La sinistra non neghi paura e rabbia sociale

Il 4 marzo si vota, le parole chiave della campagna elettorale saranno due: rabbia e paura. Sono questi i sentimenti che allignano nell’animo degli italiani. Nell’edizione del Corriere del Trentino di martedì ho letto l’intervista a Franco Ianeselli. Il sindacalista parla di «rancore», il rancore dei «perdenti della globalizzazione» i quali «sono operai tradizionali che perdono il lavoro, sono persone con un grado di istruzione elevato che non trovano sbocchi occupazionali congrui».
G. Hamel, "Corriere del Trentino", 4 gennaio 2018

 

Chi ha perso i risparmi nei crac bancari e legge gli articoli della stampa sulla commissione banche non può che rimanere indignato dalla sottile linea che separa il lecito dal conflitto d’interessi. Coloro che hanno perso il lavoro per la delocalizzazione dell’impresa e le partite Iva in difficoltà si interrogano sulla globalizzazione, la quale ha aperto i mercati alle grandi imprese, ma ha anche consentito l’accesso di manodopera a basso costo producendo una guerra tra poveri tanto nell’edilizia quanto nella manifattura.

Un proverbio cinese spiega molto bene quale è stata la differente ricetta della destra e del centrosinistra nel rapportarsi con la globalizzazione: «Quando soffia il vento del cambiamento alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento».

La concezione costruttiva, aperta, carica di speranza tipica della sinistra della Terza Via impersonata da Clinton, Blair, Schröder, Renzi e Macron ha oggi lasciato il posto a un più realistico umore pessimista da parte degli europei e degli italiani, ha lasciato il posto a una sfiducia generalizzata. Un unico dato su tutti: il calo delle nascite, anche nel nostro Trentino. Secondo l’Istat hanno lasciato l’Italia nel 2016 115.000 cervelli e 27.000 italiani nascono direttamente all’estero. Sono andato a rivedere i dati dei principali concorsi pubblici usciti recentemente: oltre 22.000 domande di laureati per 365 posti all’Inps, 184.000 domande per il concorso per 1184 agenti di polizia, 308.000 candidati per 800 posti da cancelliere. In Provincia 1700 candidati per 42 posti da funzionario provinciale a tempo determinato.

L’Italia sta diventando anche per le nuove generazioni un Paese dove la concorrenza è tantissima e le opportunità diventano pochissime. Potremmo definirla il Paese dell’imbuto.

In tale scenario la destra si è riciclata, non è più quella liberista di Reagan e della Thatcher che con le loro deregulation hanno aperto il vaso di Pandora della speculazione finanziaria. La destra neoliberista, che ha prodotto le cause remote della crisi economica del 2008, oggi torna in campo come destra della protezione sociale e come destra dei muri. Non serve andare nell’Europa dell’Est amministrata dai vari Orban e Duda, basta superare il Brennero dove è nato un governo con l’estrema destra di Strache. Solo il ballottaggio ha impedito nel dicembre 2016 e nel maggio 2017 la vittoria dei candidati di estrema destra addirittura alla presidenza della Repubblica in Austria e Francia.

L’orizzonte mi preoccupa perché i muri non sono mai stati una soluzione, i muri prima o poi crollano e i problemi — a quel punto — sbattono con crudezza ed impeto sulla realtà. A oggi la destra ha una soluzione fallace (il muro) mentre non si intravede all’orizzonte il mulino a vento della sinistra. Al centrosinistra europeo, finito all’opposizione pressoché ovunque, servirebbe recuperare il Manifesto di Ventotene e lanciare la sfida federale europea. L’integrazione economica ha prodotto egoismi e sguardo corto, l’aspirazione di alcuni Stati membri è stata unicamente accedere al mercato unico europeo.

Oggi è tempo per il Partito socialista europeo di invertire la rotta, lanciare l’integrazione politica europea come ricetta per il futuro superando i muri e tornando ad indirizzare il vento nell’unica direzione possibile. La sinistra dovrebbe iniziare la sua rimonta non negando la rabbia sociale che cresce né tantomeno sminuendo la paura. La paura è un sentimento umano che va rispettato e affrontato con serietà. In questo senso il ministro dell’Interno Marco Minniti nell’autunno scorso ha pronunciato queste parole: «La paura è un sentimento profondo. Il compito di una democrazia, di una cultura riformista è ascoltare quelli che hanno paura, senza biasimarli». Il centrosinistra non neghi le paure, faccia tornare la legalità nelle città e nelle periferie amministrate e costruisca una ricetta europea. Allora anche la rabbia e la paura potranno lasciare spazio alla speranza.

La politica torni ad intercettare questi sentimenti e non dimentichi di pensare alla felicità delle persone, una politica in grado di emozionare è una politica che torna ad essere sana e credibile.