Trentino 2030: il programma

L' iniziativa «multicolore» lanciata da Paolo Ghezzi ha avuto il merito di riaccendere una speranza nel cuore di tanti elettori, che cominciavano a rassegnarsi non solo ad una vittoria della Lega anche alle provinciali e regionali del prossimo 21 ottobre, ma ad una vittoria ottenuta senza combattere, per suicidio dell'avversario: troppi erano ormai i mesi sprecati in un'estenuante e inconcludente guerra di posizione tra e dentro le forze politiche della coalizione di governo.
Giorgio Tonini, 3 settembre 2018

 


Ora l'alleanza di centrosinistra ha davanti a sé la responsabilità di non far spegnere questa fiammella di speranza e di non ridurla ad un fuoco di paglia. 
Il rinnovato interesse all'ascolto e la ritrovata motivazione all'impegno devono poter incontrare, prima di spegnersi, quindi in tempi molto rapidi, la legna buona di una robusta proposta politica e programmatica: un'Agenda per il Trentino 2030.
Una proposta che deve riuscire a fare sintesi, in modo credibile e apprezzabile da parte degli elettori, tra il desiderio di cambiamento, di discontinuità, di rinnovamento profondo, emerso dal voto del 4 marzo, e l'esigenza di non disperdere il pur sempre cospicuo patrimonio di risultati ottenuti negli scorsi anni.
La chiave credo stia nel partire dal basso, dal punto di vista del cittadino più semplice (come il bambino tante volte evocato da Dino Pedrotti), rifuggendo dalla ricorrente tentazione elitaria e moralistica della sinistra, per cercare di offrire, con sincerità e umiltà, a quello stesso punto di vista, una prospettiva più ampia nella quale collocarsi, per dare più fiato all'impegno e motivazioni solide alla speranza.
Il primo gruppo di problemi che assillano la vita delle persone, delle famiglie e in definitiva della nostra comunità autonoma è quello che ha a che fare con l'evoluzione demografica del Trentino (e dell'Italia e dell'Europa e del mondo...). Si è discusso e polemizzato per mesi e mesi, spesso in modo strumentale, sui punti nascita. E certo, una risposta compiuta, in dialogo costruttivo col governo nazionale, dovrà essere definita per realtà peculiari come Cavalese o, per motivi diversi, Arco. Ma si può dividersi in modo così drammatico sui punti nascita e ignorare quasi del tutto, nel dibattito pubblico, il problema dei problemi, il crollo delle nascite? Non che non si sia fatto nulla in questi anni, anzi. La Provincia nostra è all'avanguardia in Italia nelle politiche familiari. Ma insomma, io penso che la prossima Giunta provinciale dovrebbe mettere in cima all'elenco di cose da fare, come evitare l'estinzione dei trentini nel giro di un paio di generazioni. E al secondo posto, sempre per restare in ambito demografico, ci metterei gli anziani. Non solo e non tanto gli anziani di oggi, problema che stiamo riuscendo a gestire tutto sommato in modo dignitoso, anche se sempre migliorabile, quanto soprattutto gli anziani di domani. 
Nel giro di vent'anni diventeremo grandi anziani, cioè ultraottantenni, noi baby-boomers, nati tra gli anni '50 e '60. Perdonate la crudezza, ma saremo la più numerosa generazione anziana non autosufficiente mai vista. E questo peso enorme poggerà sulle spalle della generazione giovane più sparuta della nostra storia. Una situazione semplicemente insostenibile, e non solo sul piano finanziario, perfino per un welfare pubblico forte e di qualità come il nostro. Ecco, come evitare oggi che i nostri figli (perlopiù unici) siano costretti domani a sottoporci ad un'eutanasia di massa credo debba essere il punto 2 nell'Agenda della nuova Giunta.
È in questo quadro che va affrontato il tema dell'immigrazione. Un fenomeno reso inevitabile dalla demografia e dall'economia. Ma che va governato e non subìto. Va governato come non aveva saputo fare Alfano e invece ha saputo fare Minniti. Va governato e non cavalcato, come sta facendo irresponsabilmente Salvini. Governare l'immigrazione significa regolare i flussi a monte e organizzare l'accoglienza e l'integrazione, attraverso la scuola e il lavoro. Gli immigrati devono poter studiare e lavorare, per guadagnarsi l'accoglienza e costruirsi l'integrazione. Non devono bighellonare. E se delinquono, devono essere colpiti con severità. Solo così si contrastano razzismo e xenofobia. E si combatte il rischio degrado delle periferie urbane.
Eccolo il quarto punto di questa Agenda per la nuova Giunta: un piano per le periferie, ovviamente d'intesa con i comuni, che abbia al centro la riqualificazione programmata e incentivata dei condomìni, se necessario abbattendo e ricostruendo i vecchi edifici, con evidenti vantaggi per il patrimonio e la qualità della vita delle famiglie, per la sostenibilità ambientale e per il rilancio dell'edilizia.
Entriamo così nel secondo grande gruppo di questioni, quelle di carattere economico. Le politiche di contesto, definite fra Trento e Roma negli anni scorsi, hanno lasciato un'eredità cospicua sulla quale lavorare. Le scelte fatte per l'A22, strettamente connesse col grande progetto del tunnel di base del Brennero, stanno dimostrando tutta la loro lungimiranza, anche alla luce del dibattito che si è aperto nel paese dopo la tragedia di Genova. La riforma del sistema delle casse rurali, come tutte le riforme sempre perfettibile, sta a sua volta mostrando enormi potenzialità, come testimoniato dall'articolo di ieri del direttore Giovanetti. 
Altrettanto si può dire per fattori strategici per lo sviluppo come l'energia, la ricerca, la formazione.
E tuttavia, dobbiamo fare di più e meglio. C'è una questione salariale aperta nel settore privato e nel lavoro operaio in modo particolare. Con la concertazione positivamente seguita in questi anni, si possono creare le condizioni per aumentare la produttività delle imprese e i salari e la stabilità dei lavoratori. Guardando a Nord, a Bolzano e in generale al mondo tedesco. Anche questo deve essere un punto in evidenza nell'Agenda della nuova Giunta.
Insieme al lavoro dei giovani. Vorrei che strutturassimo un'anagrafe che censisse le grandi risorse giovanili, intellettuali e professionali, che abbiamo formato in Trentino e abbiamo poi regalato al resto d'Italia o più spesso all'estero. Vorrei che riuscissimo ad avanzare a ciascuno di loro una proposta di rientro, da valutare in piena libertà. Sarebbe anche un modo per ristrutturare al rialzo, sul piano tecnologico e qualitativo, il nostro sistema produttivo ed economico. Anche così possiamo forse recuperare almeno una parte del gap che abbiamo accumulato con l'Alto Adige.
Per fare tutte queste cose (e tante altre come queste) abbiamo bisogno di una Provincia, intesa come macchina amministrativa, rinnovata e ammodernata: burocrazia zero e attenzione alla sostanza, meno vincoli procedurali e più strumenti di progettazione e valutazione.
E abbiamo bisogno di una mentalità aperta: alla Regione e all'Euregio, al Norditalia, al Paese e all'Europa. Per questo dobbiamo fare nostro il monito finale di Bruno Kessler: attenti ad un Trentino piccolo e solo.
E dobbiamo contrastare la deriva nazionalista e antieuropea della Lega di Salvini. Perché non intendiamo dimenticare l'insegnamento di Alcide Degasperi: europeismo e autonomia sono due facce, inscindibili, della stessa medaglia.