Come ripensare il servizio civile

Si è aperto in questi giorni un ampio dibattito nell'opinione pubblica sul servizio civile. S’è aperto, nell’opinione pubblica, dopo le dichiarazioni della ministra Pinotti, in merito all’ipotesi di far tornare “obbligatorio” per legge il servizio civile.
Sara ferrari, "Trentino", 21 maggio 2017

 

Si discute sulla valenza più o meno pedagogica dell’obbligatorietà, che andrebbe a rafforzare la dimensione di cittadinanza attiva insita nel DNA del servizio civile. A questo proposito giova ricordare l’esperienza - positiva e in crescita - che il Trentino ha fatto negli ultimi tre anni con il servizio civile universale provinciale. Esso è stato inteso e organizzato come un'opportunità formativa per i giovani: di maturazione ed esercizio di cittadinanza attiva; di apprendimento e sperimentazione in diversi ambiti professionali. Entrambi gli aspetti vanno congiunti in un'ottica di centralità dei bisogni dei giovani, tenendo ben presente la situazione del contesto socio-economico in cui essi oggi vivono.

La proposta che lo Stato fa ai giovani non può prescindere dalla loro attuale condizione, che è condizionata molto pesantemente dalla crisi economica in atto. Il servizio civile non può semplicemente proporsi come un modo di mettersi a disposizione della collettività, perché non può dimenticare che oggi la fascia di popolazione che ha necessità di essere sostenuta ed aiutata è proprio quella giovanile. Ancor peggio sarebbe l’imposizione di un “obbligo”, oltretutto in un contesto culturale assai refrattario ad ogni imposizione. Il servizio civile deve, al contrario, mostrarsi come un’opportunità che oggi va declinata non solo sul versante della cittadinanza ma anche su quello del lavoro. Il servizio civile deve essere una politica attiva di transizione all’età adulta, proponendo un percorso di formazione a 360 gradi, dalla crescita personale a quella sociale a quelle professionale. Sarebbe grave che i giovani percepissero il servizio civile come una mera utilizzazione della loro forza lavoro per coprire i “buchi” del sistema di Welfare che lo Stato non riesce più a coprire per mancanza di denaro. O, peggio ancora, che lo vivessero come l’ennesimo “parcheggio” fine a se stesso. Il progetto di servizio civile deve avere come destinatari principali i giovani partecipanti, per far fare a loro una vera esperienza in cui ci si mette alla prova, ci si misura con un vero contesto lavorativo, si acquisiscono competenze, si apprendono le cosiddette life skill, le capacità che oggi tutti devono avere per potersi inserire nel mondo del lavoro e nella società.

L'obbligatorietà o meno del servizio civile svia, a mio parere, l'attenzione dal vero problema: qual è la proposta che il mondo adulto fa ai giovani? Il nuovo servizio civile non può essere la naja che si ripropone sotto altre spoglie: esso deve essere giocato a favore dei giovani, come spazio e opportunità liberamente offerta a loro, ma con una chiara intenzionalità formativa, per aiutarli a diventare adulti, cioè cittadini e lavoratori.