Nicoletti: «Nuova legge elettorale poi si vada a votare»

 «Il voto al referendum ha dato un segnale chiaro non solo sulla riforma della Costituzione ma anche sul governo. Renzi ne ha tratto le conseguenze ed è giusto che dopo aver armonizzato la legge elettorale tra Camera e Senato si vada a elezioni». Michele Nicoletti, deputato Pd ed ex segretario dei Dem trentini, ha depositato in parlamento una proposta per tornare al Mattarellum, la legge elettorale che prevede un sistema maggioritario con le sfide dirette nei collegi uninominali e una parte di eletti con il proporzionale.
C. Bert, "Trentino", 9 dicembre 2016

 

Nicoletti, Renzi ha detto: governo di tutti o elezioni dopo la sentenza della Consulta sull’Italicum. Ma già si parla di un Renzi-bis. Lei cosa auspica? Io speravo che avessimo abbandonato questa tradizione italiana delle crisi di governo, per questo ci eravamo impegnati per una riforma costituzionale che desse ai cittadini la possibilità di scegliersi chi governa. Invece si dimostra che il nostro sistema istituzionale non lo consente e siamo qui appesi alle mille dichiarazioni dei politici e a interrogare gli astrologi su cosa succederà.

Secondo lei cosa succederà? Il voto di domenica ha dato un segnale chiaro anche sul governo che è impensabile ignorare. Il presidente del consiglio si è dimesso ed è giusto che si torni a votare. Tra noi e le elezioni servono però alcuni passaggi: non possiamo andare al voto con due leggi così diverse tra Camera e Senato, vorrebbe dire consegnare il Paese al caos. Non sarà facile nemmeno trovare un accordo su una nuova legge elettorale.

I partiti a ridosso del voto guarderanno ancor più ai propri interessi immediati, non crede? Ci sono le nobili visioni, le convenienze e il giudizio della Corte Costituzionale che il 24 gennaio si esprimerà sull’Italicum. Certo non sarà facile. Io ho depositato la mia proposta, tornare al Mattarellum e ai collegi che favoriscono un rapporto stretto tra elettori ed eletti. È una legge con cui hanno vinto sia Prodi che Berlusconi, non sospetta di essere anticostituzionale né di parte. Se ci fosse la volontà politica in due settimane si fa, potremmo averla prima di Natale.

I 5 Stelle ora vogliono l’Italicum, Berlusconi propone invece una legge elettorale proporzionale. Quella dei 5 Stelle mi sembra una mossa strumentale: hanno detto per mesi che l’Italicum era una legge liberticida, oggi la sostengono anche per il Senato. Io non avrei problemi a sedermi al tavolo per discuterne, anche se mi sembra che dal referendum l’Italicum sia uscito malconcio. Quanto a Berlusconi, si è sfilato troppe volte dal tavolo, non mi fido. E comunque il proporzionale ci ricaccerebbe nella palude delle alleanze spurie senza una prospettiva politica e dei governi che cadono per i ricatti dei partitini dello zero virgola.

Renzi dice che non potete stare al governo facendovi impallinare dalle opposizioni ma molti, come Dellai, sostengono che il Pd deve assumersi la responsabilità di primo partito. Cosa risponde? È chiaro che non esiste un Paese senza governo, ma ripeto: non è pensabile che si ignori il segnale dato dai cittadini e da una parte del Pd. Pensare che vince solo chi dice no e distrugge e gli altri stanno lì a prendere sberle non funziona. Per questo io spero che la transizione sia il più breve possibile, che sia un Renzi-bis, un governo Padoan, Grasso, o chiunque deciderà con saggezza il presidente Mattarella.

Il Pd sembra ripiombato nella stagione delle fazioni in lotta. È così? Una parte delle ricostruzioni giornalistiche tende a drammatizzare, ma ci sono sicuramente visioni diverse emerse in modo plateale al referendum. Per questo serve un congresso. Come si concilia con elezioni a primavera? Se non si arriva a fare un congresso come da statuto, serviranno delle primarie per scegliere il leader. Posto che se ci trovassimo con una legge proporzionale, cambierebbe lo scenario. Nel 2013 abbiamo organizzato le parlamentarie tra Natale e Capodanno, si può fare.

Renzi ha un futuro politico dopo questa batosta? Le vittorie e le sconfitte fanno parte della vita politica, penso a Prodi e a Berlusconi. Poi decideranno gli elettori e dipende anche dai leader saper capire cosa hanno sbagliato.

In Trentino come ha letto la vittoria del no? Che segnale è per il centrosinistra autonomista? Al referendum c’è stato anche un voto di protesta e anti-establishment: ha pesato la sfiducia nei confronti della classe politica, non tanto della giunta provinciale. Ma è un campanello d’allarme. Mi ha stupito vedere sinceri autonomisti avere dubbi sulla bontà della riforma per la nostra autonomia. Infatti il voto degli elettori Svp per il sì in Alto Adige non è casuale. È un segnale che va ascoltato: la coalizione deve trovare più coesione ma anche più dialogo con la società.

Il segretario Pd Gilmozzi ha detto che c’è un problema se di fronte al risultato nel partito c’è chi festeggia e chi piange. È d’accordo? Quando parlavo di sinceri autonomisti non mi riferivo solo agli amici del Patt ma anche ad esponenti del Pd. Non servono i provvedimenti disciplinari, serve una discussione. Oggi si assiste ad una tendenza alla delegittimazione reciproca che sull’esterno è devastante. Io penso che dopo una discussione franca, al di là di singole questioni di coscienza, se il partito assume una decisione in quella decisione tutti dovrebbero riconoscersi.