrosinistra (una scelta minore quindi più che una vera alternativa).

Si tratta allora di prepararsi alla prossima scadenza elettorale provando ad intercettare i dubbi e le delusioni di chi ha riposto fiducia nel governo gialloverde, sfruttando ad esempio la mancanza di risultati sul piano della ripresa economica dell’Italia, ma soprattutto provando a rivolgersi a quella metà dell’elettorato che si è astenuta dal voto e che forse si può coinvolgere in presenza di una nuova proposta politica. Ma per richiamare l’attenzione degli elettori delusi che hanno abbandonato la sinistra, o di quelli di centro che non trovano più chi li possa rappresentare, serve qualcosa di più che la pura ripresentazione di chi in Trentino è stato sconfitto pesantemente per ben tre volte in poco tempo (politiche, provinciali ed europee).

Non basta ricostruire un pezzo di coalizione che fino al 2018 governava il Trentino e l’Italia, non basta il richiamo alla serietà e alla competenza che Mattarella ben interpreta, non basta nemmeno la sopravvivenza del Pd rispetto allo tsunami che ha sconvolto e cambiato direzione al nostro Paese. Un po’ perché è troppo presto per incassare un giudizio critico rispetto alla mancata soddisfazione delle promesse elettorali di Salvini e del governo gialloverde, un po’ perché chi vota non vota più facendo solo un bilancio dell’azione di governo, ma scegliendo piuttosto i messaggi che meglio danno risposte migliori alle aspettative, alle paure, ai mal di pancia, ai rancori e alle frustrazioni di chi non vede motivo di credere ancora ad una politica responsabile. Anche perché responsabile spesso non lo è: se pensiamo, ad esempio, alla mancata attivazione di politiche di sviluppo compatibili con la crisi ambientale, o alla mancanza di rigore etico che le recenti vicende che hanno coinvolto la magistratura dimostrano in modo imbarazzante.

Allora ci vorrebbero innanzitutto passione e coerenza: passione nel proporre ricette diverse da quelle leghiste per risollevare le sorti del Paese e per ripartire con una politica che si rivolga a tutti e non solo a quelli protetti o privilegiati e che offra più giustizia sociale (ammettendo il fallimento di politiche basate su speranze smentite dalla continua crescita della disuguaglianza). Coerenza nel far seguire alle parole atti e comportamenti che dimostrino di aver capito la lezione, modificando quelle assurde priorità che avevano portato un governo a misurarsi con la riforma costituzionale piuttosto che con la sfida per maggiore lavoro e maggiore retribuzione e dignità dello stesso. E ci vogliono donne e uomini che interpretino con passione e coerenza una politica rinnovata. Non per buttare via tutte le esperienze di governo locale, ma per recuperare il meglio di queste esperienze con candidati che segnino la differenza, nel percorso e nella capacità di mobilitazione.

C’è bisogno di cambiamento sia perché le coalizioni presentatesi nei Comuni più grandi non ci sono più, e con loro buona parte dei partiti che le costituivano, sia perché c’è una domanda di energie nuove capaci di andare oltre agli schemi conosciuti. Non basta il buongoverno (dove c’è stato), non basta essere contro Salvini, ci vuole qualche idea e qualche progetto che mobiliti quelle tante realtà, associazioni e persone, che stanno dando il buon esempio con il loro impegno, che non è stato sempre colto e premiato dai partiti. Non basta nemmeno il civismo da tutti richiamato, primo perché il civismo non è un soggetto costituito e secondo perché c’è di tutto e ci vogliono anche delle scelte di campo.

Le liste civiche sono sempre state, fatta eccezione per alcuni Comuni più grandi, l’azionista di maggioranza delle maggioranze comunali, ma senza per questo poter essere ricondotte ai partiti tradizionali e alle loro coalizioni. Quando, ad esempio, hanno provato a rivendicare una rappresentanza unitaria, come nel caso delle ultime elezioni provinciali, hanno maldestramente fallito dividendosi tra destra e sinistra e comunque facendo fallire ogni tentativo di loro coinvolgimento nella sfida di governo. Eppure soltanto con un’ampia e plurale presenza di liste civiche e di candidature non partitiche sarà possibile affrontare le comunali e battere chi si limita a chiedere il voto in nome di qualche leader nazionale. Ma non necessariamente liste contrapposte ai partiti, piuttosto dialoganti con gli stessi. E i partiti invece di boicottarle dovrebbero promuovere queste liste come unica possibilità di non perdere ulteriori consensi e di svegliare dal sonno elettorale i tanti astensionisti. Non però esperienze civiche e liste chiamate a fare da supporto a coalizioni già costituite e a programmi già fatti, ma piuttosto chiamate a fare un comune percorso, a costruire assieme nuove idee per le città e per i Comuni, a condividere un metodo che porti ad individuare le migliori candidature a sindaco.

Il Pd può farlo ma deve prima definire meglio la propria identità sociale, dire da che parte sta rispetto al lavoro che non c’è e che non viene riconosciuto, alla flat-tax e alla continua accumulazione di ricchezza, alle disuguaglianze riprodotte anche nei servizi sociali, sanitari e formativi. E fare tutto ciò ora e non domani, già in autunno rischia di essere tardi per fare dei percorsi che permettano l’ascolto dei cittadini,verifichino il grado di consenso delle amministrazioni uscenti, le priorità sentite, le idee migliori.

Qualcosa di più urgente e di diverso dalla riproposizione delle liturgie che in altri tempi erano sufficienti e che oggi invece sono palesemente inadeguate.