Su consenso informato e DAT

La Camera ha approvato in prima lettura il disegno di legge recante "Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento". Il testo passerà ora all'esame del Senato.
Michele Nicoletti, 21 aprile 2017



Si tratta di un provvedimento di grande importanza in tema di diritti civili, caratterizzato da una forte valenza sociale, culturale e politica.
Esso affronta principalmente due questioni: il tema del consenso informato e quello delle dichiarazioni anticipate di trattamento. Si tratta di una legge che disciplina e identifica alcuni importanti principi che dovranno orientare le scelte nelle molteplici e complesse fattispecie.

In particolare, la legge definisce il consenso informato, stabilendo che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, valorizzando in questo modo la relazione di cura e fiducia tra medico e paziente.
Viene altresì disciplinato il diritto all'informazione del paziente, qualificato come il diritto di ogni persona di conoscere le proprie condizioni di salute, le possibili cure e le differenti conseguenze.

Il provvedimento introduce inoltre le disposizioni anticipate di trattamento (DAT), secondo le quali ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di una futura incapacità, può esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte.

E' infine prevista la pianificazione condivisa delle cure, sulla base della quale, all'evolversi delle conseguenze di una patologia cronica e invalidante o dalla prognosi infausta, può essere realizzata una pianificazione delle cure condivisa tra il paziente e il medico.

Ieri alla Camera è stata quindi la giornata del “diritto mite”. Dopo gli anni degli scontri ideologici e delle lacerazioni violente del Paese – è ancora viva la memoria di ciò che avvenne nel caso di Eluana Englaro – , dopo gli anni in cui gli ideali, la morale, la politica e il diritto sono stati branditi come armi sul terreno della vita e della morte, della salute e della malattia, dell’amore e della dignità - quel terreno che sempre dovrebbe unire e mai dividere - , ieri con un ampio consenso la Camera ha approvato questa proposta di legge.

Ci sono stati dissensi, opposizioni, critiche, perplessità, ma tutti espressi in un clima civile di dibattito parlamentare finalmente privo di insulti e capace anche di ascolto reciproco.

Il principio cardine della proposta approvata è quello da sempre custodito nella nostra Costituzione all’articolo 32: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. Dunque anche il dovere fondamentale di curare chi è malato o bisognoso di assistenza non può travolgere la volontà di chi è protagonista di quello stato. Noi siamo i soggetti della nostra vita e non possiamo mai, neanche nel momento dell’estrema debolezza, essere trattati come oggetti, come corpi in mano di altri.

Oggi la grande scommessa della nostra società è quella della solidarietà, dello stare vicino a chi soffre, del non lasciare mai solo nessuno nel dolore, del non far mai mancare a nessuno i migliori ritrovamenti della scienza medica e le migliori cure e questa scommessa deve fare i conti con le decrescenti risorse economiche, con le drammatiche disuguaglianze anche in materia di salute, con gli sprechi e talvolta la corruzione presenti nei servizi sanitari.

Ma questa scommessa non deve smettere di mettere al centro la persona del malato e la sua dignità, il rispetto della sua soggettività e della sua volontà. Non si tratta di una libertà assoluta: la legge non prevede affatto la possibilità dell’eutanasia, ossia la possibilità di una morte assistita.

Introduce solo la possibilità per ciascuno di ricevere solo quelle cure che hanno avuto il nostro consenso. E dunque anche la possibilità di rifiutare quelle cure che sono considerate non un mezzo di miglioramento, ma una forma di accanimento o un prolungamento artificiale della sofferenza. E di farlo anche in modo anticipato, nel caso in cui un incidente o una malattia dovesse privare la persona ammalata della possibilità di esprimersi.

Al centro sta il rispetto della persona ammalata, i suoi familiari e amici, i medici e tutto il personale sanitario uniti in una relazione di cura che ha per obiettivo il benessere della persona. È vero: qualche volta questa forma di rispetto estremo può assumere tinte drammatiche. Accade di assistere qualche parente o amico che arrivato al momento estremo chiede di non insistere oltre con le cure, perché avverte di essere giunto alla fine. E in questo momento si vorrebbe disperatamente fare di tutto, perché non fare tutto fa sentire colpevoli. Ed è giusto assumere ogni cautela perché un malato scomodo e ingombrante non venga eliminato con la scusa di fare il suo vero bene.

Ma proprio questo la legge mira a impedire: che qualcun altro si sostituisca a noi – senza il nostro consenso – nelle decisioni estreme. È questo rispetto della volontà del sofferente, intriso di solidarietà e di discrezione nei suoi confronti, che rende il diritto “mite” ossia non coercitivo, ma accogliente della soggettività personale.
Ora si tratta di riempire la cornice del diritto con concrete politiche di assistenza e cura. Perché nessuno venga mai abbandonato nella sofferenza.

Qui trovate l'iter di approvazione.

Qui trovate un interessante dossier sui contenuti.