Olivi: mai una flat tax trentina

Alessandro Olivi intende negoziare un piano di sviluppo per il decennio. «Propongo un patto alle forze sociali — dice il vicepresidente della Provincia — con fisco incentivato per chi assume e fa business con ricadute per la comunità. Mai una flat tax trentina». Per il leghista Maurizio Fugatti, dalla Provincia solo spot: «Noi vediamo una realtà ben diversa».
N. Chiarini, "Corriere del Trentino", 22 aprile 2018

Il metodo è la concertazione, l’obiettivo un piano che imposti lo sviluppo del Trentino con una prospettiva decennale. Alessandro Olivi parte dall’assestamento del bilancio provinciale, per guardare oltre il limite di una legislatura ormai al termine. «Non abbiamo il respiro corto di chi guarda alla scadenza elettorale — sostiene il vicepresidente della Provincia, delegato allo Sviluppo economico — tendiamo a una visione di medio periodo, per consolidare i percorsi impostati in questa legislatura su fisco, welfare, lavoro, infrastrutture con interventi strutturali».

Olivi, le forze sociali chiedono strumenti e incentivi per sostenere la ripresa

«Nel 2013, a inizio legislatura, il quadro economico era molto più critico e metteva a dura prova anche un sistema dotato di forti anticorpi, come quello trentino. A distanza di cinque anni possiamo parlare di sviluppo, crescita, lavoro in un contesto che si è rimesso in movimento. Alle forze sociali proponiamo un patto per consolidare questa tendenza. Il metodo è la concertazione, l’obiettivo l’occupazione stabile e di qualità, sostenuto da un welfare sempre più universale e da infrastrutture. E infrastrutture non significa cemento»

La prima leva è quella fiscale

«Intendiamo continuare nella direzione del decremento della pressione e dell’allargamento degli incentivi, usando tutte le opportunità offerte dall’Autonomia. Questo non significa, però, flat tax o contributi a pioggia. La Provincia non è un bancomat, ma un interlocutore che si confronta con le imprese, sostenendo chi propone progetti che non perseguano solo profitto, ma ricadute sociali nel territorio. In questo c’è continuità con una politica che ci ha condotto ad abbassare le imposte a chi, per esempio, assumeva e stabilizzava giovani lavoratori. O ancora, la riduzione dell’Irap, proporzionata agli investimenti fatti».

Quali investimenti vorreste incentivare?

«Tutti quelli che possono fare coincidere il business con la restituzione di opportunità alla comunità. Pensiamo ad accordi specifici di comparto, per esempio, che valorizzino il rapporto con le reti di piccole e medie imprese nell’indotto. O, ancora, a intese più strette con il sistema formativo, per cui dall’alternanza scuola lavoro si passi all’alleanza scuola lavoro. Non è una differenza terminologica, ma sostanziale che mette al centro le relazioni tra istituzioni fondamentali, con la condivisione di progetti, sempre nell’ottica di una forte negozialità»

Richieste pressanti giungono anche sul versante infrastrutture

«In questi anni abbiamo avuto meno risorse, ma contiamo in manovra di poter lavorare su qualche margine finanziario di flessibilità. Il traguardo è chiaro: investire su opere di impatto durevole».

Quali?

«Sistemi di mobilità alternativa, recupero del patrimonio pubblico, digitalizzazione del territorio. Non cemento, ma innovazione. Bene l’idea di Smart City, meglio quella di Smart Comunità. Se investiamo con capillarità in questa direzione, contrastiamo l’emigrazione, valorizzando il lavoro professionale in valle»

Sul welfare?

«L’assegno unico è un modello che non ha eguali e può diventare riferimento nel dibattito nazionale. Unisce i sostegni economici al lavoro, con razionalità e ottica di sistema. Sul welfare universale intendiamo aumentare gli investimenti. Lavorando sull’Icef possono ampliarsi le opportunità per chi più sente il peso della crisi. C’è poi il tema dell’occupazione femminile. Maternità e lavoro non devono imporre un bivio. Prioritario conciliare tempi familiari e professionali».