La relazione della Segretaria provinciale Lucia Maestri

Carissime e carissimi,
può sembrare inusuale, e forse lo è, iniziare una relazione con le parole di un brano musicale.
Un testo che mi sta a cuore perché scritto da donne e interpretato da una donna.
Lucia Maestri, 13 marzo 2019

Parole e musica che plasticamente restituiscono, a ciascuno/a ciascuna di noi storie, di valori e appartenenza alla grande famiglia umana, di libertà, responsabilità, speranza; che raccontano di rispetto, di perdono, di coraggio, del riconoscere i propri errori e di girare pagina; della voglia e necessità di non “stare zitti”, del diritto di cambiare e di ricominciare; della consapevolezza che ognuno di noi può essere autore e autrice di cambiamento perché “ognuno ha la sua parte in questa grande scena, ognuno i suoi diritti e la sua schiena, per sopportare il peso di ogni scelta, il peso di ogni passo, il peso del coraggio”.

 

Libertà, responsabilità, speranza, equità. Termini costitutivi di un partito, il PD, al quale nella giornata del 3 marzo, un milione e seicentomila cittadini e cittadine italiane, e quasi 11.000 trentini hanno detto “Noi ci siamo”.

Tantissime persone, inaspettate, forse.

Quel “noi ci siamo” racconta di una rinnovata fiducia verso il nostro partito e la Politica, una fiducia che non è, e non può essere vissuta, come una “cambiale in bianco”.

Una fiducia che va onorata fino in fondo, nel considerare prioritario l’impegno di costruire una vera alternativa al governo che oggi conosciamo.

Quel “Noi ci siamo” sono i nostri elettori e le nostre elettrici, persone in carne e ossa, con i loro ideali, le loro aspettative, i loro sogni, le loro speranze (in noi riposte) che domenica si son prese la briga di venire ai seggi per inserire nell’urna una scheda; quel loro gesto significa “qualcosa in più” che la scelta tra tra Zingaretti, Martina e Giacchetti, o tra Alessandro Dal Ri’ e me.

Quella scheda è una promessa. La promessa che questi uomini e queste donne ci sono, e ci saranno, se noi forniamo e forniremo  loro le ragioni per rimettersi al nostro fianco. Sta a noi, dunque, non tradire questa promessa e questa fiducia.

Quel “Noi ci siamo”  accomuna i nostri elettori  e le nostre elettrici alle migliaia di volontarie e di volontarie del Partito Democratico che, in tutta Italia, e in Trentino, hanno dedicato il loro tempo libero alla passione più grande che possa esistere. La passione per la democrazia, per il suo esercizio trasparente, libero, costruttivo. Quella passione che muove gli animi, che ti fa sentire che il tuo destino è legato al destino degli altri, e che solo insieme agli altri lo puoi costruire. Quella passione che, a ben vedere, è il sale e il fondamento della “bella politica”. Quella passione che ti fa “muovere da casa” perché senti che il tuo contributo, la tua testimonianza è utile alla comunità.  A loro va il mio grazie di cuore, perché hanno mostrato che cosa è il vero Partito democratico. Questa “passione”, che è anche la nostra “passione”, va coltivata, fatta fiorire e rifiorire, soprattutto là, nelle giovani generazioni, apparentemente distratte, e invece sensibili alle coerenze tra ciò che si dice e ciò che si fa.

Quel “Noi ci siamo” è la grande Comunità del Partito Democratico, e forse ancor più larga dei nostri confini, ben lontana, per numeri e qualità dai likes espressi nella rete, sulla piattaforma Rousseau, della quale, permettetemi, poco o punto conosciamo la trasparenza, e, poco o punto, ne conosciamo la frequentazione. Piuttosto “contenuta” direi, dall’enumerazione dei click, resi pubblici.

Il Partito Democratico può e deve essere la voce di chi non vuol sentirsi stretto nel veder negata l’Europa e il sogno europeo. Noi crediamo e vogliamo costruire l’Europa di quello di Spinelli, Monnet, Adenauer, Schuman, De Gasperi; quello è il nostro orizzonte, il “nostro destino”.

Quello di chi non vuol sentirsi stretto nel veder mutato il ruolo dell’Italia, da fondatrice dell’Europa, a protagonista della instabilità, a soggetto inaffidabile, “sovranista”, incapace di pensare che, in un mondo globalizzato, la sola “scala nazionale” risulta perdente, sul piano sociale, politico, economico.

Di chi non vuol sentirsi stretto da un “contratto di governo” che antepone al bene dell’Italia, l’immediato ritorno elettorale ancorato a manovre che guardano all’oggi e non al domani, facendo pagare al domani, le nostre giovani generazioni, il consenso da loro ottenuto oggi.

 

Di chi non vuol sentirsi stretto da muri artificiosamente eretti; da una tenaglia culturale che non ti fa più sentire a casa; “da modalità, linguaggi, dal “dagli al diverso”, soprattutto se più debole, non solo per il colore della sua pelle, che de-costruiscono i fondamenti di una Comunità, sia essa statuale che territoriale.

Di chi, in Trentino, non vuol sentirsi stretto, in qualche cosa che il Trentino non è, a causa dell'abbandono della nostra storia e delle nostre radici, fatte di capacità di autogoverno, originali, ed autonome; di pensiero proprio, di innovazione, di progresso. Tutte qualità costitutive la nostra Comunità e miseramente appaltate, da qualche mese, al centralismo romano incarnato, in primis, da Matteo Salvini, con la corresponsabilità di chi,  come il Movimento 5 Stelle voleva “aprire il Parlamento come si apre una scatola di tonno”, e oggi, a qualche anno di distanza, rischia di fare, o sta già facendo,  per un paio di “poltrone” di governo e sottogoverno, la fine del tonno in scatola. 

 

 L’Europa

La nostra anima è anima europea. Molte domande: Europa vincolo? Peso? Legaccio o opportunità? Noi Italiani abbiamo una grande tradizione Europea, a maggior ragione noi, Trentini, conterranei di uno dei suoi padri fondatori.

Che ne sarebbe stato dell’Europa senza i trattati di Roma? Quale Pace avremmo conosciuto?  Anche se, purtroppo, in alcune zone di Europa, ricordo i Balcani, allo scatenarsi del “sovranismo”, la guerra ha avuto il sopravvento? Che ne sarebbe stato della deflagrazione dei paesi del cosiddetto “impero sovietico” se non ci fosse stata l’Europa a fornire strumenti di stabilizzazione ad un pezzo di mondo in frantumi? E quel Muro? Il Muro di Berlino sarebbe caduto senza conseguenze se l’Europa non avesse svolto una funzione di “calmiere” rispetto a “culture” uguali ma divise che, finalmente si incontravano?  Si dirà: brani di storia, storie lontane dalla “gente”. Eppure no, perché pace e stabilità sono valori condivisi e agognati da tutti. E non dati per sempre.

Dobbiamo sapere e dobbiamo raccontare ai nostri elettori che non esistono diritti europei acquisiti:

le opportunità di libera circolazione di popoli e merci, di scambi interculturali, di crescita umana, di coesione sociale, di libertà per tutti, sono qualche cosa che rischia di perdersi in questo mare di sovranismo e antieuropeismo. Così come non data a prescindere è l’acquisizione di stabilità economica, grazie all’Euro e agli interventi della BCE, che hanno garantito accesso ai mutui, sia per le imprese che per i singoli, a tassi non divorati dalle svalutazioni.  E così come non data a prescindere, dall’Europa, è la capacità di ogni Nazione di gestire i grandi flussi migratori, le politiche di investimento, sole che creano lavoro, le strategie della ricerca, sole che creano innovazione, le politiche di welfare, sole che creano comunità coese.

 

Certo, oggi, l’Europa appare, e forse è, fragile. Ma nessuna nazione europea può pensare di “salvarsi da sola”.

Alcide De Gasperi aveva visto lungo, già nel 1951, pronunciando a Strasburgo, queste parole: “Se noi costruiremo soltanto amministrazioni comuni, senza volontà politica, vivificata, da un organismo centrale, nel quale le volontà nazionali si incontrino, si precisino, si animino, in una sintesi superiore, rischieremo che questa attività

europea appaia, al confronto della vitalità nazionale particolare, senza valore, senza ideale. Potrebbe anche apparire, ad un certo momento, una sovrastruttura superflua e forse anche oppressiva, quale apparve, in certi periodi del suo declino il Sacro Romano Impero”.

De Gasperi aveva ragione. Nostro compito è fare evolvere l’Europa. Un’Europa che, attualmente, non è “sentita” dai più ragione di futuro e speranza.

Noi abbiamo il dovere di costruire “un’Europa della Rinascita”. Vogliamo un’Unione politica, accorciare la distanza tra cittadini e sovranità europea  anche “intervenendo sulla semplificazione dell’assetto delle sue istituzioni”, (Zingaretti)  investendo sulla capacità di proposta delle Regioni e Macroregioni e sulla loro vicinanza ai cittadini.

Un’Europa sociale, dove siano armonizzate politiche del lavoro e degli investimenti, dove sia data piena cittadinanza al diritto al futuro delle giovani generazioni. Un’Europa che si “faccia carico” tutta insieme del grande flusso migratorio che nessuno stato, da solo, può affrontare. E che se ne “faccia carico” guardando negli occhi una ad una le persone che, non a cuor leggero, lasciano il loro Paese. Il Mediterraneo che inghiotte vite umane, è mare europeo e come tale, “spazio europeo” intriso di significati e responsabilità.

A maggio si deciderà da che parte stare. La scomposizione del quadro racconta di due fronti: chi sta di là con l’Europa dei Sovranisti, chi sta di qua, con una rinnovata Europa dei cittadini e per i cittadini. Noi abbiamo scelto, non da oggi. La Campagna elettorale che si sta aprendo, segnerà uno spartiacque. Dirimente. Le nostre liste, che vogliamo costruite attorno al “rinascimento dell’Europa”, saranno la casa di chi, come noi, non intende rinunciare ad un futuro largo, di respiro, umano. Il Partito Democratico del Trentino, farà la sua parte, fino in fondo. A partire dall’individuazione di candidature fresche, autorevoli, convintamente europeiste.

Abbiamo un lungo cammino da compiere. Per l’Europa, e per l’Italia.

 

Domenica scorsa quel “noi ci siamo” ha eletto  Segretario Nicola Zingaretti, al quale, giunge forte il nostro plauso, il nostro impegno, il nostro sostegno.

A Nicola Zingaretti, uomo di robusta esperienza politica e amministrativa, è affidato un compito molto alto. Restituire speranza e rappresentatività a quell’Italia che “non ci sta”: a chi domenica 3 marzo, ha partecipato alle Primarie del Partito Democratico; a chi il giorno prima, sabato 2 marzo, ha invaso le strade di Milano contro il razzismo, a chi, un mese fa, partecipava alla manifestazione organizzata a Roma dalle Organizzazioni sindacali.  Il Partito Democratico c’è: con Nicola Zingaretti, con Maurizio Martina e Roberto Giacchetti, personalità che, con i loro contributi programmatici, hanno saputo rappresentare ricchezza e pluralità di pensiero e proposta, vero patrimonio del Pd.

Ora è tempo di costruire sintesi, in un partito nuovo, per il bene del nostro Paese.

Ben auguranti, in questo senso, sono le parole pronunciate dal nuovo Segretario, a risultato conclamato, la sera del 3 marzo. “Io non mi intendo capo ma leader di una Comunità che dovrà continuare a stare in campo per cambiare la storia della Democrazia italiana. Basta con le trame di potere, con il gioco delle figurine, se stiamo con Tizio o con Caio… L’agenda del PD sarà un’agenda nuova, fatta di parole semplici: scuola, scienza, giustizia, infrastrutture, lavoro, conoscenza, che puoi vuol dire libertà per il genere umano. Io non vorrò mai essere solo.”

Un “sentiment” forte accomuna le parole del Segretario Nazionale a chi vi parla. Non intendo, con ciò esplicitare, una “preferenza” ad una posizione politica interna che ritengo conclusa, la sera del 3 marzo. Mi sta a cuore, però, esplicitare un modo di essere e soprattutto di “fare”. E’ il “fare” che contraddistingue un Partito. Ed è grazie al “fare” che si esercita la nostra azione di cambiamento. Quel “fare” che dal piccolo quartiere di una città, alla vita della più “sperduta” periferia, racconta il nostro “essere”. Un “fare” mai legato alle convenienze del momento. Le convenienze del momento ci aprirebbero una prateria se solo

rinunciassimo alla nostra trama di valori e alla nostra visione del mondo.

 

Il Partito Democratico del Trentino

Quel “noi ci siamo”, ovviamente, vale anche per il Trentino. Così robusto, vivace, pungolante e variegato (molti elettori sono “tornati” e molti non sono strettamente riconducibili al perimetro del Pd) quel “noi ci siamo” ci chiede di non rinunciare alla nostra visione del mondo. Ci chiede, anzi, di farla vivere, di irrobustirla, di “gridarla” se possibile. Declinata in protesta, certamente, perché di protesta ha bisogno il Trentino; ma dando alla protesta la voce della “proposta altra”, a significare che un altro modo di governare è possibile.  E’ auspicabile.

Il Congresso del Partito Democratico del Trentino, ci consegna, come dicevo, la partecipazione di poco meno di undicimila persone. 10.712 per l’esattezza.

La partecipazione a questo congresso è stata al di sopra delle aspettative.

Grazie al lavoro serrato e certosino delle molte candidate, dei molti candidati, degli iscritti che si sono adoperati per far vivere la forza delle idee, di un progetto, di una prospettiva, e grazie ad un confronto vivace, tra due candidati segretario che, con passione, hanno percorso in lungo e in largo il territorio Trentino, con l’orecchio a terra, ascoltando il racconto dei problemi, ma anche delle aspettative e delle speranze delle molte comunità.

 

Ad Alessandro Dal Ri, mio concorrente, il mio, il nostro applauso e ringraziamento per il contributo di idee e stimoli che ha dato, e che, sono certa darà, al nostro partito. Idee e stimoli che sono già, e saranno, parte integrante della nuova nostra proposta di “essere” e “fare” partito.

Uniti, così come le numerose serate sul territorio ci hanno chiesto di essere, uniti, come vogliamo essere. Uniti, come abbiamo dimostrato di saper essere eleggendo Minella Chilà, alla quale vanno i nostri migliori auguri di buon lavoro a Presidente della nostra Assemblea.

Parte integrante della nuova proposta di “essere” e “fare” partito saranno anche molti dei contenuti della mozione presentata da Arianna Paoli. Ad Arianna, che, pur avendo vinto un ricorso presentato in sede nazionale, circa la ammissibilità della sua candidatura, ha deciso, con grande senso di responsabilità, che il Congresso si potesse tenere nelle forme e nei tempi stabiliti, va la nostra riconoscenza. In lei, e nella sua squadra, è prevalso il bene complessivo del progetto, rispetto all’affermazione di un legittimo diritto. A questo atto di responsabilità, risponderemo con altrettanta responsabilità valorizzando nelle diverse sedi del partito la presenza di Arianna e di alcuni che, con lei, hanno condiviso il suo percorso.

Permettetemi un ringraziamento speciale alle ragazze e ragazzi e alle donne e agli uomini che hanno proposto, voluto, sostenuto la mia candidatura a segretario. Una squadra speciale, propositiva, coesa, capace di progetto, ricca di entusiasmo. A tutte e tutti loro devo un grande grazie per il cammino che, insieme abbiamo compiuto.

E per quello che da oggi inizia, insieme ad Alessandro Dal Ri e ad Arianna Paoli.

Un  grande grazie, infine, a Laura e Marta. La loro professionalità, la loro competenza, la loro perseveranza, costituiscono per il Partito un bene prezioso.

 

10712 voti espressi alle primarie per il Segretario del Trentino, dicevo. Guardiamo a questo risultato e volgiamo poco o punto lo “sguardo indietro” se fosse stato meglio celebrare il nostro congresso, più tardi, ad operazioni nazionali concluse. Il risultato ci consegna una presenza di circoli elettori ed elettrici diffuse sul territorio. Non certamente ascrivibili al solo “elettorato di opinione” per lo più diffuso nei centri maggiori.

Su un totale di 10.712 elettori,il voto risulta così territorialmente distribuito:

 

Trento e valle dei Laghi 4211 voti espressi

Rovereto 2327 voti espressi

Alto Garda e Ledro 1015 voti espressi

Giudicarie e Rendena 449 voti espressi

Valli del Noce e Rotaliana 1107 voti espressi

Pergine: 1603 voti espressi

(Contiamo, in tutti i territori, 509 schede tra bianche e nulle.)

La distribuzione del voto ci consegna uno spaccato importante, e, forse, inaspettato. Se, infatti, potevamo presumere una robusta affluenza al voto nelle due città più grandi (Trento e Rovereto che contano, insieme 6538 voti espressi) meno certi eravamo della affluenza al voto nelle valli (che contano 4174 voti espressi).

Valli che, dunque, hanno aderito alle primarie in ragguardevole proporzione.

Segno che un certo radicamento sul diffuso territorio trentino, ed una certa capacità di mobilitazione, questo nostro PDT ce l’ha. E’, questo, un dato importante da cui partire pur nella consapevolezza che le sole primarie non costituiscono un partito.

 

Il Partito Democratico del Trentino è il Partito dei Territori. La vita delle diverse Comunità di montagna e di valle, sono la nostra ricchezza e la nostra storia, il nostro capitale umano. II nostro partito si fa promotore di un rapporto maturo tra centri urbani e articolate realtà territoriali, ritenendo che la nostra Comunità autonoma non possa prescindere dalla valorizzazione delle specificità e delle potenzialità di ogni articolazione territoriale e dal loro alto grado di integrazione. Ricostruire un disegno armonico tra città e valli è uno dei nostri compiti, nella consapevolezza che la competizione territoriale, quella vera, esige una Comunità trentina unita, forte, coesa.

Questa ricostruzione, può partire dalla creazione di una forte sinergia tra amministratrici e amministratori, grande risorsa e per questa terra e per il nostro partito; certamente le persone più vicine ai cittadini, capaci di “dare risposte” ai piccoli grandi problemi che la vita quotidiana dei cittadini loro pone, ma capaci anche di disegnare, per le loro comunità traiettorie di futuro. Il “non farli sentire soli” è il nostro primo compito. Come nostro compito è costruire una sede di incontro e di confronto, dove le loro esperienze possano “circolare”, divenire patrimonio di tutti. Penso che una Conferenza annuale degli Amministratori, possa costituire un momento importante non solo di aggiornamento sul “ciò che succede” ma anche di arricchimento di una trama programmatica che vogliamo legata alle esigenze del territorio.

 

Al partito, alla sua organizzazione, alla sua diffusione sul territorio dobbiamo dedicare il massimo dell’impegno. E’ l’articolazione del partito che consente di far vivere la nostra proposta politica dentro le comunità. Uno dei limiti che abbiamo conosciuto durante l’azione di governo, è da rintracciare nella scarsa efficacia prodotta dal partito, delle azioni di promozione e diffusione sul territorio dei contenuti delle riforme prodotte dai nostri Assessori e dal Governo provinciale. Dobbiamo divenire più capaci di ascoltare la comunità, ma anche di raccontare alla comunità il “che stiamo facendo” dentro le istituzioni, anche ora, chiamati, almeno a livello provinciale, ad esercitare il ruolo di opposizione. Risulta a tal proposito necessario irrobustire il rapporto tra il gruppo provinciale e realtà territoriali del partito, sollecitando i circoli ad organizzare momenti pubblici di confronto con i Consiglieri, ed i Consiglieri ad incrementare la loro presenza sul territorio. Ai circoli è affidato un importante ruolo. Sentinelle del territorio, (o anche dei luoghi di lavoro), capaci di ascoltare le istanze che questo esprime, capaci di tessere relazioni con le vivaci realtà associative, economiche, capaci di essere “presenti” e “visibili” dentro il tessuto della comunità. Con tutti gli strumenti possibili, dai gazebo, ai momenti di approfondimento delle tematiche territoriali o più generali, da mettere in campo con costanza e non solo a ridosso dei momenti elettorali. Alla motivazione, o ri-motivazione dei circoli, va dedicato un serio approfondimento da tenersi in seno ad una Conferenza organizzativa, così come va individuata, in seno alla segreteria, una figura che funga da coordinamento e riferimento costante.

L’Assemblea, organo di indirizzo del Partito Democratico del Trentino, assumerà su di sé il compito di essere, a sua volta, sintesi di elaborazione e di pensiero, coadiuvata in questo, dai lavori istruttori esperiti per materia dalle apposite commissioni che, a breve, saranno insediate. Ma sarà anche luogo di ascolto dei territori, assumendo una sua veste “itinerante”. L’Assemblea si riunirà, di volta in volta, in luoghi diversi, in ascolto delle voci di territori diversi. Non intendiamo con questo proporre incontri “spot”, “gite fuori porta” delle quali siamo, ogni settimana, spettatori. Intendiamo istruire gli ordini del giorno dell’assemblea che rechino sempre, al primo punto, l’incontro con chi su quel territorio amministra e lavora. Per un Partito consapevole, presente, capace di proposta.

 

Se il radicamento territoriale ed il rapporto “vis à vis” con le persone è, e rimane, il fondamento della politica, è indubbio che il Partito Democratico del Trentino debba investire più, e meglio, nella comunicazione ed in particolare nelle forme di comunicazione legate al mondo dei social. Tema ricorrente, questo, durante tutta la campagna congressuale. Tema importante anche se non “salvifico” ed esaustivo. Radicamento e uso dei social, in  sapiente combinazione, saranno le due “piste” sulle quali il Partito Democratico del Trentino dovrà intensamente lavorare.

Compito essenziale di un partito è la formazione e la selezione della classe dirigente competente e preparata. La formazione, in politica, così come nella vita, è base fondamentale per “saper fare”. La formazione richiede impegno e fatica, entusiasmo e costanza. Richiede anche la strutturazione di luoghi adeguati dove le migliori competenze si mettano a disposizione per far crescere nuove figure di amministratori o di amministratici, pronti e capaci di affrontare la sfida dell’essere, con autorevolezza, nelle Istituzioni. La creazione di una scuola di formazione è un nostro dovere prima che obiettivo.

Il Partito democratico del Trentino è partito Comunità, dove il contributo di ogni singolo diviene parte integrante di un progetto collettivo. E’ un Partito territoriale, che pur avendo a riferimento il Partito democratico nazionale, fa della sua autonoma capacità di proposta del governo del territorio, la sua cifra. Un “fondamento”, questo, sperimentato e inverato anche nel recente congresso. Ove le mozioni “concorrenti” si sono strutturate non già sulla appartenenza a questo o a quello schieramento nazionale, ma sulle diverse declinazioni del nostro essere utili al Trentino. Una bella dimostrazione di autonomia e di libertà, questa, esercitata con grande consapevolezza e grande senso di appartenenza ad una Terra, dai due candidati segretario e dalle squadre che li sostenevano.

Questa “dimensione territoriale” va fatta vivere, con autorevolezza, anche nei confronti del Partito Democratico nazionale, chiedendo il riconoscimento, in chiave “federalista” della nostra specifica identità in termini statutari, programmatici, di individuazione delle candidature, e non da ultimo di gestione finanziaria, avanzando la richiesta di trattenere il contributo del 2 per mille, versato su base volontaria dai sostenitori, in loco.

Un tema significativo, questo del finanziamento al Partito, che si trova a fare i conti con la contrazione degli eletti e quindi della loro capacità contributiva, e con la necessità di strutturarsi in modo più cogente e compiuto.

“Cosa posso fare io per il PDT” (e non “cosa può fare il PDT per me”), deve essere il nostro motto: esso non solo richiama un modo diverso rinnovato di “vivere” il partito ma sollecita un “di più di impegno individuale dedicato ad una Comunità che, delle competenze, fa la sua forza. Quelle competenze, che, se messe a disposizione e a “valore” non possono che portare giovamento al disegno comune. Il partito, è il suo volontariato, non altro. Anche se alla figura del tesoriere dovremmo chiedere un impegno forte e sostenuto da dedicare alla pratica del fundraising.

 

Le sfide del Pd del Trentino.

Si apre per il Partito democratico del Trentino una stagione di grandi sfide.

Ritessere la tela di un progetto, perché quando avviene, come al Pd del Trentino, che dopo aver a lungo governato, si ritrova all’opposizione, si è chiamati ad una prova di umiltà, indagando con severità le ragioni della inadeguatezza, ricercando fino in fondo le ragioni della nostra sconfitta. Eppur la doverosa analisi non basta. Siamo chiamati ad organizzare una attenta e robusta opposizione, elaborando e facendo vivere, sia nelle istituzioni che nella società un punto di vista critico, alternativo a quello di chi ha avuto il mandato di governare.

Affiancare la critica alla proposta, presentare un modo di governare “altro” è il compito prioritario del Partito democratico del Trentino e dei suoi rappresentanti nelle istituzioni.

 

Salvaguardare e proteggere la nostra autonomia.

L’Autonomia è un valore fondamentale per il partito democratico del Trentino come lo è per quei partiti che hanno dato vita ad una lunga e positiva esperienza di governo. La nostra Autonomia speciale è, oggi più che mai, di fronte ad un bivio, che non appare eccessivo definire storico. Da una parte c’è la strada, pericolosamente aperta ed in discesa, che disegna una Provincia ridotta ad un grande ente locale, dotato di ingenti risorse amministrative, per gestire capitoli di spesa per lo più vincolati; un’Istituzione speciale solo sul piano delle dimensioni del suo bilancio.

Dall’altra parte c’è invece una via, tutta in salita, quella dell’irrobustimento di una Comunità autonoma che, in forza della sua storia, della sua collocazione geografica, e della sua connaturata e dimostrata capacità di autogoverno, si propone come una articolazione della statualità, rivendicando un diritto, sancito dallo Statuto di governare e non solo di “amministrare” il suo territorio. Noi non intendiamo appaltare i destini della nostra terra a veline stese nei palazzi romani; intendiamo esperire le nostre facoltà di autogoverno nella pienezza del nostro pensiero, della nostra responsabilità e della nostra capacità di innovazione.

E’, e sarà, questa la strada maestra che il nostro gruppo consiliare percorre e percorrerà con tenacia e di giorno in giorno, nelle aule del Consiglio Provinciale.

Al Capogruppo Giorgio Tonini, e a tutto il Gruppo consiliare, giunga il nostro  augurio di buon lavoro.

 

La Regione

Nel ribadire la bontà del modello della staffetta dei Presidenti delle due Province alla Presidenza della Regione, figlia anche della elaborazione della sinistra democratica trentina, non possiamo che stigmatizzarne, in questo inizio di legislatura, la sua riduzione a “stato di necessità” anziché il suo essere  cemento di un patto radicato su un progetto politico condiviso, così come è stato tra la Svp e il centrosinistra autonomista trentino. Una situazione, questa, che presenta forti rischi di stallo politico e  programmatico e di riduzione della Regione a contenitore di ordinaria amministrazione. In tema di Regione dovrà essere forte la nostra iniziativa politica: nel ribadire la unitarietà dello Statuto, nel valorizzarne le competenze, a cominciare da quelle previdenziali, alle quali si è aggiunta l’importante delega sull’amministrazione della giustizia, nel rilanciare il progetto dell’Euregio per fare, della nostra Regione europea transfrontaliera, il pilastro portante del terzo Statuto, sulla base di un nuovo accordo tra Roma e Vienna, da recepire nelle Costituzioni italiana e austriaca, nel quadro della costruzione dell’Europa politica.

Il negoziato in corso, con il governo e le altre istituzioni regionali e locali sul rinnovo della concessione dell’Autobrennero, Società che ha compiuto 60 anni di vita e che ha contribuito, in modo determinant,e allo sviluppo della nostra terra, ha messo in evidenza la necessità della definizione di più compiute politiche di corridoio (autostradale, ma anche ferroviario, telematico, energetico,) lungo l’Asse del Brennero. Fare squadra su questo tema, credo significhi negoziare al meglio il compromesso col Governo sulla nuova società, anche difendendo la collocazione della sede legale a Trento, e, allo stesso, tempo aprire un confronto con il Governo, il Parlamento e le altre regioni interessate per allargare gli spazi del cosiddetto “federalismo infrastrutturale, ossia la compartecipazione al potere di concessione. Rilanciare la dimensione politica, analogicamente statuale, della nostra autonomia è certamente una strada in salita. Più facile è ridurci a concessionari di scelte politiche altrui, dalla Valdastico fino alla Supervalsugana, come sta facendo la Giunta Fugatti, che sta dimostrando una subalternità alla visione e agli interessi del Veneto. Una subalternità che va al di là delle più pessimistiche previsioni. Anche su questo versante, c’è una grande spazio aperto per una nostra iniziativa politica: per contrastare progetti sbagliati e di corto respiro come la Valdastico e per rilanciare una politica di corridoio transfrontaliero, centrata sulla galleria di base del Brennero e sullo spostamento di quote crescenti di traffico dalla gomma al ferro, dalla strada alla ferrovia.

 

A proposito di politiche provinciali…

Assistiamo, in questi primi mesi di governo ad una sorprendente subalternità della nostra Autonomia al Governo nazionale. Il repentino recepimento, nel nostro ordinamento provinciale, del barbaro principio dei dieci anni di residenza, prima ancora che su di esso si pronunciasse in via definitiva il Parlamento e in palese dissonanza con il governo provinciale di Bolzano, del quale pure fa parte la Lega, è una prova di fedeltà al “capitano” Salvini, e fa a pugni con la cultura e la pratica dell’Autonomia.  Il contenuto di quella norma e, più in generale, delle politiche della Giunta contro l’accoglienza e l’integrazione dei migranti, fa a pugni con il Crocifisso ed il Presepe, simboli di fraternità, di amore e di pace, dei quali, la coalizione di governo, ha tentato goffamente di impadronirsi. Con questa politica ideologica, inutilmente cattiva perché seminatrice di odio gratuito, la Giunta Fugatti è riuscita non solo a contrapporsi al centrosinistra e al Sindacato, agli autonomisti del Patt e della Svp, a gran parte dell’opinione pubblica democratica, progressista e moderata, ma anche a destabilizzare il mondo della cooperazione e a suscitare l’aperto dissenso di un’organizzazione tradizionalmente ed esplicitamente “governativa” come Confindustria. Anche in questo ambito, c’è un grande spazio aperto per la nostra iniziativa politica: per contrastare l’ideologia leghista che fa dei migranti il capro espiatorio di tutti i nostri mali, ignorando e calpestando non solo l’etica, ma anche la demografia e l’economia; per costruire soluzioni e dare risposte anche parziali, come nel caso di Lavarone, che ha visto il discreto, ma attivo apporto del nostro gruppo consiliare e in particolare di Sara Ferrari, che voglio ringraziare; per favorire il maturare di una consapevolezza nuova, non solo nei centri urbani, ma anche nei quartieri periferici e nelle valli, come proprio l’esperienza di Lavarone, figlia della giusta impostazione della Giunta Rossi e dell’assessore Zeni, . Soluzioni, queste, come abbiamo visto, positive e possibili.

 

A questo si aggiungano i tagli al welfare e alla cultura che già si stanno delineando. Il 6% in meno per la cura dei disabili. Tutto questo è per la nostra idea di società, inaccettabile. E sarà massimo il nostro impegno per arginare politiche a dir poco scellerate.

 

Lo voglio dire con chiarezza: ciò che la Giunta provinciale sta portando avanti in tema di famiglia e di diritti è frutto della peggior propaganda che punta a riportare la nostra terra indietro di decenni sul piano dei diritti con assurde prese di posizione antiabortiste, come quella depositata in comune di Trento dalla leghista Bruna Giuliani.

Lo dicevo prima con riguardo all’Europa: non esistono diritti acquisiti e immutabili. Non lo è il diritto all’autodeterminazione della donna, non lo è il principio di pari opportunità, non lo è il diritto ad amare chi si vuole. Vorremmo che fossero principi intoccabili: la Lega ci sta mostrando che non lo sono;  è giusto che noi progressisti scendiamo in campo per difenderli. Oggi, e qui, anche in Trentino.

Dobbiamo ripetere con forza che la “teoria gender” non esiste, che è una delle tante fake news urlate sui social. Il fatto che nelle nostre aule scolastiche i nostri figli imparino cosa è la parità di genere è una conquista che dobbiamo rivendicare, opponendoci con quanta forza abbiamo a chi vuole portare nelle classi non la cultura dell’accoglienza, ma la paura dell’altro.

Al centro della società di oggi c’è non la famiglia Mulino Bianco, ma tutte le famiglie: sposate o coppie di fatto, separate, con o senza figli, laiche o unite  con cerimonia religiosa. Nessuna esclusa, perchè il diritto di essere famiglia non limita l’eguale diritto di qualcun altro ad essere tale. Non lo dico io, lo dice la realtà, contro ogni mistificazione di chi predica odio.

 

Lo sappiano, i nostri avversari politici: il Pd è il partito di tutte le famiglie ed è il partito dei diritti. Non arretreremo di un passo nella difesa della libertà di autodeterminarsi e lo faremo ricordando delle parole del costituente Piero Calamandrei, che scriveva che “la libertà è come l'aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare”. Qui in Trentino, il governo sta iniziando a far mancare quest’aria: noi a questo ci opporremo con tutte le forze.

 

Anche in tema di politiche per lo sviluppo l’avvio è assai poco incoraggiante. Vedremo nei prossimi giorni come la Giunta vorrà impostare la conferenza sulla montagna, se sarà un’ occasione di rilancio del nostro modello di sviluppo, un modello originale che ha le sue radici profonde nella politica urbanistica di Bruno Kessler prima e di Walter Micheli poi, un modello di forte integrazione tra sviluppo economico, valorizzazione dell’ambiente e coesione sociale, o se il tutto si ridurrà a qualche concessione dall’alto di prestazioni simboliche, prive di reale impatto sulla crescita economica e sul benessere sociale. Al momento, la Giunta sembra preferire un modello feudale, basato sull’elargizione benevola e compassionevole, anziché sul confronto democratico e sociale con una comunità forte perché autonoma e pluralista. Lo stesso stile di “ascolto”, dal quale beninteso noi abbiamo molto da imparare, può rivelarsi una neppure tanto raffinata strategia di alimentazione della cultura della dipendenza: il principe ascolta i sudditi e poi elargisce loro qualche elemosina. La scelta, con la variazione di bilancio, di finanziare il ristoro dei danni da maltempo bloccando gli investimenti, anziché accendendo un mutuo, è un indizio preoccupante di questo orientamento. Il quadro nazionale, segnato da forti rischi di recessione aggravati da una politica della finanza pubblica irresponsabile e caotica, non consente distrazioni. La preoccupazione crescente tra gli imprenditori e i sindacati mostra una crescente sfiducia da parte degli operatori economici e i lavoratori sulla volontà e la capacità del governo provinciale di concertare un incisivo programma di interventi anticiclici, per la crescita e l’occupazione. Anche su questo terreno c’è spazio per una nostra iniziativa, forti dell’autorevolezza conquistata negli anni scorsi, in particolare grazie al grande lavoro di Alessandro Olivi.

 

Le prossime sfide elettorali

Costruire un’alternativa di governo per il Trentino è il sale del nostro agire. Non è nostra intenzione camminare da soli. Per dare voce alla Comunità “altra” dobbiamo camminare con la Comunità altra.  Quella comunità che non solo si mobilita per dire il suo no alto e forte, ma che quotidianamente nei luoghi dell’associazionismo, nel volontariato, nelle articolazioni sindacali e nel mondo della cooperazione, delle imprese e dell’artigianato, dimostra, con il suo operare, che un altro Trentino esiste, ha molto da dare e da dire per scrivere la trama di un nuovo progetto.

Le scadenze elettorali che abbiamo di fronte non consentono soste.  Le Europee e le concomitanti suppletive  per il rinnovo della rappresentanza parlamentare nei collegi della Valsugana e di Trento Val di Non e val di Sole, sono dietro l’angolo. Il sistema elettorale ci consegna la responsabilità di trovare la maggior convergenza e unità possibile: questo è il nostro obiettivo, e non solo perchè ce lo richiede il sistema elettorale, che, come sappiamo non rende le “divisioni” competitive. Certo, siamo consci che l’implosione della coalizione di centro sinistra autonomista ha lasciato sul terreno molte macerie. Ma ricostruire può e deve essere possibile. In forme nuove e avanzate. Con il Patt, che sta portando a termine la sua fase congressuale, alla quale guardiamo con molto rispetto, vogliamo riaprire un dialogo sulla base dei valori, quello della cultura autonomistica e quello della promozione dei territori e delle loro comunità di riferimento, che, da sempre ci accomunano. Noi siamo disponibili alla tessitura umile e paziente di una tela che, sappiamo, si è spezzata. In un quadro di coerenze che insieme costruiremo, per le sfide future.

 

Nell’arco delle prossime settimane apriremo il confronto con i partiti che con noi hanno condiviso l’esperienza di governo con l’ UPT, con quelli, che, con noi, condividono ora la sfida dell’opposizione, Futura,  partiti con i quali è già ben avviato un percorso di condivisione di valori e di prospettive, e con l’area a sinistra del PDT. 

Non penso, però, ad un coinvolgimento dell’area del M5S. Da quell’area ci separano molte, troppe cose, a partire dalla loro scelta di tramutare il loro “piano valoriale” in uno scellerato “contratto di governo” con chi, sui fondamentali, non ha nulla a che spartire con noi.

Le Amministrative del 2020, che porteranno al rinnovo di moltissimi Consigli Comunali tra i quali quelli delle grandi città, ci vedranno protagonisti di proposte e progetti che, nel rispetto della autonomia dei territori, potranno assumere anche la veste di inedite esperienze civiche o che ci vedranno costruire, con le esperienze civiche territoriali, strette alleanze. Con questo schema per altro, stiamo già lavorando, guardando all’imminente rinnovo delle amministrazioni comunali di Levico e di Borgo.

Ho cercato di tracciare il quadro di un nuovo inizio, che, come sappiamo e vediamo ci richiederà forte impegno, dedizione e coraggio. C’è molto da fare. Per tutti.

Sarà una sfida difficile, bella ed entusiasmante: servono coraggio e unità;

li abbiamo entrambi e dimostreremo di meritare la fiducia del 3 marzo.

 

Grazie