«Il Trentino e il Pd siano un laboratorio politico»

 «Da un po' di tempo sostengo alcune cose. Primo, che la coalizione di centrosinistra autonomista, prima di preoccuparsi di cosa fanno altri, deve avviare una fase di riflessione comune, di innovazione politica e di rielaborazione della proposta di governo dell'Autonomia; riflettere sui propri confini valoriali, investire sulla propria classe dirigente con una scuola di formazione unitaria».
"Trentino", 8 gennaio 2017

 

Inzia così la riflessione di Alessio Manica, consigliere provinciale del Pd. Un’analisi per aprire un confronto ad ampio ragio. «Visto l'esito del voto referendario, anche partendo da un'analisi onesta di quel responso - spiega -. Si dà la caccia ai pochi che al nostro interno hanno votato no, ma non ci si chiede (per primo il Pd) perché il no ha vinto, quali risposte la politica non ha saputo dare, quali bisogni non ha saputo interpretare. Questo anche in Trentino. Qui qualcuno ha addirittura sostenuto che l'esito è stato migliore, grazie a qualche punto percentuale di sì in più; per me è stato forse peggiore che altrove, perché in campo c'era l'intera coalizione e perché il risultato ha sancito una pericolosa distinzione con il Südtirol. Invece di avviare con serenità questi processi politici si tirano per la giacchetta le liste civiche e un progetto che ancora non c'è. Sarà la bontà della nostra proposta che riporterà gli elettori a votarci, non il puzzle di singoli rappresentanti.

Si guarda il dito invece della luna: non vanno lusingati i rappresentanti, ma convinti i rappresentati. E per fare questo serve un progetto politico e di governo all'altezza della complessità dei tempi in cui viviamo, non basta la sommatoria di interessi. Quello della coalizione deve essere un perimetro chiaro ed aperto a chi vuol condividere un progetto riformista, di sviluppo, equità, inclusione. Le porte sono aperte, ma non è una questione di nomi, è una questione politica. In questo scenario il Pd trentino ha una responsabilità chiara, perché deve essere il soggetto che si fa carico di costruire questi percorsi cercando di federare tutti i soggetti disponibili a farsi carico, in maniera responsabile, di una stagione di rilancio della politica trentina e del governo dell'Autonomia. Tanto a Trento quanto a Roma. Per farlo deve completare quel processo di autonomia che era presente alla sua nascita ma che non è più stato completato. Io credo che il Pdt deve coltivare al contempo la sua dimensione territoriale, nazionale ed europea.

Investire politicamente sui territori non è - come ha scritto recentemente qualcuno - un vezzo, ma l'unico modo per garantire alla nostra Provincia livelli di sviluppo e coesione simili a quelli avuti negli ultimi decenni. Dire che le candidature del nostro partito si decidono a Roma è un atto grave, perché mette in dubbio la cultura stessa del nostro essere soggetti politici autonomi in un territorio autonomo. Dobbiamo plasmare il Pdt a questa terra autonoma ed europea, tenendo conto delle sua peculiarità anche politiche: un rapporto federato permetterebbe - lo dico da tempo e condivido quindi Olivi - di avviare un dialogo serio e necessario con quella parte di centro che a differenza del resto d'Italia non aderì al Pd, e permetterebbe a mio parere di avviare una sperimentazione politica nel campo della sinistra italiana buona anche come laboratorio nazionale . Per questo ho apprezzato gli interventi di Dellai ed Olivi di questi due giorni, complementari e condivisibili, per me nella giusta direzione».