«La rivoluzione è già finita. Il nuovo governo ammette che abbiamo lavorato bene»

«Vedo che anche Borga assicura che non ci saranno rivoluzioni, come già aveva anticipato Fugatti in campagna elettorale. Alla fine, il nuovo governo non poteva non ammettere che il Trentino poggia su solide basi: ora spetterà a loro dimostrare di saperlo governare. Staremo a vedere se saranno in grado di mantenere lo standard di qualità che abbiamo raggiunto noi». Alessandro Olivi lancia la sfida al centrodestra.
M. Giovannini, "Corriere del Trentino", 16 novembre 2018

 

«Misureremo il nuovo governo — avverte il consigliere del Pd, ex vicepresidente della Provincia — su alcuni settori: penso alla conoscenza, al lavoro, alla crescita dell’economia territoriale».

Consigliere Olivi, da due giorni il Trentino ha una nuova giunta. Come giudica le prime dichiarazioni dell’esecutivo? Rodolfo Borga, che sarà vicepresidente, assicura che non ci saranno rivoluzioni.

«Sapevo che un’analisi obiettiva e onesta del Trentino, finita la campagna elettorale con le sue inevitabili forzature, avrebbe portato a questa conclusione: le rivoluzioni qui non servono. E non sorprende che a esprimersi in questi termini sia Borga, una persona intellettualmente onesta. La maggioranza ha trovato un Trentino con i conti a posto, con una situazione solida e di potenziale sviluppo. Ora sta a loro».

Provare a migliorare?

«Chi si appresta a governare ha due strade. La prima, che mi pare preferita a livello nazionale, è quella di agire come se ci si trovasse in una campagna elettorale continua. La seconda è misurarsi con la responsabilità di governo, partendo dal fatto che il Trentino oggi poggia su basi solide. Il centrodestra deve dimostrare di saperlo governare. Staremo a vedere se saranno in grado di mantenere gli standard di qualità che abbiamo raggiunto. Eppure la situazione attuale è anomala».

In che senso?

«Abbiamo assistito a un cambio politico molto netto. Ma chi oggi inizia la legislatura lo fa raccogliendo un territorio in buona salute: in sostanza, il centrodestra non ha vinto le elezioni sulle rovine di una stagione di errori. Anzi. E le dichiarazioni di Fugatti e Borga lo dimostrano. Attenzione, però».

Prego.

«In questi cinque anni abbiamo governato facendo i conti con la più significativa riduzione di risorse pubbliche mai riscontrata. E abbiamo retto l’urto. Ora mi auguro che il nuovo governo non si fermi, sull’onde di una situazione di relativa stabilità. C’è bisogno di continuare a investire su alcune rotte specifiche. E su queste misureremo il nuovo governo».

Quali sono?

«Ne cito solo alcune. Penso in particolare alla conoscenza: non possiamo non immaginare che non si investa in questo settore, con una scuola sempre più forte e di qualità, puntando sulla ricerca, sull’innovazione sociale. C’è poi il tema del lavoro, finora rimasto ai margini delle priorità. E ancora, le politiche economiche, che non hanno bisogno di passi indietro con filiere corte e orticelli, ma devono guardare a una crescita di sistema. La giunta dovrà ripartire da dove avevamo portato il lavoro: certo, le soluzioni potranno essere diverse — hanno il diritto di cambiarle — ma il baricentro deve rimanere lo stesso».

In primavera si tornerà a votare in Valsugana e nel collegio di Trento. Quante possibilità ci sono di rivedere un centrosinistra unito? Magari anche con gli autonomisti?

«Credo che rispetto a marzo qualche chance di riuscire a costruire una proposta ci sia. Di sicuro non possiamo presentarci con un centrosinistra “vintage”, con ricette e figure vecchie, con modelli superati. Ci vuole una proposta di forte innovazione, una proposta civica ancora più aperta rispetto a quella del 4 marzo, in cui i partiti costruiscano un campo largo, consapevoli del fatto che la dispersione di risorse è letale: per questo, lo sforzo di riaggregazione ci deve essere. Dobbiamo però toglierci la sindrome di rivincita. E far leva sul fatto che si inizia a percepire il rischio di un governo nazionale che segna il passo».

Si parte dal capoluogo per la nuova proposta?

«Sappiamo che Trento ha un ruolo significativo, anche se negli ultimi anni si è chiamato fuori dalla sfida politica. Credo però che è dai territori più difficili che si debba partire, da quelle valli che hanno inseguito le lusinghe della Lega».