#primariepd - Andreatta: «Sfiducia e rancore. C’è chi ha perso il senso del futuro»

Alessandro Andreatta ha un timore: «Non vorrei che per queste primarie si facesse come per il referendum del 4 dicembre, evitando una riflessione che vada al di là del clima da tifoserie respirato in questi giorni».
T. Scarpetta, "Corriere del Trentino", 5 maggio 2017

Sindaco, in lei prevale la soddisfazione per una giornata di democrazia, o la preoccupazione per l’affluenza dimezzata anche in città?

«Italo Gilmozzi ha evidenziato la soddisfazione per questa manifestazione di democrazia ed è giusto: pochissime forze politiche, oggi, riescono a far partecipare i propri elettori alle decisioni interne. Però il calo inequivocabile dell’affluenza produce anche un senso di forte preoccupazione».

Un partito che si allontana, anche in Trentino, dalla comunità che ambisce a governare?

«Il rischio su cui bisogna interrogarsi è se si possano “vincere” le primarie nel senso ottenere questo importante momento di partecipazione e poi perdere le elezioni. Si possono anche avere le idee migliori, ma se poi non si governa gran parte di quel patrimonio si disperde. Altre forze mi paiono oggi più abili nel marketing politico, ma per lo più ricorrendo a messaggi che intercettano le istanze più irrazionali».

Offrire risposte complesse alla complessità dei fenomeni e, contemporaneamente, ottenere consenso è possibile?

«Diciamo che è ciò che bisogna fare. Io la vedo così: i valori fondativi e fondanti del Pd restano oggi vivi e attuali. Bisogna trovare il modo di portarli avanti senza sbandare nel tentativo di intercettare un facile consenso che è meglio lasciare ad altri».

Come?

«Un primo passo è abbandonare la litigiosità che troppo spesso è parsa il nostro tratto distintivo. Impariamo dal centrodestra, che avrebbe potenzialmente un consenso forse maggiore, ma lo disperde innalzando steccati. Le divisioni interessano più la classe dirigente che gli elettori. Poi dobbiamo ragionare di modalità, contenuti e attenzioni. Limitandomi ai temi, quelli su cui bisogna esserci costantemente sono gli stessi che ci mettono davanti le persone quando ci fermano al supermercato: lavoro, lavoro e ancora lavoro, scuola, sanità, politiche sociali, sicurezza».

Oltre all’affluenza, preoccupante pare anche l’età media dei votanti: circa il 10% quelli con meno di 34 anni.

«Non possiamo non vedere che molti giovani sono attratti maggiormente da altri messaggi. Anche in Comune vedo che sia il Movimento 5 Stelle, sia la Lega hanno nelle loro fila diversi giovani. Questo è chiaramente un problema, ma l’obiettivo non possono essere i giovani ad ogni costo. L’obiettivo credo debba essere quello di avvicinare i giovani a messaggi magari meno radicali, ma anche più approfonditi e meno emozionali di quelli di altre forze».

Non le pare, però, che il Pd stia diventando il partito degli «inclusi», di quelli che in qualche modo ce l’hanno fatta, o che comunque vedono nella pensione una certa sicurezza? E gli esclusi?

«Il problema esiste, ma coinvolgere non è facile. Torno alla mia esperienza in Comune: ci sono cittadini che si interessano di tutto. Altri che non si riescono a coinvolgere in alcun modo su alcun tema. Sono gli sfiduciati, quelli che hanno perso il senso del futuro e che covano rancore perché vedono come irrealizzabili i propri obiettivi».

Declinare in chiave più territoriale il Pd del Trentino potrebbe aiutare ad avvicinare il partito alla comunità?

«Sì, ma nel senso che lo dovrebbero fare tutti i partiti democratici. Tuttavia, penso che la nostra forza sia proprio il forte collegamento con il nazionale. Va bene la territorialità, ma non deve essere una fuga da Roma ».